Gli aiuti che non ci aiuteranno

Con i diktat europei la ripresa ci viene a costare molto di più? È uno di quei punti interrogativi che non trova risposta. La rubrica di PAP20

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Ogni disposizione di Bruxelles si tramuta in un diktat per i singoli Paesi europei (salvo quelli che si possono permettere di interpretare le regole a loro piacimento) anche quando ciò che viene chiesto è di difficile applicazione. Vale anche per il PNRR, come già anticipato in una precedente puntata di PAP20 (leggi qui), utile per riempire le pagine dei quotidiani ma la cui concretizzazione si rivela estremamente complicata in Italia come in altri Paesi, come ad esempio il Belgio, in cui pure sono partiti i primi finanziamenti, ma che si è bloccato sulle riforme richieste nel rispetto delle scadenze prefissate.

Le cose si sapevano fin dall’inizio, quando il Governo Conte lo aveva firmato, e occorre che l’Italia si prenda la responsabilità di ciò che è stato deciso: per finanziare il PNRR italiano sono state messe a disposizione dall’Unione Europea risorse a fondo perduto e altre finanziate tramite prestiti. Considerando che l’Italia da sempre contribuisce al Bilancio europeo, le sovvenzioni a fondo perduto sono pur sempre soldi nostri e in pratica ci viene restituito ciò che è stato versato dal nostro Paese. Il finanziamento tramite prestito è legato al costo del denaro che è salito enormemente per la decisione europea di rialzare i tassi, per cui può sorgere una domanda: perché si è scelto di procedere in questo modo quando durante la pandemia l’Italia poteva emettere titoli a tasso basso e finanziare il piano di crescita del nostro Paese?

Con i diktat europei la ripresa ci viene a costare molto di più?

È uno di quei punti interrogativi che non trova risposta.

C’è un altro aspetto critico, anche in questo caso già conosciuto, del PNRR. Mentre la Commissione europea si è garantita una sua discrezionalità, l’Italia si trova in difficoltà a rispettare le rigide indicazioni imposte perché sono ben note le complicazioni amministrative interne tra lo Stato Centrale, le Regioni e i Comuni: adottare uno strumento vincolato al rispetto di determinati tempi non ci agevola e l’Italia rischia pure di essere presa a male parole o minacciata di sanzioni. Il che accade piuttosto di frequente.

Sappiamo che tante amministrazioni pubbliche hanno dovuto sospendere ciò che stavano facendo con il rischio di inchiodare l’ordinaria attività per concentrarsi anima e corpo sugli appalti del PNRR come richiesto dallo Stato centrale impegnando però sempre le stesse risorse di personale.

In più, si scopre che nel Documento di Economia e Finanza (DEF) di qualche settimana fa, il Ministero delle Finanze ha inserito i pacchetti SURE e Next Generation dell’Unione europea a bilancio come ulteriore debito.

Quindi, fatemi capire. L’Unione Europea finanzia il Piano italiano di ripresa e resilienza ‘elargendo’ soldi che sono dei contribuenti europei; l’Italia fa un debito il cui tasso è legato alle scelte della Bce che sta procedendo con continui aumenti del costo del denaro; in più a bilancio dello Stato italiano è iscritto ulteriore debito aumentando così il debito pubblico. Tutto questo per fare il PNRR? Con la moltiplicazione dei debiti? Mi sembra una scelta di cui gli unici beneficiari possano essere l’Unione europea, le banche e la finanza: ai cittadini e alle imprese e all’intero Stivale credo che farà più male che bene soprattutto se quei fondi non saranno adeguatamente utilizzati.

Questo non è un piano Marshall dell’Unione europea per uscire dalla crisi, ma un progetto di marketing che conferma l’euroscetticismo di chi si chiede a cosa serva questa Unione Europea.

PAP20