La parola al geologo

0
656

L’alluvione di Genova dello scorso 4 novembre ha scritto l’ennesima e drammatica pagina sul tema del dissesto idrogeologico del nostro Paese. Oltre 200 milioni di euro i danni stimati per il solo capoluogo ligure, che non è l’unico a essere in piena emergenza. Insieme a lui, lo ricordiamo, l’intera regione Liguria e varie località della Toscana che hanno dovuto fare i conti con allagamenti, frane e, purtroppo, numerose vittime. Dopo tragedie di questa portata, la domanda che tutti si fanno è una sola: potevano essere evitate? E, ancora, quanto è responsabile la mano dell’uomo? Quanto abbiamo ferito, deturpato e “addomesticato” la Natura? Lo abbiamo chiesto al carpigiano Gianluca Marcato, laureatosi in Geologia all’Università di Modena nel 2000 e oggi ricercatore presso l’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica del CNR di Padova. Una professione che gli consente di viaggiare molto, soprattutto in Giappone, per valutare le metodologie adottate da altri Paesi per difendersi dai rischi naturali, quali eventi alluvionali, frane, erosioni e terremoti.
*b*In Italia l’82 per cento dei Comuni è considerato a rischio idrogeologico. Si è costruito in modo scriteriato, si sono tombati corsi d’acqua, non si provvede a una regolare pulizia degli alvei fluviali e torrentizi… Tutto ciò come i fatti Genova, delle Cinque Terre e della Lunigiana hanno purtroppo dimostrato, possono mettere in ginocchio intere città e causare molte vittime. Come è necessario intervenire per limitare i danni in caso di fenomeni meteo sempre più estremi?+b+
“La stessa natura e morfologia del territorio italiano lo rendono vulnerabile a eventi pluviometrici estremi, sia che siano brevi e intensi o prolungati. Nel caso delle ultime calamità, l’urbanizzazione è stato un problema, del resto in alcuni luoghi non ci sono alternative a interagire con il territorio. L’importante però è essere consci del rischio e quindi mettere in opera quelli che sono gli interventi di mitigazione necessari: strutturali e non, procedendo, ad esempio, a una periodica pulizia degli alvei, avere cura dei versanti, valutare l’idraulica di particolari sezioni critiche… Oppure adottando misure non strutturali, quali il monitoraggio real-time dei fenomeni fino a evacuazioni per determinate soglie di pioggia”.
*b*E per quanto riguarda la costruzione ex novo, quali criteri occorre adottare?+b+
“In Italia la pianificazione urbanistica già ora deve tener conto di quanto previsto dal Piano di Assetto Idrogeologico (PAI), che individua aree a diversa criticità idraulica o soggette a fenomeni franosi. Nella nostra Provincia, il PAI di concerto con il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) rappresentano già un ottimo strumento di gestione del territorio dal punto di vista della difesa del suolo”.
*b*In Provincia di Modena quanto è alto il rischio di frane e alluvioni?+b+
“La Provincia di Modena è una delle province con il più alto indice di franosità (percentuale di frane rispetto al territorio), questo soprattutto per la natura “argillosa” dei versanti appenninici. Per tipologia di frana però, queste non sono da considerarsi tra le più pericolose, essendo riconducibili principalmente a frane “lente” (metri/giorno), mentre quelle che hanno caratterizzato gli ultimi episodi sono di natura veloce (mud-flow o debris-flow). Nel caso di frane lente, i danni sono principalmente alle cose (abitazioni e infrastrutture) ma la popolazione ha il tempo necessario per mettersi in salvo, d’altro canto le colate veloci (metri/secondo) mettono a repentaglio anche la vita delle persone. Dal punto di vista idraulico invece, la Provincia è caratterizzata da due importanti assi di drenaggio (Secchia e Panaro) a carattere torrentizio, nel senso che hanno portate importanti solo in caso di eventi pluviometrici o in concomitanza di rapidi scioglimenti di neve, perciò particolarmente soggetti a criticità improvvise. Gli ultimi anni hanno notevolmente messo alla prova l’operatività idraulica e le tenute arginali  dei due fiumi. Sono in corso lavori e studi da parte degli Enti preposti al fine di risolvere alcuni nodi idraulici e rendere pienamente operative le casse d’espansione”.
*b*I fatti di Genova dimostrano che l’allarme lanciato dalla Protezione Civile è stato fortemente sottovalutato. Come devono essere letti dalla gente i vari livelli di allarme? Quanto è importante sensibilizzare la cittadinanza per far fronte all’emergenza?+b+
“L’allarme che viene diramato dagli Enti non riesce a raggiungere livelli di accuratezza tali da indicare chiaramente un pericolo certo e localizzato (basti pensare a Genova, dove l’emergenza è stata circoscritta a livello di quartieri) ma deve essere uno strumento per generare allerta nella popolazione. La popolazione informata deve quindi attuare protocolli di protezione civile, a volte solo di buon senso, per proteggersi dagli eventuali eventi calamitosi. Qui sta il nodo: occorre diffondere la conoscenza di cosa significhino certi fenomeni e cosa doversi aspettare. Anche in questo il Giappone fa scuola. Oltre ai terremoti, il Giappone è caratterizzato da una stagione di tifoni che apporta eventi pluviometrici estremi, quindi come noi – ma forse più di noi – sono interessati da frane e alluvioni particolarmente pericolose. Un giorno all’anno, a livello comunale, viene dedicato alla protezione civile. Si fanno esercitazioni ed eventi divulgativi  per la popolazione e, a livello scolastico, si inizia sin dalle prime classi”. Un esempio a cui guardare!

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here