La mia è stata un’infanzia fortunata. Profumata di latte, biscotti e parole. Quelle raccontate da un nonno speciale. E’ stato lui a popolare la mia fantasia di magici personaggi. A dare voce alle favole. Musica e ritmo alle filastrocche d’un tempo. A farmi sentire, quello che Roberto Piumini, tra i maggiori interpreti della letteratura per l’infanzia, chiama “il rumore della scrittura”.
Ospite, sabato 3 ottobre, alle 9, della Festa del Racconto di Carpi, a Piumini chiediamo:
Qual è il libro che più di ogni altro ha lasciato una traccia nella sua formazione?
“Il primi libro di cui ho ricordo, prima di Cuore e Pinocchio, è Il grande Priccicò di Vamba. Non ne ricordo la trama ma è stato il primo e, in quanto tale, quello che probabilmente più ha scavato nel mio profondo”.
Quale libro c’è ora sul suo comodino?
“Ho appena terminato I ragazzi Burgess di Elizabeth Strout e ora sto leggendo Superfici ed essenze. L’analogia come cuore pulsante del pensiero di Douglas Hofstadter”.
Che differenza c’è tra lo scrivere per i più piccoli e per gli adulti?
“Sono esperienze di vita completamente diverse. Scrivere per un pubblico adulto è un dono cieco, fatto e consumato perlopiù nel silenzio. Quello con gli adulti è solitamente un incontro accademico, strutturato. E’ un rapporto uno ad uno. Coi bambini è un’altra storia. Scrivere per loro significa rivolgersi a un coro. A una comunità. Gruppi, classi, bambini che leggono, rileggono, commentano, inviano richieste, disegni…”.
Come si può far innamorare i bambini della lettura?
“Gli amori a volte sono pericolosi, credo basterebbe intrecciare una buona amicizia con la lettura… Detto questo è fondamentale raccontare loro delle storie. Sin da piccoli devono sentire le nostre voci. Gustare la corrispondenza tra il corpo di chi racconta e i rumori, il suono delle parole. E’ necessario recuperare la tradizione orale, quella dei nostri nonni per intenderci. I bambini devono essere abituati alla parola di qualità, a giocare con le parole, a intrattenere, già nella propria famiglia, ancor prima che a scuola, un rapporto ludico con il linguaggio. E poi li si deve circondare di libri e far vedere loro che anche i grandi leggono e ne traggono piacere”.
Qual è il potere della voce nel narrare una storia?
“Sui bambini la voce esercita un potere assoluto. La letteratura per l’infanzia non può prescindere dall’oralità. Le storie dovrebbero sempre essere raccontate. Sentire il rumore della scrittura, ascoltarne la voce è una necessità per i più piccoli. La parola rumorosa, teatrale, poetica dovrebbero condire l’infanzia e non solo…”.
Meglio la carta o i tablet per leggere una favola?
“Il tablet? So che esiste ma, da incompetente, io resto fedele al libro. Quel che conta però è che sia il testo a passare, a prescindere dallo strumento utilizzato. L’essenziale è che rimanga la parola, quella che fa immaginare”.
Jessica Bianchi