In bicicletta sulle tracce dell’antica via Appia, da Roma a Brindisi

La scommessa? Riscoprire e percorrere in bicicletta le tracce dell’antica via Appia, quintessenza di un’Italia segreta, autentica, lastricata di piccole e grandi meraviglie nascoste. I quattro carpigiani Vanni Pavarotti, la moglie Liana Balluga, Dimes Corradi e Vilde Mailli sulle orme del libro Appia, dello scrittore Paolo Rumiz, da Roma sono giunti a Brindisi, attraverso l’Appennino, seguendo l’itinerario perduto della prima grande via europea. Viaggiare, con lentezza, in bicicletta è un’esperienza quasi catartica, “ti consente di entrare in contatto con la parte più intima di te stesso, di confrontarti con i tuoi limiti e i tuoi punti di forza. Un’avventura - spiega Vanni Pavarotti, storico medico di famiglia oggi in pensione - che se condivisa diventa ancor più preziosa poiché rende i legami ancor più forti. Le difese cadono e si esplorano parti di noi che solitamente restano nascoste”.

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La scommessa? Riscoprire e percorrere in bicicletta le tracce dell’antica via Appia, quintessenza di un’Italia segreta, autentica, lastricata di piccole e grandi meraviglie nascoste. I quattro carpigiani Vanni Pavarotti, la moglie Liana Balluga, Dimes Corradi e Vilde Mailli sulle orme del libro Appia, dello scrittore Paolo Rumiz, da Roma sono giunti a Brindisi, attraverso l’Appennino, seguendo l’itinerario perduto della prima grande via europea.

Un cammino – o, nel caso dei nostri concittadini, un viaggio in sella alla due ruote – che, sorride Vanni Pavarotti, storico medico di famiglia oggi in pensione, “non ha davvero nulla da invidiare a quello di Santiago di Compostela”.

L’idea, prosegue Pavarotti, “è nata dalla lettura del libro di Rumiz che descrive un’esperienza a dir poco totalizzante, capace di catturare il viaggiatore da ogni punto di vista, culturale, naturalistico, enogastronomico e sociologico, seguendo quanto più possibile il percorso originale rintracciato da Riccardo Carnovalini sulla scorta di cartografia IGM e pubblicazioni precedenti. Quelle pagine sono state un colpo di fulmine e così, utilizzando una traccia GPS (disponibile sul sito www.salvaiciclistiroma.it/viaggio-in-bici-appia-antica/ e perfezionata con i dati del Ministero dei beni culturali) ho preparato tramite la App Komoot le varie tappe e siamo partiti”.

Non appena ci si allontana da Roma, spiega, “si ritrova l’anima del Sud. Un’Italia minore in cui permane con forza il valore della resistenza. Territori fatti di luci e ombre, di desolazione e bellezza. Dove convivono abbandono e spiragli di vita. Di rinascita. E’ stato un viaggio estremamente emozionante, a esclusione delle tratte in treno, delle vere odissee dal momento che i convogli non sono ancora dovutamente attrezzati per un trasporto efficiente e comodo delle biciclette in particolare delle e-bike, particolarmente pesanti. 14 tappe (a piedi sono 29), pedalate in 16 giorni, per un totale di 750 chilometri. Io in sella a una city bike tradizionale mentre i miei tre compagni di ventura hanno optato per delle biciclette a pedalata assistita”.

Con un bagaglio leggero ben ancorato alle due ruote, i quattro si sono messi sulle tracce di personaggi memorabili, da Orazio ad Antonio Cederna, da Spartaco a Federico II, tra muretti a secco e agrumeti, tra mandorleti e distese di grano. 

Hanno visto scivolare via Albano Laziale, Cisterna di Latina, Terracina, Formia, Caserta, Benevento, Frigento, Bisaccia, Venosa, Gravina di Puglia, Castellaneta, Taranto, Oria e infine Brindisi. 

“Le tappe irpine – continua Vanni Pavarotti – costituiscono un mondo a parte, dopo un guado di fortuna del fiume Calore e qualche temporale ci hanno accompagnato un caldo da meseta, colline dolcissime, solitarie e infinite distese di grano illuminate da cieli perfetti, azzurrissimi, e popolate soltanto da qualche mietitrebbia e isolati cascinali in rovina, rare masserie e qualche albero da frutto, sino ad approdare nelle magnifiche città pugliesi, luminose, immerse in uliveti e vigneti, già odorose di mare”. Una bellezza in parte profanata dalle storture del nostro Paese: le montagne svendute alle multinazionali dell’acqua e del vento, l’abbandono delle campagne, la cementificazione, la mano lunga della criminalità organizzata, gli antichi reperti romani trafugati e collocati nei giardini di ville private…

Un Sud che però resiste alle brutture e in cui ci si può imbattere in tradizioni che hanno il sapore di un passato lontano, che sopravvive e lotta per non scomparire. “Abbiamo assistito a processioni, feste nuziali e cerimonie funebri ricchissime, così come a due ordinazioni sacerdotali a cui partecipava l’intero Paese. Lì la vita scorre diversamente, il passato resiste. Con la sua unicità. Tanti centri storici e palazzi sono stati recuperati, i giovani sono impegnati in tante iniziative di recupero sociale o ambientale… piccoli ma preziosi segni di speranza per un futuro ancor più luminoso”.

Innumerevoli i ricordi e le emozioni che Vanni, Liana, Dimes e Vilde hanno portato a casa ma, forse, il dono più grande di questo viaggio è stata la profonda commozione provata all’arrivo, di fronte alla magnificenza delle colonne romane di Brindisi.

“La loro vista – ricorda Pavarotti – ha scatenato una commozione collettiva, pure lacrime di gioia. Dopo mesi di preparazione e giorni intensi, vissuti con quell’intesa che solo le avventure in comune riescono a donare, la vista di quelle colonne affacciate sul mare e di quella bianca scalinata intitolata al poeta latino Virgilio sono state una rivelazione per tutti noi”.

Viaggiare, con lentezza, in bicicletta è un’esperienza quasi catartica, “ti consente di entrare in contatto con la parte più intima di te stesso, di confrontarti con i tuoi limiti e i tuoi punti di forza. Un’avventura – conclude Vanni – che se condivisa diventa ancor più preziosa poiché rende i legami ancor più forti. Le difese cadono e si esplorano parti di noi che solitamente restano nascoste”. Il cicloturismo oggi è davvero alla portata di tutti e quello dell’Appia antica è il percorso ideale per chi ama coniugare natura e cultura, contribuendo al contempo, allo sviluppo di un territorio poco esplorato e fuori dalle classiche rotte turistiche. Luoghi in cui intrattenersi con gli abitanti, godersi il silenzio della campagna, riscoprire le gesta di personaggi che hanno fatto la storia e, perché no, concedersi anche qualche momento di raccoglimento. Perché camminare – o pedalare – dedicando del tempo a se stessi fa bene non solo al corpo ma anche all’anima. 

Jessica Bianchi