Cadaveri Garda: fa ‘sparire’ i genitori come in fiction

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Strangolati. Alla madre ha forsechiuso la bocca con una mano per non farla gridare mentre le stringeva il collo con una corda. Poi, Daniele Bellarosa ha legato e ‘impacchettato’ i cadaveri degli anziani genitori per rendere più comodo il loro trasporto in auto da Carpi a Peschiera del Garda per buttarli nel lago.
Un duplice omicidio familiare – per soldi o per dissapori legati alla malattia del padre Enzo, forse per tutti e due -, maturato all’ora di pranzo di venerdì scorso nel garage di casa Bellarosa, nella cittadina modenese. Un delitto di cui il figlio credeva di aver fatto sparire per sempre ogni traccia come se fosse una fiction: prima avvolgendo la testa delle vittime in sacchetti per evitare che le bave dalla loro bocca finissero sul pavimento e lasciassero tracce; poi, costruendo delle ‘bare’ di cartone destinate a finire sul fondo oscuro del Garda.
Tecniche che in modo rozzo e inverosimile si richiamavano alle tante serie tv di cui l’omicida si nutriva, senza ricordare che i criminali vengono sempre scoperti; una messinscena che si é sciolta come neve di fronte ai sistemi e alle tecnologie investigative usate dai carabinieri. Una targhetta sulla maglia indossata dalla donna – Francesca Benetti, di 76 anni – incrociata con il recupero, nel reggiseno della vittima assieme a cento euro, di uno scontrino sbiadito di una farmacia, rilasciato quattro anni fa, li ha condotti fino a Carpi ad aspettare il ritorno di Daniele dalla spesa. “I Ris – ha commentato con soddisfazione il capitano Francesco Milardi, della sezione scientifica dei carabinieri di Verona – se li è trovati in casa. Non è stato facile, ma ci siamo riusciti”.
Dopo il ritrovamento domenica sera del corpo di un uomo e una decina di ore dopo di una donna, entrambi legati, nel veronese si erano in un lampo aperti possibili scenari di regolamenti di conti, di criminalità organizzata in odore di mafia; ma fin da subito le indagini si sono indirizzate verso l’ambito domestico.
Si trattava solo di sapere chi erano le vittime e poi il ‘giallo del lago’ avrebbe preso l’indirizzo giusto. E la traccia dello scontrino e della maglietta – come è stato spiegato – è stata fondamentale. La zona dove cercare era attorno a Carpi.
Lì c’era la farmacia; là la ditta per cui era stato fatto l’indumento 6-7 anni fa. Oltre 700 i dipendenti, tra cui l’omicida; ma l’incrocio con l’anagrafe comunale ha aperto la via dell’identificazione delle vittime. A permettere di sciogliere il nodo di un delitto “efferato che ci ha preoccupato moltissimo”, ha detto il comandante provinciale scaligero dell’Arma, col. Paolo Edera.
Raccolti i tratti salienti sul presunto assassino – il fatto che ha sofferto di crisi depressive, l’uso pare di psicofarmaci, l’esasperazione a tratti violenta verso i genitori, specie la madre che lo faceva arrabbiare – saputo che in casa aveva un fucile da caccia non dichiarato, l’hanno atteso e in un baleno portato in caserma. Lì, prima ha negato, poi ha confessato, non senza molti attimi di confusione. Sul movente la pista economica si sommerebbe al fatto che il padre era malato da tempo e al pessimo rapporto con la madre.
Dalla sequenza di quel venerdì – dall’omicidio ai corpi buttati come valigie nel lago a tarda sera – emergono i particolari del Garda scelto solo perché area conosciuta, superando durante il tragitto un fiume; dell’uscita con l’auto, una Volvo, a Sirmione perché era stato superato dalla polstrada e aveva avuto paura; della foto della vettura fatta alle 21.45 vicino a Peschiera da una telecamera di sicurezza. I corpi subito dopo essere stati gettati in acqua erano riemersi, ma i timori dell’omicida reo confesso erano scomparsi quando la corrente li ha portati al largo. A quel punto, Daniele è
risalito in auto ed è tornato a casa; non ha pensato che il corso dell’acqua girava verso la riva. Ieri, sono andati a prenderlo i carabinieri di Peschiera e del reparto operativo di Verona.