Negli Stati Uniti per amore della ricerca

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Chi parte sa cosa lascia ma non sa cosa trova? Questa volta no perché per Stefano Allesina, ecologo e professore al Dipartimento di Ecologia ed Evoluzione dell'Università di Chicago, e sua moglie Elena Rizzo, che dirige i programmi di dottorato in Neurobiologia e Neuroscienza computazionale, entrambi originari di Carpi, l'America è proprio come se l'erano immaginata. Eccetto per Trump…

Elena e Stefano, legati sentimentalmente da 21 anni e con due figli (Luca di 10 anni e Marta di 6), fanno parte della generazione di italiani espatriati col desiderio di costruirsi un futuro in ambito accademico.

“La decisione di trasferirci negli Stati Uniti- ha raccontato Elena- è legata principalmente alla carriera di Stefano che, dopo aver fatto il Dottorato di Ricerca in Ecologia a Parma, si è reso conto fin da subito che le possibilità di continuare con una carriera da ricercatore nel nostro Paese erano limitate.

Quindi, quando si è presentata la possibilità di un post dottorato negli Stati Uniti, abbiamo colto la palla al balzo. Io avevo da poco terminato il Master in Politiche Europee e Relazioni Internazionali e non avevo ancora una posizione permanente. Inoltre, ero sempre stata curiosa di capire come si vivesse all’estero e quindi non avevo particolari remore a partire. Quella che doveva essere un’esperienza di pochi anni è diventata definitiva quando ci siamo resi conto delle prospettive che si stavano aprendo.

Seguendo lo sviluppo della carriera di Stefano, ci siamo spostati da Ann Arbor a Santa Barbara (per un secondo post dottorato) e poi a Chicago dove Stefano ha iniziato ad insegnare. Nel frattempo io ho lavorato per la biblioteca universitaria sia in Michigan che in California, per poi ricoprire varie posizioni qui a Chicago prima di arrivare a quella attuale, di direttrice dei programmi di dottorato in neuroscienze alla University of Chicago. Il fatto di esserci trasferiti come coppia ha facilitato parecchio le cose. Nei momenti più difficili ci siamo sostenuti a vicenda e abbiamo potuto scherzare insieme delle cose che inizialmente ci sembravano più insolite”.

Come si svolge la vostra vita a Chicago?

“La nostra vita a Chicago è molto regolare, anche se si lavora tanto. Viviamo ad Hyde Park, il quartiere universitario, e i nostri figli frequentano la scuola gestita dall'università, quindi ci spostiamo sempre a piedi o in bici (usiamo la macchina principalmente nel week-end per fare la spesa o visitare altri quartieri di Chicago). Abbiamo tre gatti e tanti amici, di varie nazionalità, che spesso ospitiamo a cena. Andiamo a correre (quando il tempo lo consente), e faccio il pane in casa.

Sono molto contenta che i bimbi crescano in un ambiente così internazionale e stimolante, anche se non sono sicura si rendano conto di quanto siano privilegiati. Marta ha una tata messicana da quando era piccolissima, quindi capisce perfettamente tre lingue come se niente fosse”.

Cosa vi manca di più della vostra “vecchia vita” (oltre ad amici e parenti ovviamente) e cosa invece siete contenti di esservi lasciati alle spalle?

Ci manca la facilità di reperire del buon cibo. Qui a Chicago per fortuna troviamo (quasi) tutti gli ingredienti che ci servono, e ci sono ristoranti fantastici, ma l’investimento di tempo e denaro è davvero notevole. L’aceto balsamico veramente buono, invece, ce lo facciamo portare dai nonni.

E un altro aspetto di cui sentiamo nostalgia è la bellezza artistica-naturale che contraddistingue ogni angolo dell'Italia.

Ciò che invece non riusciamo più a tollerare sono certi atteggiamenti di razzismo e sessismo gratuito a cui assistiamo sempre più spesso quando rientriamo in Italia. Credo che vivere per tanti anni in ambienti universitari e progressisti abbia cambiato molto la nostra sensibilità/soglia di tolleranza (infatti non riusciamo ancora a capacitarci di come Trump abbia potuto vincere le elezioni).

Inoltre, ci piace il fatto di aver abbandonato l'uso della macchina per gran parte del nostre tempo a vantaggio degli spostamenti in bicicletta o a piedi. E poi, adoriamo il fatto di vivere in un quartiere tranquillo di una grande città.

Ci sentiamo al centro del mondo pur godendo di pace e tranquillità”.

 

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