Si è alzato il sipario su Fotografia Europea

Fino al 9 giugno, Reggio Emilia torna a osservare i cambiamenti della contemporaneità attraverso gli occhi di grandi fotografi e di giovani esordienti con la XIX edizione di Fotografia Europea.

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USA. South Carolina. 1974. Scatto di Susan Meiselas

Si è alzato il sipario su Fotografia Europea 2024.  Fino al 9 giugno, Reggio Emilia torna a osservare i cambiamenti della contemporaneità attraverso gli occhi di grandi fotografi e di giovani esordienti con la XIX edizione di Fotografia Europea, il festival promosso e organizzato dalla Fondazione Palazzo Magnani e del Comune di Reggio Emilia, con il contributo della Regione Emilia-RomagnaLa natura ama nascondersi è il tema scelto dalla direzione artistica del Festival composta, anche quest’anno, da Tim Clark (editor 1000 Words), Walter Guadagnini (storico della fotografia e Direttore di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia) e Luce Lebart (ricercatrice e curatrice, Archive of Modern Conflict). Un titolo che cerca di inglobare – recuperando il paradosso da un celebre frammento di Eraclito – la potenza di una natura che molte volte cela la sua essenza ai nostri occhi, ma che sempre più spesso la rivela in modi distruttivi, in un processo continuo che può essere inteso come un’oscillazione tra l’essere e il divenire. Fotografia Europea 2024 si propone di esplorare, attraverso le tante prestigiose mostre personali e collettive di questa edizione, le connessioni fra occultamento e scoperta che dominano il nostro rapporto con la Natura, immaginando nuove narrazioni, al di fuori di quell’atteggiamento di controllo dominante che la nostra specie esercita sul pianeta, per comprendere le dinamiche e le nuove direzioni da intraprendere.

Questa XIX edizione, composta da ben ventidue mostre in nove sedi (Palazzo Magnani, Chiostri di San Pietro, Palazzo da Mosto, Villa Zironi, Palazzo dei Musei, Biblioteca Panizzi, Spazio Gerra e gli spazi del Circuito OFF), è caratterizzata, oltre che dalla qualità dei progetti esposti, anche dal livello degli incontri, delle conferenze, delle presentazioni di libri e dalle attività educational che verranno organizzate nel corso del festival e che rendono la vivacità culturale che caratterizza Reggio Emilia durante Fotografia Europea. La mostra storica di questa edizione torna nelle sale di Palazzo Magnani con la prima retrospettiva  mai presentata in Italia di Susan Meiselas, fotografa americana nota soprattutto  per il suo lavoro nelle aree di conflitto dell’America Centrale (1978-1983) e in particolare per i suoi potenti scatti della rivoluzione nicaraguense. La mostra, intitolata Mediations, raccoglie una selezione di opere che vanno dagli anni Settanta a oggi e rivela, attraverso le diverse forme che la Meiselas adotta per ampliare la sua opera – oltre al reportage fotografico tradizionale, anche installazioni, libri, film – il suo approccio unico di fotografa, che mette costantemente in discussione lo status delle sue immagini in relazione al contesto in cui vengono percepite, spaziando dalla dimensione personale a quella geopolitica. Nelle sue opere la fotografa coinvolge i soggetti in un’incessante esplorazione e sviluppo di narrazioni, lavorando spesso su lunghi periodi e su un ampio ventaglio di paesi e soggetti: dalla guerra alle questioni relative ai diritti umani, dall’identità culturale all’industria del sesso. Chicca della XIX edizione di Fotografia Europea, è la riapertura della splendida Villa Zironi, gioiello dell’architettura liberty che ospiterà la mostra Radici, di Silvia Infranco, a cura di Marina Dacci. Silvia Infranco ha sviluppato una ricerca che ha fatto della materia naturale il soggetto e l’oggetto delle sue opere. Negli ultimi anni si è orientata sullo studio degli erbari, sulla farmacopea e sui processi di cura arcaici e rituali rinvenuti in manoscritti e in testi a stampa antichi. La mostra sviluppa queste sue ultime riflessioni sul rapporto tra uomo e natura nell’ambito dell’approccio fitoterapico con particolare attenzione ai risvolti magici, simbolici ed alchemici intervenuti nel corso dei secoli. Le opere di Silvia Infranco si modulano su svariati media: opere su carta e su tavola, libri d’artista, sculture, polaroid che spesso includono le erbe stesse.