Francesco, colori forti per un’arte che ricerca l’essenza delle cose

Francesco Lavorata, 52 anni, dipinge da quando era bambino. Nel corso del tempo la sua arte si è evoluta e dice: “non so se dentro ognuno di noi esista un artista, ma so che l’arte, pur non avendo una finalità specifica, porta ad un livello più alto di percezione, tirando fuori da ciascuno la parte migliore”.

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Colori forti che accompagnano immagini piene di carattere. Questa è la cifra stilistica di Francesco Lavorata, 52 anni, laureato in Giurisprudenza, che attraverso le sue opere con soggetti umani e naturali invita a riscoprire la vera essenza delle cose.

Francesco, quando nasce la tua passione per la arte?

“La mia passione per l’arte nasce da bambino e si è sviluppata da autodidatta. Il disegno ha accompagnato un po’ tutta la mia vita, tra alti e bassi, ma direi che la molla che ha fatto scattare dentro di me qualcosa è stata quando mio padre mi regalò dei colori a olio e alcune tavolette di masonite: lì si è aperto un mondo! Per molti anni ho dipinto con i colori a olio, che però, purtroppo, richiedono un periodo di asciugatura piuttosto lungo. Da qualche anno ho sperimentato gli acrilici che, pur avendo una resa meno brillante, consentono di accorciare l’attesa del fissaggio del colore alla superficie. Non avendo molto spazio dove poter lasciare in attesa i quadri che sto componendo, l’acrilico è diventata quasi una scelta obbligata”.

Come definiresti il tuo stile?

“Una volta disegnavo semplicemente perché la sentivo come una cosa naturale e che mi piaceva fare, non mi ponevo obiettivi o mete. Con il tempo ho capito che per migliorare è necessario applicarsi e dedicare tempo, essere autocritici, confrontarsi con gli altri, guardare e imparare da chi ha già intrapreso un percorso simile al proprio, non avere paura di sbagliare e cancellare in un minuto il lavoro di ore, cambiare, sperimentare ed essere curiosi. Con gli anni i miei gusti e il mio stile sono cambiati notevolmente: attualmente prediligo le figure umane, nella maggior parte femminili. Lo stile cerco di adattarlo al soggetto e non viceversa: a volte le figure risultano nitide e ben definite e a volte, invece, diventano sfumate e eteree, quasi impalpabili”. 

A cosa ti ispiri per le tue opere?

“Quando decido di volere cominciare qualcosa di nuovo, passo molto tempo a cercare su Internet immagini che mi possano trasmettere qualcosa: potrei dire senza problemi che impiego molto più tempo a cercare che a fare; mi sono trovato molte volte ad iniziare cose che non ho terminato, perché mi ero stufato di cercare il soggetto giusto e alla fine non ho concluso niente! Personalmente penso che il mondo della fotografia abbia cambiato e influenzato moltissimo la percezione della realtà e la sua trasposizione tramite l’arte. I canali come Telegram permettono di conoscere artisti e opere anche poco famosi ma che possono allargare molto le prospettive. Non mi vergogno a dire che il vedere quello che sono capaci di fare alcuni artisti potrebbe demotivare: penso comunque che ognuno debba dare il proprio contributo (anche modesto), senza paragonarsi troppo agli altri. Non ho mai partecipato ad alcun concorso né fatto mostre, ma non escludo di farlo in futuro, anzi è uno dei miei prossimi obiettivi”.

Cosa rappresenta per te l’arte?

Non so se dentro a ognuno di noi esista un artista, ma so che l’arte, pur non avendo una finalità specifica, porta a un livello più alto di percezione, tirando fuori da ciascuno la parte migliore, ma anche la più fragile e delicata. In un presente dove sempre più ossessivamente ci vengono proposti modelli folli basati sull’intelligenza artificiale, la digitalizzazione e la virtualità, l’uomo sarà chiamato a (ri)scoprire la sua vera essenza, soprattutto tramite l’arte, la cultura, la natura e la spiritualità.  Mi piace pensare all’arte come qualcosa che rende finito ciò che è infinito, e infinito ciò che è finito. Auspico un futuro dove si abbia più tempo da dedicare alla propria crescita personale e alla scoperta della propria interiorità”.

Chiara Sorrentino