Era la vigilia di Natale e Claudia si trovava a casa di amici quando casualmente se ne accorse. Per un lieve prurito le sue dita avevano sfiorato la pelle sotto l’ascella e lei aveva sentito come una pallina. Era il 2003, sedici anni fa, il primo Natale da marito e moglie insieme a Luca che aveva sposato pochi mesi prima, a giugno.
Claudia non ha perso tempo e ha iniziato una serie di accertamenti ma senza particolari preoccupazioni, tanto che nel frattempo aveva scoperto di essere incinta e tutti le avevano fatto una gran festa.
Claudia ha 29 anni e aspetta un bambino quando le viene diagnosticato per la prima volta un tumore: gli esiti della biopsia condotta a distanza di un mese parlano di metastasi tumorale linfonodale e la pallina è diventata un grappolino.
Gli accertamenti rilevano la necessità di intervenire tempestivamente, non ci sono alternative. “Impossibile dimenticare il momento della comunicazione della diagnosi: la paura mi ha impietrito e ho fatto scena muta davanti al dottor Fabrizio Artioli che mi parlava. Mi ha indirizzato a Milano per un’ulteriore consulenza ma sedici anni fa non c’erano gli strumenti di cui la sanità dispone oggi: io non potevo portare avanti la gravidanza perché mi dovevo curare per non morire. E’ stata durissima e ancor oggi mi porto dentro tutto il dolore che ho provato in quel momento: era il mio sogno avere un figlio e invece dovevo rinunciare al mio bambino. Quando sono tornata a casa, erano tutti lì ad aspettarmi coi pasticcini. Gli altri facevano festa perché avevano me, ma i primi anni è stata molto difficile da digerire. Ho fatto la chemio e la radio, ma io stavo male per quel bambino a cui avevo dovuto rinunciare”.
Ad aiutare Claudia c’è l’intera equipe dell’Oncologia del Ramazzini di Carpi: gli psicologi e in particolare la dottoressa Maria Grazia Russomanno, i malati nei gruppi di sostegno, la nutrizionista, medici e infermieri.
Claudia è simpatica, ride, è positiva. E’ ottimista, e fa continuamente battute mentre racconta la sua esperienza. “So bene che non va sempre così, che sono stata fortunata. Quando sei in trattamento pensi solo a combattere. E ricorda il giorno in cui ha perso i capelli, “ho iniziato a sorridere della parrucca perché mi sembrava di avere una scimmia in testa e ho cominciato a portare bandane di tutti i tipi e di tutti i colori. Ho ricominciato pian piano a riprendermi la vita e ad apprezzarla perché accanto a me non tutti avevano la mia stessa fortuna: tante persone con le quali ho profondamente legato in questi anni sono poi venute a mancare”.
Nel 2007 è stata la tiroide a impensierire Claudia per la presenza di un nodulo. L’intervento conservativo di asportazione parziale della tiroide non è sufficiente e si procede con la rimozione completa per poi sottoporre Claudia alla iodioterapia, detta anche radiometabolica, nei successivi tre giorni di isolamento.
Passa solo un anno e tirando su la cerniera della maglia, Claudia si accorge di un nodulo al seno: il test al Com, Centro oncologico modenese, rivela la predisposizione genetica alla malattia. “A quel punto ero anche disposta a fare a meno di seno, ovaie e utero pur di allontanare il pensiero del tumore” e sceglie di procedere con la mastectomia bilaterale.
Il tempo è un concetto complesso, qualche volta doloroso, per chi conosce la paura di non averne più abbastanza. “Con la consapevolezza della precarietà della vita e di avere a disposizione un tempo limitato ho deciso di fare cose che, fino a quel momento, avevo rimandato. Non avrei forse nemmeno avuto il tempo di stancarmi dei tatuaggi” dice mostrando il braccio sinistro tatuato. Invece c’è ancora tempo nella vita di Claudia. Poco prima del Natale, il 14 dicembre del 2015, nasce Tommaso e Claudia e Luca chiedono al dottor Fabrizio Artioli di essere il padrino. Oggi deve correre cercando di conciliare il lavoro e tutto il resto ma al tempo per Tommaso non rinuncerebbe per niente al mondo: è il momento di preparare la festa di compleanno per i suoi quattro anni. Gli addobbi natalizi già decorano la casa in cui fa bella mostra di sé l’albero di Natale da cui pendono tanti dinosauri, la grande passione di Tommaso.
Claudia ce l’ha messa tutta e oggi la sua storia di amore, dolore e speranza insegna che “la prevenzione è fondamentale e nulla è possibile senza una rete di persone che circondano il malato di tumore”, nel suo caso il marito Luca, i medici e le amiche che le sono state sempre accanto. L’equipe a cui ero affidata al Ramazzini mi ha fatto girare l’Italia per avere le migliori consulenze, mentre le buone amiche, così come i buoni mariti, sono quelle che non scappano nel momento del bisogno. Tutti sono pronti per andare fuori a ballare ma è nella sofferenza che metti alla prova le relazioni: sono la prima che non tollera chi si piange addosso per un’unghia rotta, ma non si può nascondere il dolore”.
Il tumore è circondato da pregiudizi, si preferisce evitare di parlarne ma delle parole non dette o solo sussurrate i malati sono le prime vittime. E allora colpisce la naturalezza con cui Claudia parla della sua storia, nella speranza che possa aiutare altri a superare la paura.
Sara Gelli