L’Unione Europea oggi è la brutta copia delle grandi potenze di cui ha sintetizzato il peggio concedendo illimitato credito alla finanza come succede negli Stati Uniti e perdendo pezzi di democrazia come è accaduto in Unione Sovietica. Ce lo ricordiamo ancora come ci è stata presentata la favola europea all’inizio?
Ci era stato detto che dovevamo essere l’ago della bilancia tra l’arroganza americana e il blocco sovietico-cinese: oggi siamo diventati ininfluenti. Ondeggiamo, e nemmeno uniti, tra poli che, eventualmente e autonomamente, trovano un loro equilibrio.
Ci avevano convinto dell’importanza di essere massa critica per avere una moneta forte, essere più forti sul mercato, efficientare gli acquisti delle materie prime ma purtroppo siamo quelli che al mondo pagano di più l’energia in questo momento, a parte alcuni paesi del sud del mondo. Questa aggregazione di Paesi europei si è dotata di un modo per spendere di più negli acquisti lasciando grande spazio alla finanza come con il borsino del gas in Olanda che invece di ottimizzare l’acquisto delle materie prime, migliora le performance delle banche d’affari e dei fondi.
Ci avevano detto che avremmo avuto un grande mercato interno che avrebbe promosso la prosperità di tutti ma da oltre un decennio siamo diventati quasi solamente esportatori netti (secondo il mantra dei tedeschi) con tutto quello che ha comportato: far innervosire chi è importatore netto che ha ribilanciato la situazione con i dazi.
Ci era stato prospettato un futuro di prosperità migliore di quello che avevamo al momento dell’ingresso in Unione Europea ma oggi non pare che si sia realizzato, impedito da un’emergenza dopo l’altra, sulla cui veridicità i cittadini non hanno controllo a causa di un appiattimento dell’informazione.
Ci erano stati promessi secoli di pace ma il concetto ha assunto per l’Unione europea un significato diverso da quello che ha per i cittadini: venivamo da un tempo in cui ogni Paese faceva la propria scelta e poteva essere di neutralità come nel 1998 in occasione dei bombardamenti alla ex Jugoslavia quando Turchia e Grecia si rifiutarono di partecipare a differenza dell’Italia che, pur governata da forze di centro sinistra, decise di muovere guerra.
Ci aveva convinto il miraggio dell’autonomia, della resilienza e dell’autarchia ma ci siamo scoperti senza industria, senza materie prime e senza amici perché abbiamo litigato con qualsiasi blocco a noi vicino: Nord Africa, Medioriente, ex Unione Sovietica.
Una banca centrale indipendente doveva garantirci stabilità ma i debiti sovrani sono sempre e solo aumentati come la povertà. Ci siamo inventati dei prodotti finanziari e dei sistemi paralleli come il Mes e qualche altra diavoleria come il Pnrr, i cui costi sono sfuggiti di mano e l’Unione europea sempre più avida che continua a chiedere soldi agli Stati.
Ci credevamo portatori di democrazia nel mondo e abbiamo creato una Commissione europea che spende, agisce e orienta le politiche estere, monetarie e industriali al di fuori del controllo dei cittadini.
In conclusione, si può ancora fare qualcosa? Dobbiamo ripensare il più rapidamente possibile l’Unione europea per renderla ‘più leggera’ partendo con l’eliminazione della burocrazia che autoalimenta il suo potere, per evitare che i processi messi in campo dalla Commissione europea continuino a portare frutti amari. I cittadini europei devono poter avere chi li ascolta e chi dà loro supporto perché la sola logica nazional-socialista porterebbe alla disgregazione.
Serve tornare a un accordo commerciale tra Paesi con normative più snelle e senza diktat dall’alto a condizionare le politiche dei singoli Paesi.
PAP20