Ultimamente condividere un pranzo o una cena in famiglia o con gli amici risulta sempre più complicato perché c’è il tradizionalista che mangia solo alcune cose, c’è il vegetariano o il macrobiotico, il celiaco, quello che è intollerante ai latticini oppure l’altro che deve stare attento al colesterolo.
E’ a partire da questa constatazione che le professoresse di Psicologia Sociale dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Nicoletta Cavazza e la carpigiana Margherita Guidetti hanno deciso di scrivere un libro per analizzare com’è diventato il nostro rapporto con il cibo e cosa dicono di noi le nostre scelte alimentari.
“Noi siamo psicologhe sociali – ha spiegato la professoressa Guidetti – e queste sono le domande che ci poniamo attraverso il nostro approccio scientifico”.
Professoressa Guidetti qual è la genesi di questo saggio?
“Da 15 anni facciamo ricerca sugli aspetti psico-sociali dell’alimentazione (non patologica), un filone di ricerca abbastanza recente che si è sviluppato a partire dagli Anni ’80 in area anglosassone, mentre sono fiera di dire che i primi studi italiani sul tema sono i nostri. Ci siamo occupate soprattutto di influenze sociali sui comportamenti alimentari di adolescenti e adulti, di stereotipi di genere legati al cibo e di neofobia alimentare. L’idea di questo libro è nata da una richiesta della casa editrice, anche se era un po’ di tempo che ci dicevamo che prima o poi l’avremmo scritto”.
Come nascono le preferenze e le avversioni ad alcuni cibi?
“Sia le preferenze che le avversioni sono solo in minima parte geneticamente innate e universali, mentre per la maggior parte vengono apprese. Tutti gli onnivori nascono infatti con una preferenza innata per i sapori dolce, salato e umami, che da un punto di vista evoluzionistico segnalano la presenza di nutrienti ed energia, e un’avversione innata per l’aspro e l’amaro che indicano un potenziale pericolo. Ma, aldilà di questo bagaglio di partenza, gusti e disgusti si imparano con l’esperienza individuale e sociale, tramite meccanismi di condizionamento semplice e associativo, ossia l’esposizione ripetuta che aumenta la familiarità e quindi il gradimento (ci piace quello che siamo abituati a mangiare) e le associazioni che si stabiliscono tra un certo cibo e una condizione biologica (spesso le avversioni hanno origine da disturbi gastrointestinali dopo il consumo), emotiva (da piccolo mi obbligavano a mangiare i broccoli quindi adesso li odio) o sociale (mi piace il cibo spazzatura – oltre che perché dal punto di vista organolettico soddisfa le nostre preferenze innate – anche perché è associato alle occasioni di festa con gli amici)”.
Quali fattori influenzano gli stili alimentari?
“Il cibo non è solo nutrimento, e quello delle scelte alimentari è un tema complesso che si colloca su almeno due dimensioni: una che va dal biologico al culturale, cioè dalla funzione nutritiva a quella simbolica, e un’altra che va dall’individuale al collettivo, cioè dal livello psicologico a quello sociale. A un livello individuale le nostre scelte sono influenzate da gusti e avversioni, dalla familiarità, dalle credenze relative a salubrità e naturalità, dalle motivazioni alla salute e al controllo del peso, dai valori e dalle preoccupazioni etiche, dagli stati emotivi, dal prezzo e dalla comodità di acquisto e preparazione. Ma anche le relazioni e la situazione interattiva contingente influenzano le nostre scelte: per esempio, all’aumentare delle persone presenti a tavola aumenta la quantità di cibo consumato da ciascuna e, dato che l’idea che ci facciamo degli altri è influenzata anche dai loro comportamenti alimentari, gli individui tendono a regolare il proprio consumo di cibo, sia in termini di quantità che di qualità, per fare buona impressione. Le scelte alimentari dipendono inoltre dalle nostre appartenenze sociali, per esempio lo status socio-economico, ma soprattutto le esprimono simbolicamente, come nel caso del genere. Infine, il contesto culturale delimita le nostre scelte come un macro-contenitore, definendo innanzitutto ciò che è considerato cibo”.
In 172 pagine, l’opera di Guidetti e Cavazza analizza come sono cambiate le tavole degli italiani negli ultimi anni e parla anche di come le abitudini alimentari si formino sin da bambini, addirittura già dentro l’utero materno. Con un approccio scientifico ma accattivante, le autrici riescono a stimolare riflessioni importanti per instaurare un rapporto più consapevole con il cibo o, semplicemente, per vederlo sotto nuovi e diversi punti di vista.
Chiara Sorrentino