Adolescenti caregiver: non possiamo girarci dall’altra parte

Un tema di stringente attualità che esige di uscire dalla zona d’ombra nel quale è ancora troppo spesso confinato, affinché bambini e adolescenti alle prese col pesante fardello della cura di un famigliare possano ricevere il riconoscimento e il supporto di cui hanno bisogno, ma senza l’appoggio della politica, il terzo settore arranca.

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Licia Boccaletti

Giovani Caregiver: è tempo di politiche di sostegno. E’ stato uno dei temi sviluppati all’interno della dodicesima edizione del Caregiver Day realizzata dalla cooperativa sociale Anziani e Non Solo, sostenuta dall’Unione dei Comuni delle Terre d’Argine, patrocinata dalla Regione Emilia Romagna, da CARER APS – Associazione dei Caregiver Familiari dell’Emilia Romagna e dall’Ausl di Modena. Un tema di stringente attualità che esige di uscire dalla zona d’ombra nel quale è ancora troppo spesso confinato, affinché bambini e adolescenti alle prese col pesante fardello della cura di un famigliare possano ricevere il riconoscimento e il supporto di cui hanno bisogno. E’ tempo infatti di riconoscere che oltre 391.00 ragazzi tra i 15 e i 24 anni assolvono compiti di cura a favore di propri familiari e che occorre comprenderne i bisogni, sostenerli, tutelarne il diritto all’educazione e all’istruzione, promuoverne il benessere psico-fisico, favorire la conciliazione tra tempo di cura e tempo di studio “affinché il carico a cui sono sottoposti non infici il loro percorso di vita” ha sottolineato Licia Boccaletti, presidente Anziani e Non Solo. “Questi ragazzi – ha spiegato la moderatrice del convegno on line, Lalla Golfarelli, presidente Carer – Associazione Caregiver familiari Emilia Romagna – svolgono di fatto funzioni di caregiver in situazioni di grande durezza relazionale e complessità. Il nostro auspicio è che il sistema sociale si strutturi per dare loro risposte, supporti e servizi. Il primo passo è svelarne l’esistenza, portando allo scoperto questo spaccato durissimo. Un pezzo di realtà con cui dobbiamo confrontarci” e da lì partire per stimolare politiche appropriate e chiudere così gli attuali buchi normativi. 

E di leggi ha parlato Barbara D’Amen, ricercatrice presso il Centro Studi e Ricerche Economico-Sociali per l’invecchiamento (CRESI) INRCA-IRCCS nell’esporre Me-We, una ricerca su diritti, politiche di riconoscimento e sostegno ai Giovani Caregiver in Europa. “Il Regno Unito è l’unico paese oggetto della ricerca ad avere una legislazione specifica sui giovani caregiver che impone alle autorità locali di adottare delle misure per identificate questi ragazzi, valutarne i bisogni e capire come i compiti di assistenza impattino sulla loro salute psico fisica. La legislazione svedese rappresenta invece una sorta di via di mezzo tra un approccio specifico e uno non specifico poiché pur non riferendosi ai giovani caregiver, riconosce a tutti i bambini con genitori malati, disabili o con dipendenze il diritto di ricevere consigli, supporto e informazioni sulle patologie dei genitori. Un aspetto rilevante dal momento che ricevere informazioni chiare e adeguate all’età può contribuire a ridurre lo stress derivante dal prendersi cura. La norma è migliorabile ma lascia ben sperare in positivi sviluppi futuri”. E l’Italia? Il nostro Paese, così come Svizzera, Olanda e Slovenia,  è caratterizzato da una legislazione non specifica che tutela i minori – in generale – in ambito socio-sanitario, sul diritto all’infanzia, sulla famiglia e sull’istruzione. 

“Servono – aggiunge D’Amen – norme aggiuntive che tengano conto dei bisogni e delle necessità dei giovani caregiver per rafforzarne la resilienza e promuoverne il benessere”. In Italia, l’Emilia Romagna rappresenta un’eccezione grazie alla virtuosa relazione tra terzo settore e istituzioni  (Legge 2 del 28 marzo 2014 “Norme per il riconoscimento e il sostegno del caregiver famigliare” – Le Linee attuative della legge regionale del 2014 istituite con delibera numero 858 del 2017 riconoscono i giovani caregiver come soggetti specifici –  La delibera numero 2318 del 2019 “Misure a sostegno dei caregiver” stanzia risorse economiche per i caregiver e definisce delle azioni a sostegno dei giovani ad esempio in ambito scolastico e universitario). Ma le eccezioni non sono sufficienti, “è necessaria una definizione condivisa e generalizzata di giovane caregiver affinché siano riconosciuti come un importante gruppo target anche dai decisori politici e per favorire azioni di sostegno tramite l’adozione di un approccio sistemico che coinvolga l’intero nucleo famigliare”, conclude la ricercatrice. Senza l’appoggio della politica, infatti, il terzo settore arranca, “noi possiamo organizzare percorsi formativi con gli operatori e sensibilizzare le classi circa l’esistenza di questo fenomeno – spiega Licia Boccaletti – per aiutare così adulti e giovani a riconoscere un potenziale caregiver ma non è sufficiente. E’ la politica infatti che deve obbligare ciascun servizio reso al pubblico ad attivarsi per raccogliere informazioni preziose, come la presenza di un minore in famiglia, quali compiti gli sono affidati e cosa significhi per lui vivere in quella determinata famiglia. Elementi che possono essere raccolti solo su specifico mandato e non restare appannaggio del singolo operatore volenteroso. Un’azione sistematica di individuazione è il primo passo per conoscere la dimensione del fenomeno su uno specifico territorio e da lì mettere in campo le azioni di supporto necessarie”.

Un nuovo mandato che potrebbe essere dettato dalla Regione, ente a cui spetta il compito di “non lasciare soli questi ragazzi in un delicato momento di trasformazione come quello adolescenziale. E allora perchè non ritarare ad esempio l’attività dei Consultori giovani, attraverso interventi specifici per i giovani caregiver?” propone Lalla Golfarelli. Un input che piace a Roberta Mori, coordinatrice nazionale delle Commissioni Pari opportunità di Regioni e Province Autonome. “Il terzo settore – commenta – assumerà sempre più un ruolo di co-progettazioone, ponendosi quale consulente autentico per favorire politiche concrete. L’ipotesi di presa in carico dei giovani caregiver dai consultori sfonda una porta aperta in una logica di riorganizzazione sociale. La pandemia ci ha consegnato nuove consapevolezze e responsabilità: ci siamo accorti di quanto i servizi di prossimità siano fondamentali per conoscere i reali bisogni espressi. Ora serve il coraggio di scendere nel particolare, per personalizzare i percorsi di riscatto sociale e di assistenza. Se noi non cogliamo le specificità non riusciremo ad affrontarle.  La Regione legifera ma allo stesso tempo organizza i servizi: il Piano sociale sanitario è in una fase di ascolto, siamo di fronte a un bivio. Non basterà una mano di colore, la sofferenza è aumentata e l’infrastruttura deve rendersi più adeguata. Il tema trasformativo sta alla politica”. Staremo a vedere.

Jessica Bianchi 

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