Industria 4.0 la nuova rivoluzione industriale

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Le esperienze e le traiettorie dell’industria emiliano-romagnola su Industria 4.0 sono state al centro dell’incontro organizzato qualche sera al Club Giardino di Carpi con Patrizio Bianchi che insegna Economia applicata nell’Università di Ferrara, dove è stato Rettore fino al 2010 ed è assessore della Regione Emilia-Romagna a coordinamento delle politiche europee allo sviluppo, scuola, formazione professionale, università, ricerca e lavoro.

Una platea attenta ha seguito l’incontro nel corso del quale il prof. Patrizio Bianchi ha voluto più volte ribadire che «Investire sulle persone è la leva giusta per posizionare l’Emilia-Romagna a livello europeo. Industria 4.0 è lo strumento con cui le tecnologie ci permettono di comprendere ed aprirci al mondo che cambia».

Il punto di partenza è stato il recente libro di Patrizio Bianchi “4.0 La nuova rivoluzione industriale” edito da il Mulino. Nelle sue pagine si riflette sulle rivoluzioni industriali del passato, a partire da quella inglese del XVIII secolo e il libro mostra come in gioco vi siano profondi rivolgimenti sociali e territoriali, non solo la tecnologia.

La trasformazione digitale “4.0” sembra rispondere ad un’idea antica, risalente ad Adam Smith, che nel 1776 affermò che la ricchezza delle nazioni si fonda sul modo stesso di organizzare competenze, abilità operative e intelligenza. Solo così si rende il lavoro delle persone capace di generare un valore aggiunto.

Si legge nella premessa al testo che «dal cuore di una lunga crisi emerge una nuova industria che dal 2011, sulla spinta del governo tedesco, chiamiamo industria 4.0. Di tutto il complesso processo di trasformazione che l’ha plasmata viene data una lettura essenzialmente tecnologica, di cui si pone in evidenza l’impatto sempre più rilevante, non solo sulla manifattura ma anche sui servizi – dal commercio alla cura della persona, fino ai servizi alla collettività. Internet delle cose, intelligenza artificiale, robotica, veicoli autonomi e droni, realtà virtuale, blockchain, tracciabilità digitale, stampa 3D sono tecnologie che, cumulandosi e integrandosi in un contesto di sempre più densa interconnessione totale, stanno cambiando la nostra vita. Tuttavia questa lettura non è sufficiente e dobbiamo domandarci cosa ci sia effettivamente di nuovo, di dirompente, e cosa, invece, di continuativo nel cambiamento strutturale dell’economia mondiale, che poniamo sotto la fascinosa etichetta di industria 4.0, per la quale si parla addirittura di nuova rivoluzione industriale».

Per Bianchi «Se per questa riorganizzazione che sta investendo l’industria, i commerci, la nostra vita usiamo, e io credo a ragione, il termine così impegnativo di rivoluzione, allora dobbiamo ricollocare tutte le nostre riflessioni in una prospettiva lunga, che veda nel suo insieme le grandi trasformazioni che hanno strutturato e sconvolto il nostro mondo negli ultimi secoli, in cui l’industria è divenuta il motore stesso della crescita, ricchezza e a volte rovina di interi paesi; un’industria che qui consideriamo come la produzione organizzata non per la sopravvivenza di piccoli gruppi familiari chiusi o per guadagnare la protezione di un signore feudale, ma per il mercato, cioè per un sistema sociale in cui fra pari – fra persone aventi eguali diritti ed eguali doveri – ci si scambiano diritti di proprietà di beni realizzati appositamente per essere venduti in un contesto in cui altri operatori sono in grado di realizzare e vendere beni comparabili e quindi competitivi. Questo scambio si fonda su un’organizzazione del lavoro che deve essere definita proprio nell’ambito di forze concorrenti e interagenti che chiamiamo appunto «mercato».

Non sono mancate riflessioni sul ruolo che può giocare il nostro Paese «Non si può capire la quarta rivoluzione industriale senza cogliere le profonde trasformazioni politiche e culturali indotte dalla fine del mondo bipolare uscito dalla Seconda guerra mondiale, senza comprendere fino in fondo il senso di quella globalizzazione che ha posto al centro dell’economia mondiale paesi che fino alla fine del secolo scorso erano stati al margine della crescita mondiale, a partire dalla Cina, che oggi di questo mondo globale è la prima attrice». Prosegue Bianchi «La nuova rivoluzione industriale, che chiamiamo 4.0 come metafora delle rivoluzioni discioltesi nella storia del capitalismo industriale, promette di superare la vera contraddizione delle precedenti forme di industrializzazione, nelle quali la capacità dell’artigiano di produrre beni personalizzati venne sostituita dalla produzione di massa dell’età fordista – con i suoi grandi impianti che producevano beni omogenei per una concorrenza di prezzo – per giungere infine a una produzione in grandi volumi ma di beni personalizzati. Ad esempio, in ambito medico aumenta la possibilità di rispondere ai bisogni delle singole persone non più con un farmaco standard, da variare secondo quantità – una o due pastiglie al giorno – ma con terapie personalizzate, che sono il frutto dello sviluppo industriale di quella ricerca sul genoma umano che ha permesso di scoprire la semplice verità che ognuno di noi è egualmente diverso da ogni altro».

Per Bianchi è necessario ritornare a fare le cose utilizzando le grandi capacità che hanno saputo mettere in campo da sempre le professionalità italiane in tutti i campi «Se vogliamo considerare industria 4.0 il segno di una nuova rivoluzione industriale, per coglierne tutta la complessità dobbiamo ripartire dalla produzione, cioè da come si strutturano il lavoro e il capitale all’interno di un’organizzazione specificatamente rivolta a creare valore dalla trasformazione delle risorse materiali o immateriali in beni fruibili dalle persone o dalle collettività».

Quello con Patrizio Bianchi è stato l’incontro conclusivo di un primo ciclo nel corso del quale si è parlato di attualità e futuro con ospiiti come Pier Luigi Celli e Anna Caffarena.

P.Sen

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