Imparare a parlare è un gioco con la logopedista Silvia Lusetti

Silvia Lusetti, 44 anni, di Correggio, di professione logopedista, su Instagram è seguita da quasi 160mila follower che, quotidianamente, guardano e commentano i suoi video in cui dà consigli mirati su come stimolare il linguaggio e l'intelligenza dei bambini. Una vasta esperienza che Silvia ha deciso di raccogliere in un libro intitolato “Dai, giochiamo a parlare”.

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Si alterna tra il lavoro nel suo studio a Correggio a contatto diretto con i bambini e i loro genitori e l’attività sui social, la dottoressa Silvia Lusetti, laureata in Logopedia. Una vita dedicata alla comunicazione dei e con i più piccoli come racconta: “Mi sono sempre piaciuti i bambini, il loro entusiasmo e la gioia che trasmettono e, proprio per questo, ho scelto una professione che mi permettesse di dedicarmi a loro anche in ambito lavorativo oltre che privato. Infatti, sono mamma di tre ormai non più piccoli bambini e, grazie ai miei figli, ho potuto mettere in pratica tutte le conoscenze teoriche sul linguaggio acquisite all’università e sperimentare nuove strategie per rendere l’apprendimento del linguaggio divertente. Beatrice di 9 anni, la più piccola, continua ad aiutarmi nell’inventare canzoni e attività”.

Logopedia e bambini è un binomio di cui sempre più spesso si sente parlare. In quali casi ce n’è realmente bisogno e com’è il suo approccio nei confronti dei più piccoli?

“Lo sviluppo del linguaggio, per la maggior parte dei bambini, avviene in modo naturale, grazie a una predisposizione genetica e all’interazione con l’ambiente e le persone che li circondano, in particolare i genitori che forniscono loro il modello imitativo corretto, creano occasioni di comunicazione e relazione e aiutano ad apprendere attraverso il gioco. A 12 mesi dovrebbero comparire le prime parole e, a due anni, il bambino dovrebbe formulare piccole frasi; le linee guida indicano la produzione di 50 parole tra i 18 e i 24 mesi come soglia di attenzione per uno sviluppo fisiologico. Se si manifesta un ritardo è importante guidare i genitori a stimolare il linguaggio nel modo giusto, attraverso il gioco e le corrette strategie. Il mio compito è quello di dar loro tutte le indicazioni e le attività più adatte da svolgere a casa quotidianamente, affiancandoli e sostenendoli nella comunicazione verbale con i loro piccoli”.

Da dove nasce l’idea del suo libro “Dai, giochiamo a parlare”? In che modo l’apprendimento del linguaggio può essere un gioco?

“Diventare genitori è un dono incredibile, ma un figlio non arriva con il ‘manuale delle istruzioni’ e spesso i neogenitori sono assaliti da mille dubbi su cosa fare per crescere e stimolare il loro piccolo nel modo migliore. L’idea di scrivere un libro nasce dal desiderio di aiutare, tranquillizzare e sensibilizzare tutti i genitori sul linguaggio dei loro bimbi, dando risposte ai mille dubbi e preoccupazioni, fornendo giochi, strategie e attività pratiche per sostenere e favorire la comunicazione verbale dei loro figli. Come diceva Maria Montessori, ‘il gioco è il mestiere del bambino’, ed è attraverso il gioco che si sviluppano intelligenza e linguaggio, quindi il titolo del mio libro non poteva che essere questo!”

Oggi i bambini, anche piccolissimi, sono esposti alla visione di molti video in lingue diverse, soprattutto su internet. Questo può confondere nell’apprendimento?

“Bisogna distinguere il bilinguismo, inteso come esposizione a una lingua diversa da parte di un genitore, parente, babysitter che favorisce certamente lo sviluppo del linguaggio, la plasticità cerebrale, il pensiero creativo e il problem solving e che, solitamente, non genera ritardi di linguaggio, dalla visione di video su smartphone e tablet.  Guardare dei video sui dispositivi elettronici in qualsiasi lingua, soprattutto prima dei due anni, provoca invece gravi conseguenze: ritardi di linguaggio, disturbi del sonno e dell’attenzione, difficoltà relazionali con i coetanei, disturbi dell’attenzione, dipendenza e irritabilità. Al di sotto dei due anni l’esposizione ai video andrebbe vietata e fortemente limitata dai 2-5 anni (un’ora al giorno al massimo)”.

Qual è il suo contenuto social che è stato più seguito e, secondo lei, perché?

“L’esperienza social è nata con il covid. La chiusura totale della mia attività in presenza è stata un’occasione per capire che avrei potuto aiutare moltissimi genitori che erano a casa con i loro bimbi con giochi, attività e canzoni. Ogni giorno ricevo riscontri positivi e dimostrazioni di gratitudine da parte di genitori che, mettendo in pratica i miei suggerimenti, notano miglioramenti significativi nei loro bimbi e inoltre trascorrono più tempo di qualità con loro. Ciò mi motiva a continuare questa opera di divulgazione con entusiasmo. I contenuti che il pubblico preferisce sono certamente le canzoni per imparare a parlare, tutte inventate da me e strutturate per stimolare tutti gli aspetti del linguaggio. Ai bambini piacciono moltissimo perchè associano semplici melodie ai gesti e a parole divertenti. Il mio sogno nel cassetto è poter raggiungere sempre più bambini con contenuti educativi e stimolanti da proporre in alternativa a cellulari e tablet”.

Chiara Sorrentino

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