Pare che gli abitanti delle frazioni a ovest di Carpi nutrano una vera e propria passione per le scissioni. Dopo la disputa sull’elettrodotto che ha ‘separato in casa’ Budrione e Migliarina, spunta ora la bagarre in merito al destino della Casa del Popolo, o ‘ballo’ come lo chiamano alcuni. Costruito da un privato, lo stabile di via Budrione di Migliarina divenuto Casa del Popolo dopo la Seconda Guerra Mondiale non rappresenta soltanto l’unico significativo luogo di ritrovo presente in zona. Tra le sue quattro mura è infatti condensata buona parte della memoria storica della frazione carpigiana. “Venivano da Budrione, Fossoli, San Marino. Chi aveva la macchina, persino da Modena, Rolo e Fabbrico”, racconta Luciano Beltrami, che qui ci è nato. Per salvarlo dalla vendita – di cui si è iniziato a discutere in un’assemblea pubblica il 18 maggio scorso – era nato la scorsa estate un comitato del circolo Arci guidato dal consigliera comunale Deanna Bulgarelli. Sembra però che un comitato solo, per la Casa del Popolo, sia troppo poco: ecco allora che ne è da poco sorto un secondo, capitanato da Loris Vincenzi. Il quale, in una lettera aperta, chiede le dimissioni della Bulgarelli, lamentando poca chiarezza nella gestione della delicata questione. “Hanno trascinato il ‘ballo’ in una situazione da ultima spiaggia. E poi chi è il vero proprietario? – si domanda – e perché si parla di vendita soltanto ora, se nell’assemblea di maggio il signor Simoni, della Società immobiliare modenese, ha dichiarato che esistono trattative sin dal 2004?”. Pur partendo da posizioni differenti, i due gruppi sembrano tuttavia concordare almeno nella strategia di massima: tentare l’acquisto dell’immobile – il cui valore dovrebbe aggirarsi intorno ai 450mila euro – attraverso una sottoscrizione di tutti gli abitanti interessati. Se a molti, soprattutto considerando i tempi di ristrettezze economiche, la cifra potrà sembrare irraggiungibile, ascoltando i racconti degli anziani del bar si capisce come anche mille euro potrebbero non essere troppi pur di salvare ‘il ballo’. “Era nato negli Anni Trenta, e durante la guerra ospitava una fabbrica che produceva per la Magneti Marelli – racconta Gianni Bonderelli – e comunque venderlo è una cosa assurda. Qui tutti hanno sempre pensato appartenesse alla comunità”. Gli aneddoti sono tanti. “Era una cosa grossa, ci è venuto a cantare persino Luciano Tajoli. Io ci ho lavorato come muratore, in modo assolutamente gratuito, come tanti altri qui. Pensi che già mio padre veniva a ballarci”, racconta il 73enne Enzo Fogliani. Negli Anni ’60 lo spazio del ballo fu poi trasformato in un cinema, ed ora è un circolo Arci con annesso un bar molto frequentato. A meno di una grosso sforzo da parte della comunità, la sorte del ‘ballo’ sembra segnata. Quando si dice che l’unione fa la forza.
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