In questi mesi di grande difficoltà ed emergenza, in cui, seppur in modi diversi, le vite di ognuno di noi sono state stravolte, i gesti di solidarietà si sono moltiplicati, come se all’aumentare dei contagi, crescesse di pari passo anche il desiderio delle persone di fare la propria parte, di rendersi utili. Un aspetto non scontato, dato che un certo cinema catastrofico ci ha abituati a immaginare che, durante un cataclisma – come, per certi versi, questa pandemia è – venga esacerbato l’egoismo, trasformando la vita nella lotta di tutti contro tutti di hobbesiana memoria. Tra questi, merita una menzione l’iniziativa del giovanissimo Lorenzo Gualtieri, detto Lois: a soli 10 anni ha deciso di mettere a disposizione degli altri bambini il proprio precoce talento per la scrittura. “Magari qualcuno ride, qualcuno disegna le mie storie e me le manda, oppure scrive una storia anche lui e la pubblichiamo, e così i bambini che ridono si moltiplicano”, ha spiegato alla madre Sara. Qualche settimana fa Lorenzo ha infatti deciso di rendere pubbliche le proprie storie per fare compagnia ai bambini che, come lui, sono costretti in casa, aprendo Le favole finiscono con il punto, una pagina Facebook in cui pubblicarle, con la speranza di strappare loro una risata per mezzo dei suoi racconti popolati da personaggi assurdi, e in cui a farla da padrone è un nonsense carico di buonumore.
“Lois – spiega la madre – ha davvero un grande cuore e in questo periodo in cui tutto appare negativo, in cui la paura e l’incertezza si fanno strada, abbiamo deciso di esaudire questo suo desiderio, perché di certo non si può restare indifferenti davanti alla speranza di un bambino di 10 anni che propone una cura, anche se soltanto per curare lo spirito”. Lorenzo scrive una storia quasi tutti i giorni e l’interesse per la pagina non fa che crescere, tanto che molte mamme hanno scritto per fargli sapere come quello con le sue storie sia ormai diventato un appuntamento piacevole da condividere coi propri bambini. Alcune educatrici di scuole materne hanno inoltre detto alla madre che registrano le favole per poi inviarle sui gruppi WhatsApp. C’è chi propone persino di riunirle in un libro, per poi devolvere il ricavato in beneficenza. Tra le tante, paradigmatica è la storia di Poponia, “una piccola cittadina molto tranquilla popolata da cittadini educati e rispettosi delle regole, ma ignari della leggenda delle case”. “Un giorno, mentre le persone erano in giro a fare spese, si sentì un grande, forte, sonoro e tracotante rumore e la città iniziò a traballare. Tutti gli abitanti iniziarono a correre a destra e sinistra spaventatissimi credendo fosse un terremoto, chi urlava, chi piangeva, chi correva fuori dalle case anche in accappatoio… Ma presto si resero conto che non era un terremoto, erano le case. Sì avete capito bene! Alle case stavano spuntando gambe e braccia e cominciavano a chiacchierare tra di loro e a girare per le strade come se fossero degli umani e come se fossero loro gli abitanti di quella città”. Quanto desidereremmo, anche noi adulti, che in queste settimane le nostre case potessero muoversi, per andare a far visita alle persone che amiamo?
Marcello Marchesini