Unione Europea: la Babele delle regole al capolinea

Teniamo le regole di trent’anni fa, che già hanno mostrato di avere grossi limiti e facciamo finta di non vederli? Nel frattempo, pur essendo in Europa, ci sono Paesi che prendono iniziative singole andando per la loro strada in barba alle regole e senza dare spiegazioni: è il caso, per esempio, della Francia che ha fissato il tetto del 4% agli aumenti delle tariffe energetiche nel 2022 o della Germania che ha stanziato 200 miliardi per il proprio comparto produttivo e per i cittadini procedendo anche alla nazionalizzazione di aziende dell’energia.

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E’ urgente che l’Europa decida cosa vuole fare e che lo decidiamo noi come Paese per capire quali equilibri economici tenere in questa fase d’inflazione che si configura come strutturale e potrebbe proseguire per alcuni anni,  diversamente da quanto sostengono la Von der Leyen e la Lagarde.

Teniamo le regole di trent’anni fa, che già hanno mostrato di avere grossi limiti e facciamo finta di non vederli?  Le ristrutturiamo? Che patto sigliamo tra nazioni per uscire da questa situazione? Nel frattempo, pur essendo in Europa, ci sono Paesi che prendono iniziative singole andando per la loro strada in barba alle regole e senza dare spiegazioni: è il caso, per esempio, della Francia che ha fissato il tetto del 4% agli aumenti delle tariffe energetiche nel 2022 o della Germania che ha stanziato 200 miliardi per il proprio comparto produttivo e per i cittadini procedendo anche alla nazionalizzazione di aziende dell’energia.

Serve un nuovo patto tra Stati se si vuole un futuro per l’Unione europea, non accordi come quello sull’immigrazione che un Paese può interpretare come vuole (tranne l’Italia che rimarrà con la bandiera europea in mano anche quando tutti gli altri Paesi saranno lontani).

Davanti c’è la grande sfida di siglare un nuovo patto per decidere come stare insieme ma, per prima cosa, occorre prendere atto che ci sono stati problemi nell’impianto di accordi precedente: se ci ostiniamo a preservare il vecchio impianto di regole assisteremo, più o meno velocemente, alla disgregazione completa dell’Unione europea che, di fatto, è iniziata nel momento in cui ogni singolo Stato ha scelto le proprie politiche economiche in autonomia non curandosi di avere un debito pubblico superiore al 60 per cento del PIL e un deficit superiore al 3 per cento del PIL, regole per cui l’Italia è regolarmente punita e sanzionata. Le stesse regole per alcuni non esistono, per altri sono fiscalissime.

Con questo sistema di regole si originano disparità e asimmetrie, ben più utile sarebbe stato un modello di riferimento in grado di evolversi rispondendo ai cambiamenti del mondo.

Non siamo una Federazione di stati, non siamo gli Stati uniti d’Europa, non c’è una gestione comune delle politiche di Welfare, non abbiamo lo stesso sistema fiscale: attualmente condividiamo la moneta unica e il libero scambio. E così succede che lo Stato di fianco a noi si può permettere di non farsi carico del problema dell’immigrazione riportando indietro con la forza chi passa Ventimiglia oppure può decidere una sorta di aiuto di Stato fissando il tetto del 4% agli aumenti delle tariffe energetiche così le sue aziende possono produrre a costi energetici più bassi ed esportano nel mio Paese le merci che le mie aziende producono a costi più alti pagando quattro volte di più l’energia. Non è possibile una rosa del genere….

Il nostro governo, senza andare allo scontro, deve chiedere un tavolo, perché c’è il rischio che l’Italia si faccia tanto male non solo per colpa di Putin, della guerra in Ucraina e dell’inflazione ma anche per colpa di quel baraccone che è oggi l’Europa.

Non si può chiedere alle classi politiche che governano un Paese di fare un passo indietro se sbagliano e di andare a nuove elezioni  quando abbiamo una dirigenza politica non eletta (nella forma classica e democratica) dai cittadini europei  che fa quello che vuole e, anche sbagliando come nel caso del price cap, non si dimette. E’ una cosa intollerabile.

PAP20