“Sospesa” la delibera regionale sul fine vita, un inaccettabile passo indietro

Il Tar dell'Emilia-Romagna ha accolto l'istanza di sospensiva avanzata della consigliera regionale di Forza Italia Valentina Castaldini per ottenere “la sospensione delle delibere regionali che permettono il suicidio assistito” nella nostra regione, fissando al 15 maggio la trattazione collegiale.

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Il Tar dell’Emilia-Romagna ha accolto l’istanza di sospensiva avanzata della consigliera regionale di Forza Italia Valentina Castaldini per ottenere “la sospensione delle delibere regionali che permettono il suicidio assistito” nella nostra regione, fissando al 15 maggio la trattazione collegiale, “consentendo così un dibattito nel merito. Si tratta di un passo importante, perché non è accettabile che un atto amministrativo regionale sostituisca una legge nazionale su un tema così delicata”, ha spiegato la consigliera. L’11 marzo scorso la consigliera aveva presentato un ricorso al tribunale amministrativo contro la Regione, chiedendo l’annullamento delle delibere di Giunta approvate a febbraio 2024 e finalizzate a dare attuazione al suicidio medicalmente assistito sul territorio regionale. Sulla scia di questa iniziativa, il 12 aprile anche la presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero della Salute avevano presentato un ricorso analogo allo stesso tribunale, sollevando i medesimi rilievi di legittimità. Nel frattempo, spiega Fi, in attesa del pronunciamento del Tar, si sono conclusi in Emilia-Romagna due iter di suicidio assistito, e in questi giorni è emersa la notizia dell’avvio di una terza richiesta di accesso alla procedura. In seguito a tale informazione, è stata presentata l’istanza al Tar da parte della consigliera Castaldini e di alcune associazioni per ottenere la sospensione immediata dell’efficacia delle delibere regionali. “Una delibera regionale non può sostituire una legge nazionale su un tema così delicato” ha concluso la Castaldini. La nostra Regione nel febbraio dello scorso anno ha completato il percorso per l’applicazione della sentenza numero 242 del 2019 della Corte Costituzionale, affinché possa essere garantito al malato il diritto di congedarsi dalla vita, nel rispetto della propria volontà, fissando a 42, i giorni che possono intercorrere tra la richiesta e l’esecuzione della procedura. I criteri indicati dall’Alta Corte per evitare abusi sono tassativi: il paziente deve essere affetto da una patologia irreversibile, da cui derivino sofferenze fisiche o psicologiche che il paziente ritiene intollerabili, che sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e sia pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Un dibattito, quello sul fine vita, che malgrado quanto sancito dalla Corte Costituzionale continua a dividere nel nome di una presunta “etica” ed è proprio per questo motivo che la nostra Regione aveva deciso di normare il fine vita in via amministrativa, ovvero attraverso una delibera di Giunta, anziché legislativa, bypassando così la discussione politica.

L’istanza della Castaldini ha dimostrato il limite di tale scelta e rimesso al centro della discussione l’importanza di una legge regionale, e pertanto non modificabile qualora il “vento” cambiasse, prendendo esempio dalla vicina Toscana, prima regione ad approvare, lo scorso 11 febbraio, la legge di iniziativa popolare promossa dall’Associazione Luca Coscioni, testo presentato in tutte le Regioni ma, finora, mai giunto all’approvazione. L’obiettivo? Evitare che pazienti in attesa di un responso per mesi, muoiano prima di averlo ottenuto. Una legge di civiltà.

Sul tema del fine vita, il presidente Michele De Pascale, come riportano le agenzie di stampa, appare cauto: “continuo ad esortare il Governo perché arrivi a una norma nazionale. Penso che sia un errore di base che 20 regioni abbiano 20 leggi diverse”.

A fronte di un inaccettabile vuoto legislativo nazionale però, le regioni si devono arrangiare. Le delibere regionali possono essere modificate o annullate al primo cambio di giunta ma scegliendo di approvarne una la squadra capitanata da Stefano Bonaccini lo scorso anno aveva trovato comunque un modo – per quanto non definitivo – per regolamentare il suicidio assistito senza dover passare per il consiglio regionale dove, con tutta probabilità, avrebbe corso il rischio di sbattere contro un muro di gomma.

Ora, a causa del ricorso che ha portato alla sospensione della delibera, assistiamo a “una battuta d’arresto che rischia di non dare ascolto alla sofferenza di chi chiede solo il rispetto e libertà di scelta della propria autodeterminazione nel momento più difficile della vita”  ha dichiarato Lorenzo Casadei, capogruppo del Movimento 5 Stelle in regione Emilia-Romagna.

Il 15 maggio è fissato il dibattito di merito davanti al Tar. Scegliere come morire è un diritto ma, evidentemente, non nel nostro Paese.

J.B.

 

 

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