“La cura non può essere delegata a pochi”

“Non è possibile far ripartire il Paese - ha sottolineato durante la sua lezione magistrale la professoressa Luigina Mortari, prima ospite delle Giornate del caregiver day - senza disegnare una nuova organizzazione sanitaria, sociale ed economica in grado di rispondere ai bisogni di cura e di offrire a tutti pari opportunità. Qual è il carico di sofferenza dei caregiver? Chi se ne prende cura? Sono queste le domande che dovrebbe farsi la politica”. Per poi rimboccarsi le maniche.

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Luigina Mortari, direttrice del Dipartimento di Scienze Umane e Professore Ordinario di Epistemologia della Ricerca Qualitativa presso la scuola di Medicina e di Filosofia della cura, Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi di Verona

“La cura permea tutta la nostra esistenza e il nostro Paese non può ripartire se non rimettendo al centro del dibattito l’importanza del prendersi cura in ogni ambito, sia questo sociale, sanitario o educativo”. Con queste parole Licia Boccaletti, presidente della cooperativa sociale Anziani e non solo ha dato il via all’undicesima edizione delle Giornate del caregiver day, ciclo di appuntamenti che, a causa della pandemia in atto, anche quest’anno si tiene esclusivamente on line. La pandemia, come ha ben spiegato la prima ospite della rassegna, Luigina Mortari, direttrice del Dipartimento di Scienze Umane e Professore Ordinario di Epistemologia della Ricerca Qualitativa presso la scuola di Medicina e di Filosofia della cura, Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi di Verona, “ha portato al centro della riflessione il tema della cura, ambito da sempre trascurato dalla politica, lasciato in una zona di risulta dal momento che l’unico campo su cui si concentra è il mercato, dove a prevalere è l’utile, la capacità di fare guadagno. La cura costa ma non dà un ritorno in termini economici, bensì in qualità di vita. Per troppo tempo abbiamo dimenticato il valore dell’esistenza che non è certo traducibile in un algoritmo economico. L’irruzione del Covid nelle nostre vite ha avuto il merito di rilanciare questo tema anche se temo che una volta finita l’emergenza tutto tornerà esattamente come prima”. Parlare di cura, secondo Mortari, è fondamentale, poiché “senza, la vita non può fiorire”. Heidegger diceva che ciascuno “viene gettato nel mondo e questo genera in noi un profondo senso di angoscia. Uno smarrimento che viene però lenito dall’abbraccio di una madre che ci accoglie. Ed è proprio in quel primo gesto di cura – prosegue la professoressa – che sta il fondamento del benessere di un individuo. Certo quel momento non determina tutta la nostra vita ma, l’essere accolti o abbandonati, può cambiare la scena del proprio esistere. Quel sentire originario, quel benessere primigenio dell’anima, come diceva Aristotele, ci accompagnerà per il resto della vita”. Ed è proprio di quell’abbraccio che lo Stato dovrebbe preoccuparsi. “Siamo esseri vulnerabili – spiega Mortari – poiché siamo bisognosi di ciò che l’altro può darci. Siamo dipendenti dalla natura, dalla nicchia culturale nella quale viviamo. Siamo esseri relazionali in cerca d’amore. Quell’amore che, diceva Platone, nasce dal bisogno, dalla povertà, ed è esclusivamente dono di un altro. Noi ci nutriamo delle parole e dei gesti che gli altri ci danno. Nelle cose di valore dipendiamo da chi ci sta intorno, davvero una grande debolezza ontologica. Non siamo autonomi e questo provoca sofferenza ma tale incompiutezza non ci paralizza, al contrario, in noi esiste una tensione che ci muove. Il desiderio del bene diceva Plotino, è quella la forza che ci spinge. E la ricerca del bene è il lavoro della cura. Siamo soli, col compito di aver cura di noi stessi e di cercare il bene”. 

La cura è una pratica esercitata con “gentilezza, coraggio e pazienza” e che ha luogo in una relazione fra un caregiver e una persona che la riceve: “è messa in moto dalla gratuità, dall’interesse per l’altro, dalla preoccupazione per la sua condizione e per il suo modo di essere, ed è orientata dall’intenzione di procurare benessere per l’altro secondo la giusta misura, ovvero senza cadere nel pericolo della scarsa premura o nel suo eccesso. D’altronde – aggiunge Mortari – è l’arte del misurare che ci salva, ce lo ha insegnato Platone”. E il bisogno di cura, nell’essere umano, è intrinseco alla sua condizione di fragilità. Tutti, nel corso della propria esistenza, necessitano di cura. “La cura non può essere delegata a pochi – conclude la professoressa – e non è possibile far ripartire il Paese senza disegnare una nuova organizzazione sanitaria, sociale ed economica in grado di rispondere ai bisogni di cura e di offrire a tutti pari opportunità. Qual è il carico di sofferenza dei caregiver? Chi se ne prende cura? Sono queste le domande che dovrebbe farsi la politica”. Per poi rimboccarsi le maniche.

Jessica Bianchi

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