Il Piano per la ciclabilità c’è, ma è rimasto nel cassetto

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Correva l’anno 2013. Il Piano per la ciclabilità redatto dal mobility manager Paolo Gualdi ha ormai il sapore della storia antica. Sei anni dopo le criticità in città sono aumentate e nuovi quartieri sono sorti come funghi soprattutto nella zona ovest, ma se quel piano non fosse rimasto pressoché lettera morta, la vita dei ciclisti oggi sarebbe decisamente più semplice.  “Il Piano non è scritto nella pietra – aveva spiegato il geometra Gualdi in occasione della discussione del documento in Consiglio Comunale nel dicembre 2013 – ed è suscettibile di variazioni nel corso degli anni”. Il problema non si è posto, dal momento che poco o nulla è stato fatto e circa la priorità dei percorsi ciclabili che hanno preso forma si potrebbe discutere a lungo. Pur non prevedendo zone 30 o soluzioni capaci di decelerare il traffico veicolare, il Piano rappresentava comunque un buon punto di partenza – eccezion fatta per la scelta dei materiali, l’autobloccante avrà pure costi di manutenzione inferiori rispetto all’asfalto ma fa lievitare eccessivamente la spesa – per mettere in sicurezza pedoni e ciclisti, ricucire le varie tratte e superare così numerosi nervi scoperti della viabilità cittadina. Come? Attraverso la costruzione di sottopassi ciclo-pedonali, l’installazione di impianti semaforici a chiamata e la realizzazione di collegamenti ciclabili con le frazioni, la zona industriale e i paesi limitrofi, da Modena a Novi, da Correggio a Campogalliano. I tempi necessari a completare il Piano, aveva ottimisticamente dichiarato l’ex assessore ai Lavori pubblici, Carmelo Alberto D’Addese, “dipenderanno dalle risorse disponibili (spesa totale presunta 43.5 milioni di euro) ma l’obiettivo è raggiungibile in 8-10 anni, utilizzando fondi regionali, nazionali ed europei”. Per chi ha dimenticato le proposte lanciate allora, abbiamo deciso di ripescare il documento mostrandovi una carrellata delle ipotesi di tracciato maggiormente significative.

Jessica Bianchi

 

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