La Corte di Fossoli e la sua storia antica non andranno perdute

Gli edifici, messi a dura prova dal tempo e dal sisma, sono lì a testimoniare un passato che esige di essere salvato dall’oblio. Non sono solo pietre, bensì il racconto delle nostre origini, delle nostre tradizioni. E meritano d’essere salvaguardate.

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Foto di Rino Cipolli

Oggi della sua antica bellezza non restano che poche tracce. La Corte di Fossoli, in via Mar Nero, è in rovina. Gli edifici diroccati e pericolanti racchiudono però una storia antica. Una storia che affonda le sue radici nel lontano Medioevo e che è proseguita fino al Novecento. Lì, uomini e donne, hanno vissuto e coltivato la terra. Ed è proprio in quelle vite dure e difficili che si celano le nostre radici contadine. Radici spesso ripudiate, allontanate, ma che tanto raccontano di ciò che siamo diventati oggi. In quel luogo, oggi tanto spettrale quanto affascinante, è ancora possibile intravedere quel mondo agricolo ormai perduto. Gli edifici, messi a dura prova dal tempo e dal sisma, sono lì a testimoniare un passato che esige di essere salvato dall’oblio. Non sono solo pietre, bensì il racconto delle nostre origini, delle nostre tradizioni. E meritano d’essere salvaguardate.

La Corte di Fossoli negli Anni Ottanta

UN PO’ DI STORIA (ricostruita grazie alle ricerche della storica carpigiana Lucia Armentano)

La Corte di Fossoli è nominata per la prima volta in una carta del 916 d.C, con la quale Berta, badessa del monastero di Santa Giulia di Brescia, concedeva in affitto per ventinove anni a tal Teutperto, figlio di Limegario Prando di Parma, una azienda curtense del suo monastero, in loco Fossola in territorio modenese, per un canone di dieci denari d’argento da consegnare alla festa di San Martino. In seguito, la Corte diventò centro amministrativo dei beni del medioevale monastero di San Prospero di Reggio, poi dal 1387 parte integrante delle proprietà demaniali dei Pio, quindi degli Estensi, dal 1527, che la concessero in affitto a nobili famiglie. Nel corso del XVIII secolo fu nella disponibilità dei Verrini, dei Gavardi, dei conti Malaguzzi e quindi dei marchesi Menafoglio. Tristemente note sono le vicende occorse a Carlo Antonio Verrini, conduttore dell’azienda nei primi anni del secolo, quando nel territorio carpigiano incombeva la Guerra di successione al trono di Spagna. Nel 1702 dalla corte furono razziate “tutte le masserizie e la biancheria di decine di persone sia terriere che forestiere”, come racconta il provvisore Guido Corradi nelle sue memorie. E in un sol giorno furono bruciati dai soldati “più di ottanta carri di legna da condurre al magazzino”, tagliati gli alberi senza rispetto e ucciso tutte le galline e pavoni della corte, “cinquanta capi di bestie grosse, e tutti i porci e le pecore”, demolito il muro della dispensa e rubate tutte le cose di valore. Nel 1792 Abramo Raffaele Namias, del ramo carpigiano ottenne dal conte Antonio Malaguzzi la sublocazione della corte di Fossoli, di proprietà demaniale. Nel 1799, all’arrivo dei francesi, la corte era dei Menafoglio.

Catasto f. 47, particolare Corte Menafoglio “Corte di Fossoli”

Questa antica cascina ha sempre confinato con zone paludose e incolte, caratterizzate da una costante presenza di acqua. Terreni alluvionali e paludosi parte del sistema vallivo del fiume Secchia e dei suoi affluenti. Questi terreni caratterizzati dalla presenza zone golenali e con un substrato argilloso sono stati conquistati all’agricoltura solo in epoche recenti. Ed è proprio con le opere di bonifica della Parmigiana-Moglia, ultimate nel 1925, che i cittadini di questi luoghi poterono coltivare la terra e dimenticarsi della malaria. La Corte di Fossoli è collocata all’incrocio tra la via postale per Mantova e la strada per Budrione – San Marino sulla strada da Carpi a Mirandola. Nel 1850 il Regio Canale di Carpi che passava tra Fossoli e San Marino e da Cibeno scendeva fino a Novi, formava 4 vallate, la valle di Fossoli, quella di Novi, di Rovereto e di San Marino. La vallata di Fossoli confinava a nord con lo scolo pubblico Cavone, a sud con i terreni coltivati, a est con il canale di Carpi, a ovest con la strada postale per Mantova.  Il terreno argilloso era buono da coltivare ma in gran parte dell’anno inondato e acquitrinoso. La tenuta nell’Ottocento occupava un’area vasta e i coltivi erano a riso, cerali, e vite. La corte è costituita da una costruzione quadrata, la villa centrale, attorno alla quale c’era un’aia selciata, dove si facevano essiccare al sole i cereali. Lì si affacciavano il caseificio, le stalle, le cantine, i fienili e le e abitazioni e in disparte vi erano invece le scuderie dove venivano allevati anche cavalli da corsa.  Di fronte alla scuderia vi era un grande prato circolare chiuso da una siepe. “Ai confini questa grande proprietà era cintata da alti pioppi enormi, forse secolari, e anche le strade interne avevano ai lati lunghi filari di queste piante stupende. Visti a distanza questi alti pioppi sembravano custodi di una foresta misteriosa e incantata”. 

Si può affermare che la corte “era” Fossoli, sia per la sua estensione che per il terreno coltivato dai braccianti che vivevano al suo interno o che si recavano a lavorare da abitazioni che si trovavano lungo le vie poderali in prossimità della strada postale per Mantova. Il complesso fu acquisito dal Comune di Carpi nel 1989 (con atto del notaio Aldo Fiori rep. 52704/8951 del 9 Giugno 1989 dalla Immobiliare Cogi S.r.l) che lo aveva destinato a magazzini e depositi del Comune avendo perso con il tempo la sua funzione di azienda agricola e avendo sfruttato tutte le terre contermini per l’edificazione della nuova frazione di Fossoli. 

UN’OCCASIONE PERDUTA

La Corte di Fossoli – per anni utilizzata anche come cornice per la Festa de l’Unità – era stata individuata come sede ideale per ospitare un museo dedicato alla civiltà contadina da realizzare grazie alla straordinaria raccolta etnografica del carpigiano Carlo Contini, neuropsichiatra, scrittore, ricercatore e collezionista. 

Il dottor Contini ha sempre privilegiato nella ricerca un criterio di qualità, selezionando gli oggetti d’uso comune che recassero un segno, un’incisione, un graffito, preziose testimonianze dell’inventiva di un periodo storico tra la fine dell’Ottocento e il secondo dopoguerra, quando l’avvento precipitoso della meccanizzazione determinò il crollo del mondo agricolo tradizionale. Contini iniziò a raccogliere oggetti etnografici alla fine degli Anni ’60, quando le famiglie cominciavano a disfarsi di questi strumenti, in particolare lo interessavano i frammenti, le figurazioni intagliate, le parti in ferro dei carri agricoli. La sua collezione venne presentata in una prima mostra nel 1972 al Museo Civico di Carpi, a cui seguirono pubblicazioni sulle tradizioni popolari e studi di storia locale. Nell’ottobre 1979 concesse in deposito a San Benedetto Po, 10 carri agricoli che vennero collocati nelle sale dell’appena costituito Museo Civico Polironiano. 

Purtroppo gli amministratori carpigiani non riuscirono a comprendere il valore della collezione etnografica di oltre 2mila oggetti – che non poteva essere in alcun modo smembrata – e Carpi perse un’occasione preziosa, ovvero quella di avere un Museo delle Arti e delle Tradizioni Popolari. Un piatto ghiotto che la provincia di Mantova non si è invece lasciato sfuggire: la raccolta, comprensiva dei carri, è stata infatti donata in modo permanente al Museo Civico Polironiano di San Benedetto Po.

Lo splendido stallone

IL FUTURO DELLA CORTE

A Carpi arriveranno 14 milioni e 800mila euro per la rigenerazione della Corte di Fossoli. Il progetto è stato infatti ammesso a finanziamento nell’ambito del Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare – Pinqua del Ministero per le Infrastrutture e la Mobilità sostenibili. Il finanziamento governativo si andrà a sommare ai 2 milioni e 800mila euro già stanziati dall’Amministrazione per il recupero dell’ex-corte agricola, di proprietà dell’Ente locale dal 1989, che si sviluppa su oltre 18mila metri quadri, di cui seimila di superficie coperta: sette gli edifici presenti vincolati dalla Sovrintendenza per il loro interesse storico. L’intervento prevede di realizzarvi 22 appartamenti, destinati in particolare ad anziani e giovani coppie, e di trasferirvi alcuni importanti servizi sociali. 

“Della corte – spiegano gli assessori Riccardo Righi e Marco Truzzi – verrà recuperato tutto. Nulla sarà demolito dal momento che quegli stabili sono vincolati. Gli spazi verranno rifunzionalizzati, le due torri ad esempio, potranno divenire un punto privilegiato per ammirare il paesaggio circostante dall’alto, mentre la stalla col suo magnifico colonnato avrà una funzione pubblica da decidere insieme alla frazione attraverso un percorso partecipato. Se la Sovrintendenza desse il suo consenso potremmo chiuderne il perimetro con delle pareti di vetro… in questo modo sarebbe ancor più evocativa, ma nulla è ancora stato definito. Il progetto di restauro sarà complesso e dovrà essere avallato in ogni sua parte dalla Sovrintendenza ai Beni culturali”.

La scorsa settimana il Ministero ha dato il via libera a procedere e ora l’iter burocratico può partire: “ora che abbiamo ricevuto semaforo verde – conclude l’assessore Truzzi – possiamo affidare l’incarico per la progettazione. La sfida, ed è il PNNR a imporlo, sarà quella di finire i lavori entro il 2026”.

A lavori conclusi la Corte rivivrà, riproponendo un diverso modo di abitare. Un abitare che dovrebbe far rima con quello d’un tempo, quando le famiglie erano allargate e il tempo e lo spazio condivisi.

Jessica Bianchi 

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