Animatore territoriale: la professione del futuro?

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Li chiamano nuovi poveri: appartengono a quella fluida fascia grigia da cui, senza aiuti, è facile scivolare nella povertà estrema. Il passo è breve ma, attraverso un sostegno mirato e strutturale, molto si può fare per queste famiglie. E il terzo appuntamento teso alla costruzione “partecipata” del Piano sociale di Zona, lo scorso 22 gennaio, è stato dedicato proprio alle Misure di contrasto alla crisi. “Intercettare il prima possibile questa fetta di popolazione – ha dichiarato in apertura di lavori, l’assessore Daniela Depietri – può fare la differenza”. Ma chi, “a distanza di dieci anni dall’inizio della crisi economica, ne risente ancora gli effetti nefasti?” domanda Barbara Papotti, responsabile dell'Ufficio Area inclusione sociale e casa, ai partecipanti. Qual è, insomma, l’identikit dei nuovi poveri? I presenti, in una sorta di gioco di ruolo, si sono spogliati dei propri panni, provando a immaginare di calcare le orme dei propri concittadini più economicamente e socialmente fragili. Gli scenari paventati sono tanto drammatici quanto comuni: si può inciampare nella povertà a seguito “della perdita del lavoro e di una sua forte rimodulazione”. E, ancora, “dopo una separazione” o “un infortunio o una malattia invalidante”. Ad aggravare la situazione concorrono poi “la mancanza di una rete parentale”, “la precarietà dei contratti di lavoro” e la “presenza di più figli o di un familiare da accudire”. Ma come si possono sostenere queste persone? “Per evitare che le persone dormano in auto – dichiara Monica – sarebbe fondamentale istituire una sorta di alloggio sicuro, protetto. Stanze sempre disponibili per fronteggiare le situazioni emergenziali. Per sostenere chi ha perduto il lavoro, attraverso corsi di formazione e di avvicinamento alle nuove tecnologie, potrebbe essere istituito, come già accade per gli studenti statunitensi, il cosiddetto prestito d’onore. Uno strumento flessibile che consente ai destinatari di restituire la somma a cinque anni di distanza, senza l’onere degli interessi (a carico dello Stato), dandogli così il tempo di risollevarsi e uscire da una crisi momentanea legata alla contrazione di reddito dovuto alla perdita della propria occupazione”. Anche Raffaella insiste sul tema casa: “lo Stato dovrebbe erogare finanziamenti tesi all’acquisto di immobili a basso costo, come quelli in asta; mentre il comune potrebbe comprare appartamenti da destinare a persone in difficoltà le quali, attraverso il pagamento del canone di affitto, avrebbero la possibilità di riscattare l’alloggio”. E perché non ricorrere al co-housing sociale? “Ci sono coppie di anziani o disabili che hanno a disposizione grandi case: in cambio di ospitalità, le famiglie messe in ginocchio dalla crisi potrebbero farsi carico delle pulizie, della spesa… un modo per incrociare domanda e offerta”, ipotizza Sabrina. Fondamentale poi, per numerosi presenti, attivare “reti di aiuto per mettere in contatto persone in difficoltà rimettendo in circolo i loro talenti e le loro risorse residue”, rilancia Francesca. “I cittadini colpiti dalla crisi potrebbero ricevere sussidi in cambio di prestazioni  a seconda della proprie competenze, dando così vita a un circolo dignitoso e virtuoso”, aggiunge Alan.
Per le famiglie monogenitoriali sarebbe auspicabile anche “una maggiore elasticità delle rette scolastiche con sconti importanti non appena si palesi una criticità oggettiva senza inutili iter burocratici. E perché non istituire dei servizi di baby sitting temporaneo o di nonni in affitto?”, domanda Elena.  Laddove non esiste una rete parentale in grado da fungere da paracadute sociale, “si rende quantomai necessario crearne una sostitutiva grazie alla collaborazione di associazioni e cittadini. Esperienze di portierato sociale hanno già dato buoni frutti. Perché poi non dar vita a Centri per le famiglie di quartiere e alla figura dell’animatore territoriale? Un lavoro di frontiera, sul campo, che potrebbe essere prezioso nell’intercettare le situazioni in difficoltà”, sorride Valeria.
E sul fronte del reperimento del cibo e dei beni di prima necessità, Daniela si augura che presto anche nella nostra città possano fioriere esperienze simili al “market etico di Soliera, Il Pane e le Rose”. A essere promosso però dev’essere anche un differente approccio agli acquisti, come sottolinea Stefano: “spesso è necessario formare le famiglie, insegnando loro come utilizzare e gestire il proprio denaro onde evitare insostenibili indebitamenti”.
Utile poi, per le famiglie provenienti dall’estero o dal Sud Italia), prevedere degli “aiuti economici per favorire il riavvicinamento delle famiglie d’origine” dice Giovanna, e sospendere “temporaneamente le imposte comunali”, prosegue Sabrina. Non esiste una ricetta per contrastare la crisi ma un’azione di “corresponsabilità sociale” tra enti pubblici, banche, fondazioni e mondo dell’impresa, può fare la differenza. Risorse permettendo, naturalmente…
Jessica Bianchi

 

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