Vicini al prete degli Ultimi

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Silenziosamente. In punta di piedi. Così, con umiltà e pacatezza, da dieci anni, i due carpigiani Maura Casali e Lauro Veroni, oggi in pensione, si stanno spendendo a favore della Comunità San Benedetto al Porto di Genova, fondata da Don Andrea Gallo, il prete degli ultimi. Scopo fondamentale della Comunità – che può ospitare fino a 120 persone in sei comunità residenziali, un centro diurno, e in alcuni appartamenti di Genova dislocati sui monti “per tenere i ragazzi lontani dalle tentazioni e dalla strada” – è quello di offrire una proposta di emancipazione da ogni forma di dipendenza ed emarginazione. “Don Gallo cerca di offrire una speranza, allungando una mano a chiunque la tenda. Tra i suoi tanti progetti, ha fondato anche un servizio di assistenza direttamente sulla strada, tra tossicodipendenti e prostitute; per questo motivo, nonostante stia per compiere 83 anni, sta sveglio tutte le notti, pronto ad accogliere chiunque bussi alla sua porta in cerca di aiuto”. Maura e Lauro, compagni nella vita da 25 anni, hanno conosciuto il Don, grazie a Liliana, cugina di Maura e direttrice della comunità genovese. “E’ bastato un incontro con Don Gallo per sentir nascere nel cuore il desiderio di contribuire alla sua opera”, raccontano. E’ un uomo “straordinario. Unico”, spiega Maura, capace, “grazie al suo carisma, di farsi ascoltare, di attirare la gente”. Credenti e non. “Don Gallo si fa dare del tu e si fa chiamare per nome. Una volta – ricorda Lauro – gli dissi, Andrea io sono cattolico ma a messa non ci vado. La sua risposta più lapidaria: Non preoccuparti, sarai giudicato per quello che fai. Lui mi affascina perché riesce a riportare la parola religiosa tra la gente, a calarla nella realtà. Nella vita di ogni giorno”. Ma Don Gallo è un prete scomodo, senza peli sulla lingua. E’ un uomo che canta l’amore, in ogni sua forma (ndr “Quando c’è l’amore non ci può essere niente di sbagliato”) e, andando spesso contro la morale cattolica, di frequente si inimica i piani alti della Chiesa. “La Diocesi di Genova non è molto generosa nel sostenere la Comunità San Benedetto al Porto – continuano Lauro e Maura – e i soldi non bastano mai. Per tale motivo, con l’aiuto di vicini e amici, oltre a portare quattro/cinque carichi l’anno di abiti, biancheria per adulti e bambini e stoviglie, organizziamo in città alcuni eventi per raccogliere fondi”. Ogni anno, al Circolo Loris Guerzoni la coppia organizza una tombola, (“la prima l’allestimmo nel giardino di casa”) e due lotterie, con in palio oggetti creati da Maura, che vengono venduti anche nel periodo natalizio. “Tra tombola e lotteria, nel 2010 abbiamo raccolto 2.300 euro. Inoltre, in occasione della Festa del Racconto, a cui Don Gallo era stato invitato, il 3 ottobre scorso è stato organizzato un pranzo al Guerzoni – con tanto di cappelletti e parmigiano, le passioni del Don – per raccogliere ulteriori donazioni, raggiungendo quota 3.700 euro”. Numerosi anche i negozi e le ditte che, con la loro generosità, contribuiscono alla causa, destinando a titolo gratuito ordini invenduti (per loro la fattura è a costo zero) o scampoli di stoffa che in comunità vengono utilizzati per insegnare alle ex carcerate a cucire. “Ogni aiuto in termini economici o abiti nuovi è gradito, perché Don Gallo è una di quelle persone che se ha dieci cerca di dare undici”. Un altro appuntamento imperdibile per i due nostri concittadini è il pranzo dell’8 dicembre, nel quale la comunità commemora il proprio anniversario. “Lo scorso anno insieme a un gruppo di Rio Saliceto, – capitanato dall’entusiasta Ivan Zaccarelli, ex vigile urbano a Carpi insieme a Lauro – che si occupa del primo piatto del menù, ho preparato 24 polpettoni da un chilogrammo l’uno. Sai com’è, – sorride Maura – c’erano 400 commensali…”. Don Gallo non è un prete come gli altri. Per lui, uomo tra gli uomini, l’omosessualità è “un dono di Dio” e il matrimonio per i preti potrebbe “ridurre il fenomeno della pedofilia” tra le mura della chiesa. E’ favorevole al sacerdozio femminile, al divorzio, all’eutanasia “se regolamentata” e, sulla legalizzazione delle droghe leggere, pur non essendo favorevole al principio, ammette che il problema è reale e che esiste “la necessità di una rigida regolamentazione, poiché il proibizionismo non serve”. Un prete così avvicina, conquista. “La prima volta che andai in comunità a Genova – racconta Lauro – chiesi a una ragazza che di mestiere faceva la prostituta, come riuscissero ad essere così affiatati. La sua risposta mi risuona ancora nelle orecchie. Mi rispose: perché prima di essere qui, noi abbiamo toccato il fondo”. E dopo l’inferno, “la casa” del Don è luogo di pace. Di affrancamento dall’amarezza che ci si è lasciati alle spalle. “In comunità i volti cambiano spesso. C’è chi ce la fa e c’è chi cede nuovamente al richiamo della strada… per il Don non c’è problema, sotto il suo tetto c’è spazio per tutti”, conclude Maura. Questo sì che è un messaggio d’amore. Per tutti. Che si creda o no nel Dio di cui tutti parlano ma che pochi poi, ascoltano.

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