“Sembra che il tempo qui a Novi si sia fermato, dopo il sisma la gente è ancora molto spaventata. La crisi è terribile, non c’è lavoro e c’è chi sta perdendo fiducia nel futuro. Il terremoto, aggravando questa situazione, ha tolto a tante persone la prospettiva di un domani migliore”. Secondo Roberta Bellotto, 49 anni, parrucchiera, il terremoto, a Novi come a Rovereto, è stato devastante e rialzarsi è molto difficile.
“Quando si è verificata la scossa del 20 maggio che ha provocato alcune crepe alle tramezze, avevo appena finito di sistemare il negozio insieme al proprietario: avevamo imbiancato e rifatto l’impianto di riscaldamento. Lo stabile era ancora agibile per cui ho continuato a lavorare lì, in via Beato Angelico, al civico 3, anche se ammetto che non ero per niente tranquilla. Poi, martedì 29 maggio, la catastrofe: alle 8.00 ero già in negozio e stavo chiacchierando con un’amica quando ha iniziato a tremare tutto, le vetrine sono arrivate al centro della stanza. A quel punto, in preda al panico, sono corsa a scuola a prendere mio figlio Francesco. E lì era il caos totale, ci ho messo almeno venti minuti prima di trovarlo”. Roberta, come tutta la gente della Bassa Modenese, non dimenticherà mai quei giorni, perché da quel momento nulla è stato più come prima. Il terremoto a Novi, come negli altri paesi del cratere, ha cambiato per sempre il modo di affrontare la vita.
“Se con la scossa del 20 aveva retto, con quella del 29 maggio, l’edificio in cui si trovava il negozio è diventato inagibile. E’ caduto il mosaico dei lavatesta e del bagno, le tramezze si sono riempite di buchi e ha ceduto un pilastro interno. Un attimo e ho perso il mio luogo di lavoro”. Roberta ha continuato a lavorare solo grazie all’aiuto di colleghi e conoscenti. “Inizialmente mi hanno ospitato nei loro negozi alcuni parrucchieri di Carpi e Rolo poi, nell’agosto successivo, mi sono spostata a Novi, in un garage in via Alessandro Volta, messomi a disposizione, gratuitamente dal mio commercialista. E sono rimasta lì fino all’ottobre dello scorso anno. Poi sono rientrata nel mio negozio ristrutturato e messo in sicurezza, ma dopo un anno ho deciso di cercare un locale più piccolo nel centro del paese, dove sono ora, in via Canzio Zoldi. La crisi e il terremoto infatti, hanno avuto pesanti ripercussioni sul lavoro e in tutti questi spostamenti ho perso numerose clienti”. Da quel maledetto 29 maggio, per Roberta, come per tanti altri, non è cambiato solo il luogo di lavoro, ma anche l’abitazione. “In realtà l’appartamento in cui abitavo con mio marito e mio figlio, a Fossoli, non ha subito danni ma eravamo tutti spaventatissimi per cui abbiamo preferito trasferirci nella casa che mio marito aveva realizzato a Cortile, completamente in legno, seguendo i criteri della bio edilizia. Lì ci sentivamo molto più sicuri e anche se non era ancora arredata ci siamo arrangiati, dormendo inizialmente su alcune brandine. Il terremoto all’interno di un edificio in mattoni lo vivi in maniera completamente diversa rispetto a una casa in legno. Se prima il tremore e il boato erano terrificanti, nella nuova sistemazione la sensazione era di fluttuare sul mare e il rumore si avvertiva appena”.
Federica Boccaletti