Gli insetticidi tra le cause della scomparsa dei passeri

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A caccia di briciole, zampettavano qua e là e non era affatto raro vederli anche in città. Oggi sono pressoché scomparsi: che fine hanno fatto i passeri? Non se ne scorgono i nidi e non se ne ode il cinguettio. A echeggiare, in città come in campagna, sono invece i versi striduli di gazze ladre e cornacchie. “Carpi è da tempo un vero e proprio deserto per quanto riguarda le specie di passeri”, sottolinea Daniela Rustichelli, delegato della sezione di Carpi della Lipu. Le cause sono numerose anche se il comune denominatore è sempre uno: l’uomo. “La scomparsa dei passeri è imputabile a diverse concause, verificatesi da qualche decennio in tutto il continente europeo: in primis naturalmente i pesticidi, un virus influenzale che ne ha determinato un fortissimo calo soprattutto in Gran Bretagna, un abbassamento delle difese immunitarie come conseguenza dell’assorbimento delle sostanze antidetonanti presenti nelle benzine e diffuse nell’aria e nell’acqua, la mancanza di siti di nidificazione dovuta alle ristrutturazioni degli edifici, la trasformazione dell’agricoltura tradizionale in intensiva e industriale e un generale squilibrio delle popolazioni di specie invasive, opportuniste e predatrici come gazze e ghiandaie in conseguenza dell’antropizzazione del territorio. Le variabili sono molteplici e questo rende estremamente difficile mettere in campo interventi e azioni mirate”. I passeri sopravvissuti nel nostro territorio, “abitano perlopiù a Fossoli, San Marino, Santa Croce e Gargallo, a ridosso delle campagne”, spiega la delegata della Lipu, mentre in città vi è il “deserto soprattutto della specie Passer italiae. Nel Nord Italia i passeri sono presenti a macchia di leopardo, a volte densissimi in punti ristretti di territorio, ma poi del tutto assenti nelle zone limitrofe. Nelle campagne della Bassa pianura reggiana a resistere è la Passera mattugia, ben riconoscibile dalla macchietta nera che ha sulla guancia”. Secondo uno studio svizzero, i passeri starebbero scomparendo anche a causa degli insetticidi neonicotinoidi. Dosi molto elevate di Clothianidin e Thiacloprid continuano a essere rilevate nelle loro penne. Il primo insetticida, permesso in Italia dal 2008, dopo aver avvelenato l’avifauna per dieci anni, è stato revocato dal mercato nel giugno 2018; il secondo, chiamato vezzosamente Calypso dalla Bayer, è permesso in Italia dal 2003 ed è ancora in vendita. “I neonicotinoidi – prosegue Rustichelli – sono dannosissimi a tutti i livelli delle catene alimentari. Le prime a risentirne sono state le api, veri e propri termometri della salute dell’ecosistema, di cui in tutta Europa è stato riscontrato un drastico calo delle famiglie, con un conseguente danno per l’apicoltura. nonché un pericolo da non sottovalutare per l’impollinazione delle piante, in particolare degli alberi da frutto. Già dai primi anni del 2000 si è riscontrato lo stato di disorientamento generato da questi prodotti nelle api, tanto che le bottinatrici non riescono a far ritorno all’alveare, morendo sul campo. Come per le api, anche gli altri insetti sono contaminati da questi pesticidi e ciò crea gravi squilibri che si ripercuotono a tutti i livelli trofici (di alimentazione e predazione)”. Per quanto riguarda i passeri in particolare, non dovremmo stupirci del fatto che abbiano tracce di tali insetticidi nelle piume, “in ragione dei quantitativi di trattamenti, irrorazioni e dispersioni che continuano a essere consentiti nelle regioni più produttive del Nord Italia, compresa la nostra, pur con continui divieti e sostituzioni di prodotti”, conclude Daniela Rustichelli.

J.B. 

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