I vantaggi del 5G sono noti ma, come sempre, di fronte a una tecnologia nuova saranno necessari ulteriori studi nel tempo che possano stabilire con certezza quali siano gli effetti. A condurre importanti ricerche per verificare l’impatto dell’esposizione umana ai campi elettromagnetici è il Centro per la ricerca sul cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini di Bologna ispirandosi a quel genio della medicina moderna nato nella nostra terra per il quale “prevenire è meglio che curare”, come scrisse nel volume De morbis artificum diatriba pubblicato nel 1700.
La tecnologia del 5G non è una novità assoluta perché delle tre frequenze che utilizzerà due sono già in uso nella tv digitale (700 megahertz) e nel 4G (3600 megahertz) ma fino a che non sarà chiarito l’impatto dei campi elettromagnetici sulla salute dell’uomo occorre mantenere un atteggiamento di cautela già presente nella legge italiana che stabilisce il limite dei 6 volt/metro, “un livello di esposizione in cui, nel nostro studio, non abbiamo visto patologie neoplastiche correlate ai campi elettromagnetici” precisa Fiorella Belpoggi, direttrice del Centro per la ricerca sul cancro Cesare Maltoni del Ramazzini.
Dottoressa Belpoggi, quale impatto avrà il 5G sulla nostra vita?
“Per entrare a regime, il 5G impiegherà una decina d’anni e si succederanno diversi protocolli. Attualmente saranno messi in campo due tipi di frequenze, i 700 e i 3600 megahertz, per cui ci troviamo in una fascia molto simile a quella delle radiofrequenze attuali. Ci sarà una maggior velocità ed efficienza della trasmissione e una diminuzione della latenza. E’ importante sapere che tutto ciò si può anche ottenere attraverso la fibra ottica e per questo va privilegiato il sistema cablato. In futuro saranno i 27 gigahertz (27mila mega hertz) a cambiare la faccia del nostro pianeta realizzando l’internet delle cose: non saranno solamente le persone a comunicare fra di loro ma anche gli oggetti e questo implicherà forti cambiamenti dal punto di vista sociale, delle nostre abitudini e degli stili di vita”.
Quali le criticità?
“Ciò di cui ci dobbiamo preoccupare perché costituisce un problema per la salute non sono le frequenze ma i campi elettromagnetici che queste frequenze creano. Ci dobbiamo impegnare a mantenere un campo elettromagnetico al di sotto dei 6 volt/metro, il valore di attenzione italiano che è il più cautelativo al mondo. Nel nostro studio a quei livelli di esposizione non abbiamo visto alterazioni dei parametri correlati alla cancerogenesi, quindi al cancro. Il primo passo da fare, dunque, è preservare la nostra legge e fare il possibile affinché venga rispettata, dando risorse alle Arpae perché vengano fatti i monitoraggi in maniera puntuale. Inoltre, da oggi e fino al giorno in cui verranno messe in campo le cosiddette onde millimetriche, cioè i 27mila megaherz, bisogna fare ricerca: occorre capire se queste onde elettromagnetiche inesplorate, pur mantenute nei limiti di legge, possano creare problemi oppure no. E questa è una condizione fondamentale perché non esiste composto chimico o farmaco che possa essere messo sul mercato senza che sia stata esclusa la sua pericolosità. Lo stesso deve essere fatto per le onde elettromagnetiche. Io credo che ci dobbiamo anche realisticamente rendere conto che oggi la nostra vita senza la trasmissione via etere sarebbe molto complicata. Dobbiamo fare il tifo, lo sottolineo, per la fibra ottica e per il cablaggio delle nostre case, delle scuole, degli edifici pubblici perché questo diminuisce di gran lunga l’esposizione anche con il 5G. E direi che le nostre battaglie vanno fatte in accompagnamento alla tecnologia, non contro”.
Che ne pensa di quegli studi che ipotizzano un legame tra 5G e l’insorgenza di neoplasie?
“Penso che siano errate entrambe le posizioni di chi sostiene che esistano pericoli e di chi li nega perché purtroppo non esistono studi adeguati sulle onde millimetriche (27mila megaherz). Noi sappiamo che esiste un pericolo, seppure di bassa entità per le frequenze 700 e 3600 megaherz ma invece sappiamo pochissimo o nulla rispetto alle altissime frequenze e non c’è alcuna correlazione dimostrata attraverso studi scientifici. L’assenza di dati non vuole dire assenza di pericolo quindi dobbiamo muoverci per avere maggiori informazioni”.
Lei non si oppone quindi al 5G?
“No, non mi oppongo. Sono preoccupata del fatto che c’è qualcuno che propone l’innalzamento dei limiti di legge, questo mi preoccupa, non il 5G. Sono preoccupata del fatto che la politica non si renda conto o non conosca abbastanza i potenziali rischi innalzando i limiti espositivi. Non sono preoccupata della tecnologia di per sé ma del suo governo, di come verrà governata. E sono preoccupata per questo mondo a me sconosciuto in cui un’intelligenza artificiale potrebbe sostituire un’intelligenza naturale. Al di là di queste preoccupazioni per quel che riguarda la salute, se manteniamo questi limiti con misurazioni precise grazie anche all’intervento dei Comuni con centraline di monitoraggio al servizio dei cittadini, noi possiamo andare incontro al progresso tecnologico senza essere spaventati”.
Che cosa si sente di consigliare ai Sindaci?
“Le moratorie lasciano il tempo che trovano perché da un punto di vista legislativo non ci sono i termini affinché possa subentrare un amministratore comunale a bloccare questa tecnologia che viene considerata un servizio. Ci sono però altri strumenti come i regolamenti comunali che possono limitare l’installazione delle antenne nelle cosiddette zone sensibili. Infine, esiste la possibilità di richiedere l’installazione di centraline di misurazione dei campi elettromagnetici nei luoghi dove sono più fitte. Si deve implementare il più possibile la fibra ottica perché dalle case non abbiamo bisogno di collegarci alle antenne direttamente ma possiamo utilizzare la fibra ottica per collegamenti sicuri e veloci in tutta sicurezza. Sono indispensabili campagne di informazione, soprattutto per i giovani, gli adolescenti e i bambini: l’uso del cellulare costituisce il maggiore pericolo soprattutto se tenuto vicino al corpo perché comporta un’esposizione più alta. Si dovrebbe insegnare come vanno usati i telefoni così come si fa per le automobili: prima di metterle in mano a un diciottenne gli facciamo prendere la patente”.
Sara Gelli