Moda, si apra un tavolo di crisi

Si riconosca lo stato di crisi, come avvenuto nelle Marche, nel Fermano Maceratese, con l’individuazione di misure di emergenza a sostegno delle imprese della moda oltre che per una riqualificazione, e laddove fosse necessario, per agevolare una riconversione del sistema economico locale. L’appello lanciato da Cna Federmoda è condiviso anche dal vicesindaco di Carpi, Stefania Gasparini.

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dal sito ansa.it

E’ qualcosa che va oltre una crisi, perché una crisi è temporale, mentre ciò sta vivendo, ormai da anni, il settore del tessile-abbigliamento modenese in particolare, regionale in generale, è una ristrutturazione pesante che va affrontata come tale.

CNA rilancia un allarme pesante sulla situazione del comparto moda sul nostro territorio, allarme che, secondo l’Associazione, deve portare al riconoscimento di uno stato di crisi come avvenuto nelle Marche, nel Fermano Maceratese, con l’individuazione di misure di emergenza a sostegno delle imprese oltre che per una riqualificazione, e laddove fosse necessario, per agevolare una riconversione del sistema economico locale. 

“I numeri non tradiscono – sottolinea Gloria Trevisani, presidente di Federmoda Modena – in tredici anni le imprese sono diminuite del 29,8%, passando dalle 2.819 del 2019 alle 1.981 del 31 dicembre 2020. Possiamo stimare in oltre 4.000 i posti di lavoro perduti, peraltro soprattutto per ciò che riguarda l’occupazione femminile. Ancora, in soli nove anni l’export del comparto è sceso del 30,7%, dagli 857 milioni di euro del 2012 ai 594 dell’anno scorso, rappresentando ora meno del 5% delle esportazioni modenesi nel mondo”.

Dunque, osserva CNA, non una flessione temporanea, ma ormai strutturale, che va affrontata con strumenti in grado di far fronte alle dimensioni di questa crisi.

Fa male sottolinearlo, ma è un dato di fatto che ormai il tessile-abbigliamento rischi di non essere più la caratteristica principale del sistema manifatturiero modenese e carpigiano in particolare.

“Ciò non significa certo abbandonare al suo destino quel che rimane del settore, che comunque continua a rappresentare poco meno del 10% dell’industria manifatturiera del territorio. Servono interventi mirati – sottolinea Trevisani – che vadano oltre l’orizzonte carpigiano e che valorizzino ulteriormente il sistema moda modenese. Ma non si può cambiare la realtà, che è quella di una trasformazione, in corso da anni, del sistema del tessile abbigliamento e che non può essere più sostenuta solo a livello locale”.

Il riconoscimento di un’area di crisi consentirebbe di disporre di risorse sia per investimenti nel settore che per la nascita di attività in altri comparti, ad esempio nel settore dell’auto elettrica, visto l’ormai prossimo insediamento della Silk Faw a Reggio Emilia – offre grandi possibilità all’indotto dell’automotive in questo ambito.

Un appello condiviso anche da Stefania Gasparini, vicesindaco e assessore all’Economia: “condivido l’allarme lanciato da CNA Federmoda Modena, sulla situazione del nostro distretto del tessile-abbigliamento. La crisi economica dovuta alla pandemia ha inciso pesantemente sul settore della moda, che ad oggi è quello che più fatica a riprendersi. Per questo sostengo anch’io l’ipotesi di aprire un tavolo di crisi del Distretto, con tre obiettivi: riqualificare il tessuto economico del distretto stesso, aprire il nostro territorio anche a nuove prospettive industriali, e prevenire il forte rischio di perdere molti posti di lavoro. Ma sia chiaro che la richiesta di costituire un’area di crisi dev’essere vissuta come l’occasione per rilanciare un settore come quello della moda che ancora fortemente caratterizza il tessuto sociale della nostra città. Come Amministrazione convocheremo quanto prima le parti coinvolte – Camera di Commercio e associazioni di categoria – per iniziare insieme alla Regione un dialogo su questa proposta”.

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