E’ stata inaugurata, martedì 12 luglio, a Palazzo Te, la sezione mantovana del Padiglione Italia, della 54esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, curata dal critico d’arte ferrarese Vittorio Sgarbi. Biennale che, in occasione del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia, coinvolge tutte le Regioni. La mostra raggruppa 65 opere, tra dipinti, sculture, fotografie e video, di 65 artisti viventi, allestite nell’ala napoleonica e in una parte delle Fruttiere della reggia estiva dei Gonzaga. I fratelli carpigiani, Luciano e Gian Luca Pergreffi, sono stati invitati dallo stesso Sgarbi a esporre due delle loro opere a Palazzo Te. Sensibile e curioso, Luciano Pergreffi, figlio d’arte, ha esplorato territori diversi. Gli occhi sono un obiettivo naturale. Mente e cuore battono all’unisono in costante ricerca, inseguendo la perfezione. Lo contattiamo mentre è in Sud Africa per un servizio fotografico. “Per me e mio fratello è stata davvero una sorpresa ricevere l’invito di Vittorio Sgarbi per partecipare alla Biennale di Venezia – Padiglione Italia. Un invito che abbiamo accettato con gioia poiché la Biennale è una delle manifestazioni più prestigiose del mondo, un evento culturale cui ogni artista aspira di partecipare. Essere presenti poi, a questa particolare edizione, più unica che rara, nel segno del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, è per noi fonte di grande orgoglio. Io e Gian Luca siamo davvero onorati di portare Carpi e il nostro lavoro a Palazzo Te, per questa 54° edizione della Biennale. Questa opportunità rappresenta, a tutti gli effetti, il raggiungimento di un obiettivo e il riconoscimento di anni di lavoro e arte”. African Eyes è il titolo dell’opera presentata da Luciano Pergreffi: un’immagine tridimensionale, rugosa. “L’opera è stampata su una lastra di alluminio che ho poi ricoperto di uno smalto particolare, per conferire rugosità alla superficie. Ai bassorilievi creatisi ho poi applicato una resina lucidissima che dona un ulteriore effetto di tridimensionalità”. L’opera di Gian Luca invece esplora ambiti differenti. Un ritratto composto da decine e decine di scatti. Una sorta di patchwork, dal titolo Wo Man. “La mia è un’immagine stampata su tela canvas; un ritratto costruito grazie a 120 scatti realizzati mediante la tecnica della macrofotografia. Decine e decine di dettagli che poi ho assemblato insieme”. Al contrario del fratello, che ha fondato la propria carriera sul mondo della moda, Gian Luca racconta di “coltivare da sempre una grande passione per il disegno e le arti figurative”. E se i ritratti rappresentano la sua inclinazione artistica naturale, “l’incontro con la computer grafica e una vasta gamma di supporti su cui stampare le proprie opere” gli hanno letteralmente dischiuso un mondo. Una prima esposizione, quella della Biennale, per Gian Luca. Una prima col botto che, probabilmente, aprirà a lui e al fratello, nuove prospettive di crescita e visibilità.
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