Sei di Carpi se⌠almeno una volta, hai mangiato le paste di Mailli. Una storia, quella della Pasticceria Mailli, chiusa nel 2004, che ha il sapore delle cose buone. Una storia che profuma di burro e vaniglia, di impegno, passione e determinazione. Una vita, quella di Bruno Mailli, fondatore dellâomonima pasticceria, che la nipote Vilde ha voluto raccontare nel suo libro Una storia di pasticceri. Una testimonianza preziosa che ci consente di ripercorrere lo sviluppo dellâarte pasticciera a partire dagli Anni Cinquanta del secolo scorso e di scoprire come i dolci sono approdati sulle tavole dei carpigiani.  Pagina dopo pagina ci addentriamo tra le pieghe di una cittĂ che non esiste piĂš. Una Carpi in bianco e nero tratteggiata con delicatezza e che si muove sullo sfondo delle vite di piĂš generazioni di pasticceri.Â
âSulle vetrine della pasticceria – scrive lâautrice – si sono specchiati in successione i cambiamenti di una cittĂ che, soprattutto con il boom della maglieria, ha raggiunto in pochi anni il benessere economico, scoprendo il gusto del lusso anche nelle piccole coseâ. La pasticceria, inaugurata nel 1948, nel corso de tempo ha cambiato diverse sedi rimanendo però sempre allâombra della Cattedrale, âmeta insostituibile di un rito irrinunciabile e caro ai carpigiani, grandi acquirenti di paste e dolciumi dopo la messaâ.Â
Ma andiamo con ordine, perchè ogni storia deve essere raccontata per bene.
Bruno Mailli, figlio di un cocchiere e di una trecciaia – dalla cui unione nascono anche Tilde, Leandro, Virginia e Mario – giĂ a quindici anni viene conquistato dalla misteriosa e affascinante alchimia della pasticceria quando inizia a lavorare da âIsaia Calgher, un ebreo svizzero trapiantato a Carpi e proprietario della Pasticceria Roma situata sotto i portici della piazza ancora intitolata a Vittorio Emanueleâ. Un lavoro duro ma creativo che spinge il giovane Bruno a trasferirsi prima a Finale Emilia e poi a Foligno per imparare i segreti di questâarte dolcissima e dove suscita le invidie del capo pasticcere tedesco tanto che, svela Vilde, âper timore di essere sostituito, pare abbia tentato di avvelenato. La lettera che accompagna il ritorno di Bruno a Carpi, datata 24 marzo 1915, oltre a elogiare il suo talento, parla di dimissioni volontarie per motivi di saluteâ. Con lo scoppio della guerra, Bruno viene arruolato e spedito col Reggimento Genio Zappatori sul durissimo fronte del Piave, tornerĂ a casa ferito ma vivo e pronto a rimetter le mani tra zucchero, uova e farina nella pasticceria Roma. Tra le due guerre la situazione socio economica peggiorò e la vita si fece dura e allora Bruno, insieme alla moglie Adelma, ânella prospettiva di avere una maggiore tranquillitĂ economica, apre una pasticceria in corso Fanti, dove oggi câè il Caffè Nero, ma lâimpresa non ebbe il successo sperato. Certamente non era il momento piĂš adatto, data la grande povertĂ della popolazione, a cui si aggiunse la malattia di Adelma, la tubercolosiâ.
La donna morirĂ stroncata dalla tisi nel dicembre del 1934 lasciando il marito e i due figli, Silvio e Alberto. Sei mesi dopo Bruno si risposa con Ada Nadalini: âla famiglia si trasferisce in via 4 Novembre, una zona di nuove costruzioni, modesti villini in stile liberty – scrive Vilde Mailli – vicino a una cantina sociale. Si era fuori dalle mura, anche se giĂ non esistevano piĂš e, quando si andava in centro, si diceva, A vag a Chèerp. La strada portava e porta ancora al Foro Boario, costruito proprio in quegli anni nel 1938. AldilĂ solo campagna. In questa casa, nel 1936, nasce lâultimo figlio, Adelmo, in ricordo della prima moglie, chiamato anche Benito, nella speranza di accedere a qualche sussidio statale che mai ci sarĂ . Ecco tutti presenti i fratelli e i figli che si dedicheranno allâarte della pasticceriaâ.
Tra le due guerre Silvio e Alberto iniziano a lavorare insieme a Bruno nel forno Bellelli e nel Bar Milano ma il secondo conflitto mondiale incombe: mentre Alberto viene riformato per problemi alla schiena, Silvio parte per il Trentino dove milita nella Divisione Alpini a Trento e a Brunico. LĂŹ, impegnato nelle cucine, continuerĂ a produrre paste e dolci per il comando prima di passare alla lotta armata nelle file della Resistenza con il nome di Sandro. Finita la guerra Silvio si sposa ma la sua compagna Vilde Malavasi è giĂ minata dalla tisi e muore dopo un anno. Tutto intorno però la vita rifiorisce, câè il desiderio di ricostruire, di mettersi in gioco e cosĂŹ Silvio che nel frattempo ha una nuova compagna, Bice Righi, si butta anima e corpo in una nuova avventura: aprire una gelateria – pasticceria per sĂŠ e i propri famigliari, al civico quaranta di corso Cabassi, allora ricco di vita e attivitĂ commerciali. âIl banco dei gelati con la gelatiera si affacciava sul portico⌠Crema, nocciola, fior di latte, cioccolato e limone. Si arrivava a utilizzare nei momenti massimo lavoro fino a un quintale di latte⌠allâinizio la materie prime, come zucchero e farina, erano ancora razionate, il burro veniva portato di nascosto da Reggio da un contadino, mentre le marmellate erano realizzate drittamente, acquistando la frutta dai produttoriâ.
Lo spazio dentro il negozio era semplice, âcâera un banco di vendita su un lato del locale, con una vetrina chiusa a protezione della merce fresca esposta: paste e pasticcini. Alle spalle câerano mensole con i vasi della confetteria e dei cioccolatini, le bottiglie dei liquori e degli sciroppi. Nella parte inferiore erano risposti gli attrezzi di uso quotidiano e le scatole di latta per i savoiardi e gli amaretti, molto richiesti allora per chi confezionava dolci a casa propria. I savoiardi servivano per la zuppa inglese, un dolce molto popolare per il quale si forniva anche il liquore adatto, la bagna, che veniva personalizzato a seconda dei gusti: la base di solito era lâalchermes a cui si potevano aggiungere Rum, Sassolino, Mandorla. Gli amaretti, oltre a essere buoni per se stessi, servivano ad arricchire i tortelli di zucca e i tortellini dolci. Appoggiata alla parete di fondo troneggiava la bilancia per pesare le ciambelle che, con o senza frutta, erano molto gradite. Restava un piccolissimo spazio con un tavolino per occasionali clienti, una piccola stufetta per lâinverno e un espositore di biscottiâ. Tutte le creazioni prendevano forma nel laboratorio di viale Manuzio, strada anticamente conosciuta come la Cavaleina per le sue numerose stalle e rimosse di cavalli. âAllâinizio dellâattivitĂ – scrive Vilde Mailli – le paste venivano prodotte pure per le sezioni del PCI, i cui iscritti, per autofinanziarsi, portavano la domenica dolci a domicilio insieme al giornale LâUnitĂ â. Mentre la famiglia di Silvio si allarga con la nascita di Vilde, si sposano Alberto con Aristodema Barbieri, detta Dema, e Adelmo con Pietra Abate, per tutti Pierina. Il negozio di corso Cabassi è piccolo e, con la chiusura della Drogheria Morandi, dove si trova oggi il Caffè Martini, vi si trasferisce offrendo anche un servizio bar. Paste, mignon, semifreddi, bavaresi, panettoni, uova di Pasqua⌠lâofferta è sempre piĂš ampia e deliziosa.
Il dolce che andava per la maggiore era la ciambella, o bensone, perfetto nella sua semplicitĂ : âva bene al mattino per colazione, al pomeriggio con una bevanda calda, la sera con un bicchiere di vino⌠se ne vendevano cosĂŹ tante che la domenica una porzione del banco era riservata solo a loroâ. Il ritmo delle stagioni veniva scandito da dolci diversi: la regina del Natale era la spongata seguita dal tronchetto, mentre il Carnevale era un tripudio di frappe e tortellini dolci. E se a Pasqua i dolci piĂš graditi erano millefoglie e Saint Honorè, le torte per tutte le stagioni erano le crostate allâamarena e alle albicocche, le torte di mele e quelle di riso e, ancora, la Delizia riaperta con un impasto di mandorle, la torta greca con un morbido ripieno di mandorle e uova, la zuppa inglese e lâUngherese, un pan di Spagna farcito con crema pasticciera e crema al cioccolato ricoperta di granella fondente. E poi câerano loro, le grandi protagoniste della domenica: le paste. Vilde si è divertita a elencarle tutte e scorrendo nomi e ingredienti è impossibile non farsi venire lâacquolina in bocca. Tra tutte ricordiamo lâItaliana âla cui abilitĂ consisteva nel mangiarla senza che lo zucchero a velo cadesse sugli abitiâ o, ancora, la Noisette, una pallina formata da due semisfere immersa in una glassa fondente e poi fatta rotolare in una granella di arachidi tritate e tostate, âunâoperazione semplice per cui potevamo essere impiegati anche noi bambiniâ scrive lâautrice. âNel tempo i gusti dei carpigiani hanno subito dei cambiamenti: i sapori decisi sono stati accantonati in favore di un generale appiattimento, come se il sentire una intensiva minore di sapore significasse mangiare qualcosa di piĂš leggero. Poi ha preso sempre piĂš spazio la pasticceria mignon: allâinizio petit four e spumini, poi tante piccole paste a imitazione delle sorelle piĂš grandiâ.
Oltre a Bruno, scomparso nel 1970, in laboratorio lavorano i tre fratelli “Silvio, Alberto e Adelmo e lo zio Mario, il fratello piĂš giovane del nonno. Lui insieme al nonno, era il piĂš abile nel decorare i dolci, tanto che, dopo il lavoro, amava disegnare anche piccoli quadri con vedute di Carpi. Collaboravano pure Rino e Giuseppe nella produzione mentre alla vendita si alternavano le tre cognate Bice, Adelma e Piera. Anche Vanis, le mie sorelle ed io, potendo, davamo un aiuto, soprattutto la domenica quando, dopo la messa, si veniva presi dâassalto dai numerosi clienti che non potevano tornare a casa senza un dolce pacchettinoâ.
Nel 1983 la Cassa di Risparmio proprietaria dei locali di corso Cabassi obbliga la famiglia Mailli a trasferire la pasticceria in corso Duomo ed è lĂŹ che nel 1998 lâattivitĂ compie 50 anni. Saranno Adelmo e Piera a portare avanti la pasticceria fino al 2004 quando la serranda si abbassa definitivamente dopo oltre mezzo secolo di storia. Dolcissimo punto di riferimento per tanti carpigiani, la Pasticceria Mailli continua a vivere nel ricordo di molti. E non è raro che qualcuno, incontrando Adelmo per la strada, gli chieda ancora la ricetta di un dolce peccato di gola a lungo assaporato e mai dimenticato.
Il libro di Vilde Mailli è in vendita presso le librerie La Fenice e Mondadori e in alcune edicole.
Jessica BianchiÂ