Farmageddon: è emergenza antibiotico-resistenza

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A volte tornano. Più forti di prima. Muoiono e resuscitano pressoché invulnerabili. “Uccisi” da un trattamento antibiotico tornano in vita diventando imbattibili. Stiamo parlando dei superbatteri. Il fenomeno della antimicrobico-resistenza – o antibiotico-resistenza – secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, entro il 2050, sarà responsabile della morte di 2,4 milioni di persone soltanto nell’area OCSE  in assenza di interventi efficaci. Una vera e propria apocalisse per la quale nel Regno Unito è stato coniato un termine assai evocativo: Farmageddon. Nel nostro Paese quasi 11mila persone (dati riportati in uno studio del Centro Europeo per il Controllo delle Malattie – Ecdc pubblicato sulla rivista Lancet Infectious Diseases) muoiono ogni anno a causa di infezioni che fino a poco tempo fa si curavano con gli antibiotici. Un uso indiscriminato e del tutto inappropriato di tali farmaci però ha reso molti batteri immuni. Tra i superbatteri che fanno paura, soprattutto per i pazienti fragili, già colpiti da gravi patologie o immunodepressi, vi sono certamente gli enterobatteri Ndm (New Delhi metallo beta-lactamase) responsabili in Toscana, secondo l’Agenzia regionale di sanità, della morte di 36 persone, con oltre 700 ricoveri di soggetti portatori del ceppo batterico, tra novembre 2018 e settembre 2019.

Ma cosa rende questi batteri tanto pericolosi per la salute? 

Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Teresa Pesi, direttrice dell’Unità Operativa di Igiene e controllo infezioni correlate all’assistenza dell’Ausl di Modena. 

“Si tratta di batteri che appartengono alla più ampia famiglia degli Enterobatteri che vivono comunemente nel tratto intestinale dell’uomo e degli animali. Nel corso del tempo hanno sviluppato la capacità di resistere all’azione di diverse classi di antibatterici, tra cui negli ultimi anni anche la classe, ad ampio spettro, dei carbapenemi, e New Delhi (NDM) è uno di questi. Gli Enterobatteri, anche quando resistenti ai carbapenemi, possono essere presenti nel tratto intestinale senza dare alcun disturbo. In condizioni quali quelle che comportano la significativa riduzione delle difese immunitarie, la necessità di sottoporsi per lunghi periodi a cure mediche e a procedure invasive, aumenta il rischio di sviluppare un’infezione clinicamente manifesta. Le infezioni da Enterobatteri con meccanismo di antimicrobicoresistenza NDM sono più difficili da trattare perché anche gli antibatterici recentemente immessi in commercio risultano poco efficaci”.

In provincia di Modena si segnalano casi?

“Negli ultimi due anni, negli ospedali dell’Azienda Usl (Carpi, Mirandola, Pavullo e Vignola), sono stati registrati 7 casi di isolamento di Enterobatteri produttori di carbapenemasi NDM. Si è trattato quasi esclusivamente di isolamenti in assenza di sintomi (colonizzazioni), vale a dire riscontrati nell’ambito dell’attività di screening che da diversi anni viene condotta negli ospedali della nostra Azienda, secondo le indicazioni delle linee guida regionali, al fine di intercettare tempestivamente gli assistiti colonizzati e adottare le misure necessarie a limitare la diffusione di tali microrganismi in ospedale. In base a questi dati, possiamo dire di non aver osservato una diffusione epidemica di Enterobatteri produttori di carbapenemasi NDM”.

Il New Delhi è in grado di resistere a molti tipi di antibiotici. I farmaci che vengono resi inefficaci comprendono i carbapenemi, classe di antibiotici a largo spettro usati comunemente in ospedale. Come si sta attrezzando l’Ausl di Modena per cercare di contenere il fenomeno sempre più preoccupante dell’antibiotico resistenza?

“Per contrastare l’insorgenza dell’antimicrobicoresistenza dev’essere limitata la prescrizione di terapie antibatteriche solo ai casi strettamente necessari e scegliere la classe di antibatterico ad azione più mirata nei confronti dei batteri responsabili dell’infezione che si vuole trattare. La nostra Azienda insieme ai medici specialisti, ospedalieri e ambulatoriali, ai medici di medicina generale e ai pediatri di libera scelta sta lavorando per favorire la corretta prescrizione delle terapie antibatteriche. Importante è anche il ruolo delle farmacie aperte al pubblico perché i farmacisti svolgono un’azione di informazione diretta ai cittadini sulla inappropriatezza dell’assunzione di antibatterici non prescritti dal medico. Parallelamente è necessario agire per limitare la diffusione di diversi microrganismi, in particolare quelli antimicrobicoresistenti. Nella nostra Azienda, nei diversi contesti assistenziali, vi è molta attenzione all’adozione dei comportamenti efficaci a interrompere la trasmissione dei diversi microrganismi e, tra questi, l’igiene delle mani che è la misura, riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, più efficace a contenere la diffusione di batteri multiresistenti. Inoltre, nell’ultimo anno, l’Azienda ha avviato una campagna informativa rivolta ai cittadini per sensibilizzarli al tema dell’antibioticoresistenza, al buon uso degli antibatterici e all’igiene delle mani. Il tema dell’antimicrobicoresistenza coinvolge tutti, sebbene con ruoli diversi: tutti sono chiamati a contribuire al contrasto di questo fenomeno”.

Quali sono i super batteri che destano maggior preoccupazione?

“Oltre agli Enterobatteri resistenti ai carbapenemi tra cui quelli NDM, vi sono Acinetobacter baumannii resistente a molte classi di antibatterici tra cui i carbapenemi e Pseudomonas aeruginosa resistente ai carbapenemi perché abbiamo a disposizione meno opzioni terapeutiche”.

Le infezioni ospedaliere rappresentano un problema complesso, caratterizzato da molteplici fattori, incluso l’eccessivo utilizzo degli antibiotici, che ha portato nel tempo allo sviluppo di malattie infettive resistenti a questa classe di farmaci. Qual è la situazione negli ospedali della provincia? Può darci alcuni numeri sulle infezioni ospedaliere?

“Nel periodo ottobre-novembre 2016 è stato condotto in Italia lo studio di prevalenza sulle infezioni correlate all’assistenza e sull’uso degli antibatterici negli ospedali per acuti. Lo studio è stato condotto utilizzando il Protocollo del Centro Europeo per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (ECDC) che ha promosso lo studio a livello europeo e ne ha prevista la ripetizione ogni 4/5 anni. Anche l’Azienda Usl di Modena ha partecipato allo studio con i suoi ospedali: Carpi, Mirandola, Vignola, Pavullo e Baggiovara afferente all’Ausl fino al 2016. La prevalenza di pazienti con almeno un trattamento antibatterico è stata del 44,5%. In Italia la prevalenza di pazienti con almeno una infezione correlata all’assistenza è stata dell’8%. Le infezioni più frequentemente rilevate sono state quelle respiratorie (23,5%), le batteriemie (18,3%), le infezioni urinarie (18%) e quelle del sito chirurgico (14,4%). Nell’Azienda Usl di Modena (considerando complessivamente i cinque ospedali) la prevalenza di pazienti con un’infezione correlata all’assistenza è stata del 5,3%. Le infezioni più frequentemente rilevate sono state quelle respiratorie e urinarie. La prevalenza di pazienti con almeno un trattamento antibatterico è stata del 40,7%”.

Quando è strettamente raccomandabile assumere antibiotici e quando al contrario è deleterio?

“Gli antibatterici sono efficaci esclusivamente per curare le infezioni causate da batteri e non per curare quelle virali quali, ad esempio, il raffreddore, l’influenza o le sindromi parainfluenzali e devono essere assunti esclusivamente se prescritti dal medico. E’ molto importante anche la piena adesione alle indicazioni del medico rispetto agli orari di assunzione nelle singole giornate e alla durata della terapia. Dosi di antibatterico eventualmente avanzate al termine di un precedente trattamento non devono essere assunte senza aver consultato il medico, neanche se si pensa di avere un’infezione simile a quella precedente. Infatti alcune infezioni si possono manifestare con sintomi simili pur essendo causate da microrganismi diversi. La prescrizione dev’essere limitata ai soli quadri clinici espressione di un’infezione batterica. Inoltre, dovrebbe essere orientata dalla diagnosi microbiologica: nel sospetto di una infezione batterica, sempre quando possibile, devono essere effettuati gli esami microbiologici necessari per identificare il batterio responsabile. La diagnosi microbiologica permette di prescrivere, con maggiore certezza, la classe di antibatterico più adatta al trattamento del batterio isolato. L’assunzione di antibatterici, nel mancato rispetto di tali principi, oltre a non risultare efficace per la risoluzione del quadro clinico presentato può determinare un’alterazione dell’equilibrio della popolazione microbica normalmente presente nell’organismo (la cosiddetta flora microbica endogena) e indurre l’acquisizione da parte di questi microrganismi di forme di resistenza”.

Quanto l’uso massiccio e indiscriminato di antibiotici negli allevamenti, soprattutto per incrementare la resa degli animali alla macellazione, incide sul fenomeno dell’antibiotico resistenza?

“Si stima che in ambito veterinario sia utilizzato oltre il 50% degli antibatterici consumati complessivamente. Questo rappresenta un fattore di rischio per la selezione e la diffusione di batteri resistenti. Tuttavia, un recente rapporto di uno studio condotto dalla Commissione Europea documenta una significativa riduzione in Italia del consumo di antibatterici in ambito zootecnico, del 30% nel periodo dal 2010 al 2016. Detto ciò è necessario precisare che l’uso degli antibatterici in ambiente zootecnico finalizzato all’aumento del peso degli animali alla macellazione è vietato per legge. Negli allevamenti, soprattutto in quelli avicoli e suinicoli, vengono somministrati antibatterici, tramite il mangime, nelle prime fasi di accrescimento per curare principalmente affezioni polmonari ed enteriche, patologie ricorrenti in quelle età. Oggi, incidendo molto nella gestione dell’allevamento (densità degli animali, miglioramento dell’ambiente), è stato possibile ridurre notevolmente il quantitativo di antibatterici utilizzati. Il monitoraggio sui quantitativi usati è possibile, in Italia, grazie all’obbligo di prescrivere tutti i farmaci veterinari utilizzando la ricetta elettronica”.

Jessica Bianchi