Cecilia Artioli, una vita da architetto nella Grande Mela

Quella dell’architetto Cecilia Artioli è una storia bella. Una di quelle che fa piacere raccontare. Coi suoi 27 anni di passione, talento e intraprendenza, Cecilia, pur amando Carpi, la città che l’ha vista nascere e crescere, sin da giovanissima ha coltivato il desiderio di ampliare il suo sguardo e la sua mente, viaggiando e mettendosi alla prova, a piccoli passi, anche molto lontano da casa. Ora vive a New York ma potrebbe non essere la sua sistemazione definitiva.

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Quella dell’architetto Cecilia Artioli è una storia bella. Una di quelle che fa piacere raccontare. Coi suoi 27 anni di passione, talento e intraprendenza, Cecilia, pur amando Carpi, la città che l’ha vista nascere e crescere, sin da giovanissima ha coltivato il desiderio di ampliare il suo sguardo e la sua mente, viaggiando e mettendosi alla prova, a piccoli passi, anche molto lontano da casa. Dopo la maturità conseguita al Liceo Classico Rinaldo Corso di Correggio, nel 2014 ha iniziato il suo percorso di studi al Politecnico di Milano – Polo Territoriale di Mantova frequentando il Corso di Progettazione dell’Architettura. “Durante quei primi tre anni – racconta – ho avuto l’opportunità di partecipare a diversi workshop all’estero che mi hanno permesso di guardare l’architettura con occhi differenti, di incontrare persone con un background molto diverso dal mio e di lavorare a stretto contatto con architetti di fama internazionale. Tra i workshop che ricordo con maggior piacere vi sono senza dubbio quello con l’architetto Paulo David a Madeira e quello con Atelier Brückner tra Stoccarda e Basilea”.

Con la sua laurea triennale in tasca, Cecilia vola poi a Tokyo, in Giappone, dove vive per sei mesi, frequentando l’Akamonkai Japanese Language School. “Un’avventura che mi è entrata nel cuore” e, infatti, un anno dopo essersi trasferita a Milano per frequentare il corso di Laurea magistrale in Architettura, Ambiente Costruito, Interni al Politecnico, Cecilia si trasferisce nuovamente nel paese del Sol Levante per trascorrere un semestre alla Chiba University. “Un’esperienza di crescita e formazione bellissima. Avere come supervisor il professore, nonché rinomato architetto, Satoshi Okada, è stato davvero un grande privilegio”. 

Ferma però Cecilia proprio non sa stare e dopo essersi laureata nel dicembre 2020, col massimo dei voti, a parte una parentesi dettata dalle restrizioni legate alla pandemia, ha deciso di fare nuovamente la valigia.

“Ho sempre amato relazionarmi con persone, culture e storie differenti dalla mia. Vivere in luoghi lontani, capaci di spingermi fuori dalla mia comfort zone, rappresenta una sfida che ricerco da quando ne ho ricordo. La mia scelta di spostarmi nuovamente all’estero è dettata proprio da questa mia insaziabile voglia di esplorare e apprendere. Certo è che una volta raggiunta la Grande Mela mi sono resa conto di quanto, lavorativamente parlando, gli States possano offrire molto di più rispetto all’Italia. Qui le opportunità possono arrivare ogni giorno e vieni valorizzato per ciò che sei e quello che sai fare. Provare ad avere una carriera di successo qui è molto più facile che nel nostro Paese. Per non parlare degli stipendi”.

Come mai la tua scelta è ricaduta sulla Grande Mela?

“Non ero mai stata negli Stati Uniti prima di trasferirmi qui nell’agosto del 2022 quindi non sapevo bene cosa aspettarmi. Ho ricevuto una proposta di lavoro anche a Los Angeles, ma alla fine ho optato per NYC: è una città che mi ha sempre ispirata, poiché in un certo senso la trovavo concettualmente simile come metropoli a Tokyo. E’ una delle poche città americane dotate di un efficientissimo sistema di trasporto pubblico e lì avevo già qualche conoscenza e questo non mi avrebbe fatto sentire totalmente sola appena trasferita”.

Di cosa ti occupi a New York?

“Lavoro al Kenneth Park Architects (KPA) uno studio di architettura che si occupa principalmente di retail design, ovvero di allestimento negozi. I suoi clienti sono brand americani ed esteri piuttosto conosciuti e, recentemente, mi sono occupata di vari progetti per H&M e JCrew”.

Cosa ami maggiormente della tua nuova vita in questa metropoli? E cosa invece non ti va proprio giù?

“Amo vivere nelle grandi città. Sicuramente se fossi rimasta in Italia avrei provato a trasferirmi nuovamente a Milano. Mi piace essere circondata da grattacieli e avere la possibilità di trovare tutto ciò che voglio. A New York puoi fare letteralmente tutto quello che ti balza in mente: ci sono negozi di ogni tipo, ristoranti che servono ogni genere di cibo, è possibile dedicarsi a qualsiasi tipo di attività e conoscere persone provenienti da ogni angolo di mondo.

Al momento invece a non andarmi giù sono i topi e la sporcizia: Manhattan e Brooklyn saranno anche molto belle, ma dire che questa città ha un problema coi ratti e i rifiuti è a dir poco un eufemismo. Non esiste la raccolta differenziata e anche nelle zone più chic di Manhattan alla sera non si fa altro che esporre sul marciapiede i sacchi della spazzatura in attesa che al mattino presto passi il camion a ritirarli. In questo modo, quando si vuole camminare di sera sui marciapiedi occorre prestare la massima attenzione perché i ratti sono praticamente ovunque e intorno a te”.

Ti manca qualcosa della vita di “provincia”?

“Sicuramente sarebbe tutto più bello se gli amici di sempre fossero qui con me a vivere le mie stesse esperienze. Certo quello che mi manca di più di Carpi sono gli amici e la mia famiglia”.

Credi che il cosiddetto sogno americano sia ancora una realtà?

“Questa è una domanda difficile, penso che la risposta dipenda da come si decida di interpretare il quesito. Un tempo venire in America e iniziare una nuova vita era più semplice. Si poteva cominciare da zero anche se privi di qualifiche e senza conoscere l’inglese. Oggi trasferirsi è più complesso, ma se padroneggi la lingua e hai delle competenze allora sono convinta che il sogno americano sia ancora possibile! Qui è molto più facile fare carriera e i giovani non vengono additati come persone che “non hanno voglia di lavorare” bensì valorizzati, aiutati e presi in considerazione. In Italia nessuno mi ha mai considerato un architetto, quando mi vedevano mi chiedevano se fossi l’assistente o la segretaria, qui, nonostante sia giovane, nessuno si è mai sognato di mettere in discussione il mio titolo”.

Dove immagini il tuo futuro? Credi di rientrare in Italia? Qual è il tuo sogno nel cassetto?

“Non so ancora cosa voglio fare da grande. Sicuramente, se ne avrò la possibilità, mi piacerebbe restare qui per alcuni anni, in modo tale da poter crescere professionalmente e vivere il maggior numero di esperienze possibili. Non credo trascorrerò tutta la mia vita in questo Paese ma non so nemmeno se vorrò tornare in Italia, sicuramente non nel breve periodo. Non penso di avere un sogno nel cassetto, in questo periodo vivo molto alla giornata. Quando ero all’università mi sarebbe piaciuto diventare una figura importante all’interno di un’azienda per quanto riguarda l’allestimento dei negozi, lavorando per qualche grande brand italiano come Gucci o Prada. Non so se sono sulla strada giusta o se è ancora ciò che voglio, per ora mi godo il tempo che sto passando qui nella Grande Mela”.

Jessica Bianchi 

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