Arsom: un disastro annunciato

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Non si può che definire disastroso l'esito del tavolo di crisi per l'Arsom – azienda metalmeccanica con sede operativa a San Martino in Rio che ha chiuso i battenti lasciando di colpo senza lavoro i suoi  40 dipendenti – convocato lo scorso 28 febbraio, presso il Municipio di Carpi, allo scopo di verificare la possibilità di continuità aziendale e l’erogazione di almeno una parte delle tre retribuzioni non corrisposte.
Dall’incontro è emersa la totale indisponibilità della proprietà ad affrontare una seppur remota possibilità di continuità aziendale e a breve si procederà con la messa in liquidazione con fallimento in proprio.  Le istituzioni hanno chiesto all'azienda di attivare almeno una procedura di licenziamento collettivo per cessazione con relativo accordo sindacale. Ipotesi rispedita al mittente per insostenibilità dei costi si è giustificata la proprietà.  Inutile dire che nemmeno le retribuzioni arretrate non saranno pagate. Grande la rabbia dei 24 dipendenti manifestata durante l'assemblea convocata presso la Camera del Lavoro, la cui unica possibilità, per ottenere dall'Inps il sostegno al reddito derivante dalla Naspi (disoccupazione) è la dimissione per giusta causa, considerato il mancato pagamento delle tre retribuzioni.
L’azienda ha assicurato che consegnerà le buste paga e tutta la documentazione per permettere ai lavoratori di ottenere almeno i sussidi pubblici e adempiere agli obblighi fiscali. Magra consolazione.
“Per quanto riguarda le spettanze non corrisposte – spiega il sindacalista della Fiom – Cgil, Angelo Dalle Ave – occorrerà attendere altri mesi per insinuarsi nel fallimento e, tramite il Fondo di Garanzia Inps recuperare il Tfr e una parte delle retribuzioni non corrisposte”.
“Il lavoro c’era e gli ordini non mancavano, avevamo commesse fino a luglio. I clienti pagavano regolarmente… A non esserci più – avevano denunciato i lavoratori – era la materia prima. La proprietà, infatti, oltre a non pagare i dipendenti non onorava i debiti contratti con i fornitori e di conseguenza noi non avevamo la lamiera necessaria per lavorare”.
Resta tutta l'amarezza per la perdita di un’impresa carpigiana con cinquant’anni di storia alle spalle “a causa di un’evidente incapacità imprenditoriale da parte della recente guida aziendale che ha solo scaricato costi sulla collettività, senza dare il tempo alle lavoratrici e ai lavoratori di comprenderla e contrastarla”, conclude Dalle Ave.
Un fallimento che fa male al cuore perché dietro a tante parole a restare sono i volti di coloro che in questo difficile momento dovranno essere riassorbiti da un mercato del lavoro messo a dura prova da anni di crisi.  “Io sono qui da 36 anni, questa azienda l’ho vista crescere e ora, da un giorno all’altro, mi ritrovo senza un impiego. Mi mancano solo quattro anni e mezzo alla pensione ma ho 63 anni: dove lo trovo un altro lavoro alla mia età?”.
Jessica Bianchi

 

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