Le cure palliative raccontate attraverso la lente dell’arte

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L’arte è un linguaggio potente. Esplosivo. Con semplicità e immediatezza, parla a tutti, senza mediazioni e arriva dritta allo stomaco. Soprattutto quando deve veicolare messaggi complessi. Spigolosi. “Il nostro obiettivo – spiega il presidente dell’associazione ZeroK, nonché infermiere palliativista, Massimiliano Cruciani – è quello di diffondere tra i cittadini, attraverso la forza espressiva delle arti, la conoscenza delle cure palliative come risposta a una cultura della vita sospesa, che cela e rimuove l’idea della morte come processo naturale della vita”.
Poeti, scrittori, attori, pittori… sono numerosi gli artisti che collaborano col sodalizio nato lo scorso anno. Persone diverse, animate da sensibilità differenti, unite però da un filo sottile, ovvero “i valori fondanti di Zero K, a partire dalla sacralità della vita, anche all’interno di un percorso di morte. L’inclusività – prosegue Cruciani – è la nostra forza più grande perché, pur nel dolore, insieme si può fare tanto”.
Le cure palliative rappresentano per molti un capitolo sconosciuto o, in alcuni casi, vengono rifiutate poiché considerate inutili quando ogni speranza si è ormai spenta. Ma morire dignitosamente, senza sofferenza, tra le mura domestiche o dove la persona desideri, è un diritto inviolabile. Di fronte a una malattia inguaribile insistere con un approccio di cura volto alla guarigione o alle false speranze non solo non è utile ma, talvolta, persino dannoso. In questi casi le cure palliative rappresentano un’alternativa il cui obiettivo è quello di migliorare la qualità di vita del paziente e della sua rete famigliare. “Un modo per restituire alle persone un tempo di vita e non di attesa. In questo senso – spiega Massimiliano Cruciani – le cure palliative sono l’unica alternativa all’accanimento terapeutico e alla crescente richiesta di eutanasia e suicidio assistito come scelte di libertà per i malati inguaribili. Tali cure riducono gli accanimenti terapeutici (false speranze per i malati, le famiglie e gli operatori), ricollocano il processo del morire nel ciclo naturale della vita, alleviano il dolore e la sofferenza (fisica e psicologica) spesso cause principali della richiesta eutanasica. La morte fa paura, certo, ma nel mio lavoro quotidiano ho compreso come si possa fare molto per aiutare e accompagnare le persone a vivere questo percorso con maggiore serenità. Spesso si scappa di fronte all’ultimo viaggio, la nostra società inneggia alla nascita ma non ha più rispetto per la sacralità della morte e questo rende le famiglie che convivono con la malattia, oncologica e non solo, sempre più sole. Abbandonate a loro stesse. Il compito dell’operatore, opportunamente formato, è quello di affiancarsi il più precocemente possibile al paziente in un percorso dove la morte è inscritta nel patto di cura. Di sedersi al suo fianco. Di entrare in relazione. Zero K, dal canto suo, vuole formare il cittadino comune, facendo emergere, quanto prima, il riconoscimento di un diritto (legge 38/2010 – Accesso alle cure palliative e terapia del dolore e legge 219/2017 – Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) e l’importanza della qualità di vita e della non sofferenza, attraverso scelte consapevoli e volontà condivise con i professionisti ma soprattutto attraverso un controllo adeguato dei sintomi per salvaguardare  e, forse, trovare un senso, sia questo di carattere religioso o no”.  Sul murale realizzato da David Domenico dell’Accademia di Brera a Milano sulla facciata della nuova sede di Zero K – inaugurata lo scorso 6 ottobre in via Carpi Ravarino,  563 a Limidi di Soliera – spicca un vuoto. Proprio lì, al centro, in corrispondenza della porta. Perchè la morte è l’altra faccia della medaglia, complementare alla vita, e attraverso quella porta, prima o poi, ci passeremo tutti. “Interiorizzare tale consapevolezza è positivo. Conoscere i propri diritti e sapere di avere una scelta per azzerare la sofferenza, che è ciò che più spaventa dell’ultimo addio, è fondamentale per essere preparati e non lasciarsi vincere dalla paura. Amo pensare – ribadisce Cruciani – che il nostro impegno di informare e sensibilizzare la cittadinanza possa rappresentare un contributo importante affinché sempre più persone non chiedano di ricorrere al suicidio assistito bensì di controllare il dolore. Nessuno è mai stato in difficoltà, se adeguatamente formato, per la troppa empatia o relazione, dunque Zero K si prefigge proprio questo obiettivo: far trovare il coraggio ai professionisti e alle persone di guardarsi negli occhi e di essere in grado di saper stare accanto, anche nel più scomodo dei contesti, quello della relazione autentica”, sorride Massimiliano Cruciani.
Jessica Bianchi

 

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