La Variante Delta è arrivata nel modenese e viaggia veloce

Per arginare l’avanzata della Delta, il direttore generale dell’Ausl di Modena Antonio Brambilla ha chiesto agli operatori della Sanità pubblica “di essere maggiormente aggressivi nell’opera di tracciamento. L’indagine epidemiologica, l’isolamento e il tamponamento dei contatti dei nuovi positivi deve essere a dir poco poliziesca”.

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La Variante Delta è arrivata a casa nostra: i primi casi nel modenese sono stati accertati lo scorso 21 giugno ma in pochi giorni è quella che ha segnato un incremento maggiore, seppure con numeri ancora contenuti. “Grazie all’opera di sequenziamento – commenta Antonio Brambilla, direttore generale dell’Ausl di Modena – abbiamo appurato come la presenza della variante indiana sia passata in pochissimo tempo dallo 0,1 al 2,7% a dimostrazione della sua maggiore infettività. Al momento nel nostro territorio non si registrano focolai a differenza del piacentino”. Per arginare l’avanzata della Delta, Brambilla ha chiesto agli operatori della Sanità pubblica “di essere maggiorente aggressivi nell’opera di tracciamento. L’indagine epidemiologica, l’isolamento e il tamponamento dei contatti dei nuovi positivi dev’essere a dir poco poliziesca. I numeri sono bassi rispetto ai mesi scorsi e possiamo permettercelo”. Ad oggi comunque la variante dominante resta quella inglese (intorno al 70%), seguita dalla brasiliana e tutte “appaiono non particolarmente aggressive”, assicura il direttore generale. L’andamento della pandemia nel modenese è in progressivo miglioramento: scendono il tasso di incidenza di nuovi casi (11 ogni 100mila abitanti nell’ultima settimana) e la percentuale di positività dei primi tamponi positivi che si assesta sull’1%. Stabile a 0,6 l’indice di trasmissibilità Rt, mentre scende a 662 il numero di persone seguite a livello domiciliare. Confortanti anche i numeri relativi alle ospedalizzazioni: sono solo 24 le persone ricoverate (di cui 20 in area medica e 4 in Terapia intensiva) su 129 posti letto dedicati ai pazienti Covid positivi nell’intera rete ospedaliera modenese. “Sono solo 3 i pazienti ricoverati che avevano completato il ciclo vaccinale e di questi 2 avevano ricevuto la seconda dose meno di 15 giorni prima dell’ospedalizzazione. I loro quadri clinici non sono preoccupanti e questo dimostra l’efficacia delle varie tipologie di vaccino contro le forme gravi di infezione”, specifica Brambilla. L’unica nota dolente è rappresentata dall’aumento, seppur ancora non preoccupante ma monitorato dall’Ausl, dei contagi tra i giovani dai 14 ai 24 anni, “fasce d’età nelle quali evidentemente il virus circola maggiormente anche in considerazione del fatto che i ragazzi, con l’ingresso in zona bianca, sono tornati a una vita sociale pressoché normale”, prosegue il direttore. Prosegue poi la campagna vaccinale nel modenese dove è stato superato il mezzo milione di dosi somministrate e sale così al 60,1% la percentuale di popolazione dai 12 anni in su non suscettibile di infezione. 

Dovrebbe attestarsi sul -5% la riduzione delle forniture di Pfizer e Moderna nel mese di luglio rispetto a giugno, un calo che, se non subirà variazioni, “non dovrebbe compromettere la  nostra attività. Rimoduleremo la programmazione, forse allungheremo, seppur nei tempi previsti, la somministrazione di alcune seconde dosi, ma l’auspicio è che non vengano nuovamente cambiate le carte in tavola. Se manteniamo questo ritmo, ovvero una media di oltre 7mila inoculazioni giornaliere, entro la fine di agosto, avremo vaccinato il 90% del target”, aggiunge il direttore generale. A destare qualche preoccupazione è invece la scarsa adesione alla campagna vaccinale da parte dei giovanissimi, “ben al di sotto delle aspettative. Un fenomeno che potrebbe far aumentare la circolazione virale e favorire la formazione di ulteriori varianti”. Ai pediatri che stanno sconsigliando alle famiglie di vaccinare i figli minori Brambilla riserva parole dure: “durante una pandemia occorre ragionare in termini di comunità e non certo al rischio individuale e dunque è particolarmente grave che un professionista sconsigli il vaccino. Il suo interesse non dovrebbe essere rivolto solo al singolo assistito bensì all’intero contesto di riferimento”. 

Jessica Bianchi