I giochi di ieri, tra conte e filastrocche

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Fiabe carpigiane – Fole, fiabe, leggende, filastrocche, scioglilingua, indovinelli, nonne nanne, conte & giochi di gruppo di una volta è questo il titolo dell’antologia curata da Sandro Bellei. La pubblicazione, promossa e realizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi nel 2008 è un prezioso spaccato delle nostre radici. Tutto ciò che la tradizione ha tramandato fino a noi del mondo dell’infanzia. Pagina dopo pagina torniamo bambini, rispolverando i giochi fatti di nulla con cui i nostri nonni e bisnonni trascorrevano le loro giornate. Un ritmo scandito dalle parole dei più anziani, delle nonne in particolare, che sedute accanto al focolare, la sera, narravano fiabe e filastrocche per la gioia dei più piccini. Piccoli e non solo che, lo ricordiamo, finivano nella mastella per lavarsi e non certo tutti i giorni…

Ai bambini dicevano: c’era una volta un topolino, bello, svelto e birichino, che vide aperta la credenza e corse a mensa. C’era un gatto che da lontano si avvicina piano piano con la destra l’afferrò, con l’altra lo serrò. E il topolino disse: “signor gatto non mi mangi. La mia pancia è meschinella! Tra quattro, cinque giorni o sei, io ripasso qua da lei”. E il gatto rispose: “del futuro non mi curo e del presente mi assicuro. Signor topo con permesso, maramao ti mangio adesso”. (Favoletta in rima dai ricordi della carpigiana Anna Maria Gualdi).

Molto diffuse anche le filastrocche, una delle forme più antiche di poesia popolare, spesso in dialetto. “Con le loro ingenue rime baciate – scrive Bellei – sono quasi una sorta di poema epico artigianale nel quale possiamo scorgere i tanti anonimi Omero che hanno popolato nei secoli la nostra pianura. Ancora oggi la loro lettura è fresca, musicale, divertente e piacevole. A testimonianza che la letteratura, quando nasce dal cuore degli uomini è senza tempo”.

Un esempio? Dal momento che ci avviciniamo al Natale eccone una a tema. Fin a Nadèl freddo non fa, brèghi d’iste. Dopa Nadèl al frèd l’è ande, brèghi d’iste.

La simpatica filastrocca ironizza sul fatto che i ragazzi fino alla prima adolescenza erano costretti a indossare i pantaloni corti indipendentemente dalla temperatura. La conquista delle “braghe” lunghe era un trofeo da esibire agli amici.

Una volta, lo sappiamo, non c’erano basket, nuoto, danza… e allora come passavano il tempo i ragazzi?

“Il pomeriggio si vedevano nelle strade dei quartieri o nelle piazze sciami di ragazzi vocianti che qualche volta infastidivano ma quasi sempre portavano l’allegria. Nascondino, La settimana, Battimuro (ogni giocatore lancia la sua monetina contro il muro, chi riesce a farla cadere più vicina alla parete, vince quella degli altri. Il gioco spesso veniva fatto con le figurine – fifi – che diventavano la posta in palio) e Bestia l’ultimo erano alcuni dei più famosi giochi di gruppo tramandati di generazione in generazione”, scrive Bellei.

E poi c’erano le conte, le filastrocche che i bambini usavano per scegliere chi di loro doveva cominciare a star sotto per primo in un gioco di gruppo. “Assomigliavano per l’impiego dei numeri, alle formule magiche, agli incantesimi, agli scongiuri e ai sortilegi”, continua l’autore.

A bi bo, chi sta sotto non lo so, ma al più presto lo saprò, a bi bo!

Oppure: Pum! Pimpirinettannuse, pimpirinetta pan, le campane fan din don dan! E, ancora, Un, du, tri, ciapa la gàta pr’i capì, ciapa la gàta per la coa, menla fin a ca’ toa.

Si organizzavano anche veri e propri tornei di biglie e ovviamente ogni concorrente usava, per lanciare la pallina o il coperchino, una sua tecnica particolare di “cricco”. E se la bambine crescevano a pane e bambole, nelle tasche dei maschietti non mancava mai la s’frombla, la fionda, rigorosamente fatta da loro con un “ramo d’albero biforcuto” e dal legname resistente.

Non sempre però la mira dei bambini era precisa quando giocavano alla guerra e, scrive Bellei, “i cantonieri del comune dovevano poi provvedere con pazienza, alla sostituzione delle lampadine della pubblica illuminazione rotte per cause di guerra”.

La prossima settimana continueremo a raccontarvi questi passatempi di ieri.

J.B.

 

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