Gli studenti del Meucci erano ancora intenti a sistemarsi nella sala quando lo hanno visto entrare. Spontaneo è scrosciato un applauso per lo scrittore Eraldo Affinati, l’autore di Vita di vita la cui lettura è stata sollecitata nell’ambito del Progetto Intercultura a cui collaborano la professoressa del Meucci Manuela Barbaro e Linda Oliviero dell’associazione Porta Aperta. Il romanzo è stato talmente apprezzato dai ragazzi che hanno subissato di domande Affinati nel corso dell’incontro a scuola lunedì 2 marzo. Il romanzo racconta la storia del viaggio che Affinati ha intrapreso insieme a un amico avvocato e a un ragazzo, Khaliq. “Una promessa, che gli avevo fatto e che ho mantenuto”. Khaliq oggi è uno dei migliori baristi di Roma ma la sua odissea è iniziata quando, a sei anni, è scappato dalla Sierra Leone devastata dalla guerra e, insieme a un gruppo di bambini, ha attraversato l’Africa sopravvivendo in condizioni terribili: dalla Sicilia è risalito fino a Roma e Affinati l’ha conosciuto alla Città dei Ragazzi, dove tuttora insegna. “Qualora avesse ritrovato la madre perduta, io sarei andato a trovarla insieme a lui”. Il fascino del continente africano e le sue contraddizioni sono lo sfondo del viaggio che Affinati compie indagando la propria vita e la storia del Novecento che riaffiora nel romanzo: agli alunni rimasti a casa è stata infatti assegnata la lettura delle lettere dal fronte degli studenti caduti nella Prima guerra mondiale, e di quelle dei condannati a morte della Resistenza. Il riferimento è anche autobiografico al nonno che fu uno dei tanti partigiani fucilati in Romagna, a Pieve di Quinta. Si innesca un nesso fra Khaliq, i ragazzi della Città dei Ragazzi, i loro coetanei morti sul fronte a inizio secolo e le nuove generazioni di oggi. Cosa li unisce? “Nonostante i ragazzini stranieri, che hanno alle spalle storie drammatiche, siano lontanissimi dai nostri, li unisce il futuro a cui guardano tutti con fiducia come a una lunga distesa che si apre davanti a loro. Non dovremmo sprecare questa condizione di potenzialità in cui si trovano tra i 14 e i 18 anni”. Affinati cita I sommersi e i salvati di Primo Levi per ricordare che la verità appartiene ai morti ma coloro che si sono salvati sono chiamati a mantenerne viva la memoria, quella dei grandi ideali per i quali altri hanno sacrificato la propria vita: Levi si riferiva ai lager, l’insegnante romano ai barconi della morte che attraversano il Mediterraneo. Il libro si conclude alle Fosse Ardeatine, il segno della continuità della storia, davanti alla tomba di Lallo, che aveva solo diciassette anni quando morì nell’eccidio insieme ad altri 334 civili. Anche Khaliq esprime il desiderio di visitare le Fosse Ardeatine: egli oggi parla a nome di tanti “sommersi”. “La scuola è in trincea – dice Affinati appena prima di incontrare gli studenti del Meucci – e per i ragazzi che non hanno una famiglia di supporto o sono circondati da adulti poco credibili, l’insegnante molto spesso è un supplente: chiedono ascolto in una società che tende a emarginarli, a farli sentire perduti già in partenza. La stessa letteratura, in tale contesto, si rivela strumento potente ed efficace. I ragazzi di questa età cadono facilmente, ma altrettanto facilmente recuperano”.
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