I numeri dell’indigenza

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"E’ una tranquilla passione quella che da 26 anni anima gli operatori di Porta Aperta. Un sentimento che consente loro di prendersi cura dei più poveri, con amore e costanza" spiega don Carlo Bellini. E anche quest’anno i numeri del centro di ascolto carpigiano fanno letteralmente rabbrividire, offrendoci uno spaccato fatto di indigenza e quotidiane difficoltà. "Il 2013 è stato un altro anno difficile – spiega Alessandro Gibertoni – durante il quale 860 famiglie si sono rivolte a noi in cerca di aiuto almeno una volta. Cinquanta in meno rispetto all’anno precedente ma questo dato non deve trarre in inganno: molte famiglie straniere se ne sono andate, mentre ad aumentare sono quelle italiane passate da 274 a 285, le quali rappresentano il 33% del totale. I colloqui (che hanno subito un incremento del 10% rispetto al 2012) sono mediamente 24 ogni giorno". La maggioranza delle persone che si rivolgono a Porta Aperta, ("l’ultima spiaggia", prosegue Gibertoni) rientra nel programma di sostegno alimentare: "sono circa 760 le famiglie che ricevono un pacco alimentare (234 italiane e 530 straniere) da una a quattro volte al mese a seconda del bisogno e del numero di componenti. Nel 2013 ne abbiamo consegnati 7.852. Il nervo scoperto però rimane la perdita del posto di lavoro: "il 75% dei nuovi arrivi dichiara di essere senza lavoro e, pertanto di non riuscire a far fronte alle spese quotidiane e a onorare quelle legate alla casa". Un’emergenza dai contorni sempre più drammatici a cui diventa difficile offrire risposte risolutive. La persistente carenza di lavoro ha spinto Porta Aperta, in collaborazione con Caritas diocesana, a partire dal 2011, ad acquistare somme di buoni lavoro (4.500 euro nel 2013 e 5.500 nei primi quattro mesi del 2014): uno strumento teso e garantire lavoretti dignitosi, seppure occasionali. Nel corso del 2013 sono state 30 le famiglie aiutate mediante questi voucher, un centinaio le persone coinvolte.  "Purtroppo, in molti casi, non siamo in grado di dare un aiuto sostanziale e concreto a chi ha perduto casa e lavoro. Non ne abbiamo le forze in quanto, il nostro, è pur sempre un centro di ascolto. Le persone però vengono qui e tornano, poiché bisognose di essere ascoltate, sostenute, consolate. Soprattutto le famiglie italiane necessitano di una presa in carico, un accompagnamento", conclude Stefano Facchini.
Jessica Bianchi