I pettirossi sono tornati!

Con le prime brume dell’autunno, nei paesaggi immersi nella nebbia, soprattutto all’imbrunire, non è difficile udire il melodioso canto dei pettirossi. Maschi e femmine producono note struggenti, dopo l’usignolo, il canto del pettirosso è certamente il più bello in natura.

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Si narra che il piccolo pettirosso si sia procurato la sua caratteristica macchia rossa nel cercare di togliere una spina dalla corona che cingeva il capo di Gesù o, ancora, che nella notte di Natale, quando nacque il bambinello, per ravvivare il fuoco si scottò il petto sul quale rimase poi per sempre una macchia rossa. Nella tradizione popolare il pettirosso viene considerato l’uccellino del freddo anche se, spiega Daniela Rustichelli, delegata della sezione Lipu di Carpi, “il vero uccelletto dell’inverno è lo scricciolo. I pettirossi quest’anno sono giunti presto nei nostri giardini, sin dalla prima settimana di settembre: mentre partivano le rondini, loro arrivavano a rallegrarci”.

L’arrivo di questi piccoli migratori che scendono in pianura dall’Appennino o arrivano nella migrazione dal centro-nord Europa verso il mediterraneo, “annuncia quello della stagione fredda. E’ un uccelletto che resiste ai rigori dell’inverno e alla neve, e pertanto è diventato nel corso del tempo un simbolo di ottimismo e speranza”. Essendo molto confidente nei confronti dell’uomo, non è raro vederlo saltellare su balconi e davanzali in cerca di cibo: “il pettirosso è un insettivoro, ama nutrirsi di coleotteri, vermi, lumache e ragni ma non disdegna nemmeno bacche, piccoli frutti e frutta secca. Frequenta anche le mangiatoie dove, quando ha fame, si accontenta di semi e briciole di torte e panettoni. Se volete farlo felice – sorride Daniela – unite ai semi un poco di uvetta passa, ne è golosissimo”.

Il petto rosso-arancione di questo uccellino costituisce un “vero e proprio avvertimento per i maschi. La lotta per il dominio di un territorio infatti può degenerare in lunghi combattimenti che possono persino arrivare alla morte e non è insolito che un pettirosso che si specchia in una vetrata inizi a prenderla a beccate dando sfogo a tutta la propria aggressività fino allo sfinimento”.

Amici dell’uomo, i pettirossi spesso si avvicinano a chi è intento a fare giardinaggio per “catturare gli insetti che emergono dalla terra. Un comportamento adottato anche in natura dove, tra i boschi, l’uccellino segue cinghiali, cervi e gli animali che grufolano per controllare, saltellando qua e là, la terra smossa in cerca di cibo. Segue persino i fagiani per esaminarne le buche fatte per i loro bagnetti di polvere a caccia del pranzo”.

Questi uccelletti che giungono qui per svernare e si rifugiano “nelle rimesse, sotto ai porticati, nei cimiteri ma anche nelle cataste di legna nei giardini” hanno un verso del tutto caratteristico, una sorta “di ticchettio, come quello di un vecchio orologio, soprattutto quando sono in allarme. Con le prime brume dell’autunno, nei paesaggi immersi nella nebbia, soprattutto all’imbrunire, non è difficile udire il loro melodioso canto. Maschi e femmine producono note struggenti, dopo l’usignolo, – prosegue Rustichelli – il canto del pettirosso è certamente il più bello in natura. Un canto territoriale perché ogni pettirosso è molto geloso del suo guardino o del suo orto”.

Per aiutare questi uccellini – e non solo – a superare il freddo inverno emiliano possiamo nutrirli piazzando sui balconi o nei nostri giardini delle mangiatoie con le loro leccornie preferite, senza dimenticare, quando il gelo arriverà, di posizionare anche una ciotolina d’acqua affinché possano bere.

Jessica Bianchi

 

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