Nessuno dimenticherà il 2020, l’anno in cui ciascuno di noi ha dovuto misurarsi con un nuovo nemico invisibile, la pandemia. Un’emergenza sanitaria gravissima che ha determinato anche pesantissime ripercussioni sul bilancio economico delle famiglie carpigiane. Nuclei che, messi in ginocchio dalla contrazione o dalla perdita del lavoro sono andati a ingrossare le fila di coloro che non ce la fanno più a onorare le spese quotidiane. Nuovi poveri che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese. L’impatto violentissimo della pandemia emerge con forza dall’osservatorio delle povertà, ora ribattezzato in uno slancio di mero ottimismo, Rapporto dei progetti e delle attività nel 2020, curato da Caritas diocesana, Porta Aperta di Carpi e Mirandola e Recuperandia. “Nel 2020 – sottolinea Suor Maria Bottura, direttrice della Caritas – abbiamo visto crescere notevolmente le necessità delle persone, la cui situazione si è aggravata per la perdita del lavoro precario e per l’isolamento. Nel periodo del lockdown, la maggior parte dei centri di ascolto ha continuato la propria attività di ascolto e di distribuzione dei beni di prima necessità, organizzandosi per raggiungere le famiglie nelle loro case e preoccupandosi che avessero tutto il necessario. Ma è stato soprattutto il periodo successivo, quello che ci ha impegnati maggiormente. I contributi messi a disposizione quest’anno a sostegno delle famiglie in difficoltà per rispondere alle necessità primarie, in particolare per il sostegno alimentare, il pagamento delle utenze e delle rate di affitto, sono notevolmente aumentati rispetto all’anno precedente; abbiamo potuto sostenerli grazie agli stanziamenti della Caritas Italiana provenienti dall’8xmille, assieme a contributi che molte persone hanno voluto offrire in risposta ai progetti proposti a tutta la Diocesi. Ciò che è successo in questo periodo, ci ha permesso di vedere con chiarezza come i bisogni di chi è in difficoltà non si possano ridurre al sostegno alimentare o al pagamento di qualche utenza: chi parte da una posizione svantaggiata, si trova spesso in difficoltà su molti aspetti. Ad esempio i bambini delle famiglie accompagnate, si sono trovati in difficoltà nel seguire la didattica a distanza per mancanza di mezzi adeguati, o di competenze per utilizzarli; le domande per i contributi utilizzano sempre più i canali informativi e molte delle famiglie che conosciamo, non sono in grado di presentarle autonomamente. Tutto questo ci sollecita a lavorare in modo intelligente e capace di considerare sempre più le persone nella loro totalità e dignità, e non solo nelle loro difficoltà”.
Al Centro di Ascolto di Porta Aperta di Carpi, nel 2020 si sono rivolte 478 famiglie (di cui 176 italiane), in 193 giorni di apertura, dato identico a quello dell’anno precedente. Aumentano i nuclei assistiti col programma alimentare, 433 su 478 e il 41% di tali famiglie sono italiane. Nel 2020 sono stati consegnati 5.260 pacchi viveri, circa 100 in meno rispetto all’anno precedente.
“Una forte preoccupazione – spiega Alessandro Gibertoni, responsabile del Centro di Ascolto di Carpi – arriva sul fronte dell’abitare. Le difficoltà economiche di tante famiglie ha e avrà conseguenze certe sul regolare pagamento dei canoni di affitto e sulle spese condominiali. Le misure attuate dall’Ente Pubblico, seppur tempestive e apprezzabili tramite il Fondo sostegno per l’affitto, potrebbero non essere sufficienti a evitare, una volta tolto il blocco degli sfratti per morosità, una stagione emergenziale. La nostra associazione ormai da anni è impegnata nella gestione di tre alloggi destinati a nuclei in difficoltà e registra qualche criticità al fine di garantire il necessario turn over”. Le conseguenze della pandemia non possono però essere ancora valutate nella loro interezza e, aggiunge Gibertoni, “è molto probabile che si innesteranno in un processo di ridimensionamento del benessere delle famiglie già in atto da tempo e che ha visto crescere, anche nella nostra città, il tasso di povertà”.
Per quanto riguarda il focus sull’indebitamento le famiglie prese a campione d’indagine sono state 261 sulle 478. I nuclei sui quali grava un mutuo sono 13 (il 5% del totale campionato), mentre nel 2014 erano quasi il 12% delle famiglie prese in esame, segno evidente del clamoroso calo di accesso al credito per l’acquisto della casa da parte delle famiglie. Purtroppo di queste 13 famiglie, 4 risultano morose e 4 hanno la casa pignorata. I nuclei che vivono in affitto sono 183, di questi 70 risultano morosi, ovvero circa il 32%. Resta alto l’importo del debito, che mediamente è di circa 1.700 euro a nucleo. Dei 58 morosi 4 sono in sfratto nel 2020 (ricordiamo che il blocco sfratti legato all’emergenza Covid dura fino a giungo 2021). Se negli scorsi anni, le utenze sulle quali restava alto il numero di famiglie morose erano principalmente quelle su Gas e Rifiuti, quest’anno la situazione si presenta più complessa, con morosità diffuse su tutte le utenze. 119 famiglie su 261 hanno debiti sulle utenze casalinghe (il 45,6%) nonostante ben 93 di quelle prese in esame percepissero il Reddito di cittadinanza, il cui scopo è sostenerle nel pagamento di utenze e affitti. Resta stabile il numero di famiglie con debiti finanziari di vario genere poiché è sempre più difficile per loro contrarre prestiti. Per capire davvero i contorni dell’emergenza e la portata di questa bomba pronta a esplodere però è ancora presto. Il dramma sarà quando tutti i paracaduti messi in campo – dal blocco dei licenziamenti a quello degli sfratti – verranno a mancare.
Jessica Bianchi