“E’ impossibile non restare incantati dalla bellezza e dalla cultura del Giappone. Da anni sognavo di andarci e, finalmente il mio desiderio è stato esaudito”. A parlare è il carpigiano Pier Paolo Chiesi di ritorno da un viaggio nel Paese del Sol Levante. Negli occhi ancora i colori del mercato di pesce di Tokyo, sulle labbra gli innumerevoli sapori degustati e, nel cuore, emozioni che lo continueranno ad accompagnarlo nel tempo: “il mio è stato un vero e proprio tour enogastronomico. Un’esperienza sensoriale straordinaria”. Sommelier di sake, Pier Paolo ha potuto toccare con mano un universo, quello del sake appunto, carico di suggestioni: “una tradizione affascinante, millenaria come la storia del Giappone. Entrare nelle cantine e parlare con i produttori è stato impagabile: osservare la cura, l’amore e il lavoro che c’è dietro a questo fermentato di riso mi ha stimolato, dandomi ulteriori motivazioni. Osservando i vari processi produttivi, le peculiarità di ciascuno e la filosofia che anima ogni cantina, ho imparato molto e ora che sono tornato a casa non vedo l’ora di mettere a frutto queste nuove conoscenze, a partire dalle regole con cui servire il sake, per cui esiste un vero e proprio Galateo”. Quella della preparazione e della degustazione di questo fermentato, infatti, è un’arte e la sfida che ha deciso di lanciare Pier Paolo, laureato all’Ateneo di Parma in Marketing enogastronomico e territoriale, è quella di avvicinare la cucina emiliana al sake: “perché non esiste solo il vino”, sorride. “Il sake è perfetto coi formaggi e coi carciofi è davvero il top, ma uno dal sapore delicato può accompagnare anche un tortello verde”.
Di sake, infatti, ce n’è per tutti i gusti e per ogni occasione: “ve ne sono di secchi, ideali per accompagnare carni importanti come gli stufati ad esempio, altri più fruttati, dal sapore morbido, rotondo, ottimi da assaporare con piatti a base di pesce e verdure e, infine, vi è il top di gamma, ottenuto grazie a una maggiore raffinazione del riso che conferisce al sake un aroma floreale, perfetto per accompagnare tartare di pesce e carne cruda. Il sake, limpido e trasparente, che può essere gustato freddo o a temperatura ambiente, può essere assaporato a tutto pasto. Non copre i sapori degli alimenti bensì li valorizza e li esalta. Il sake più invecchiato poi è la perfetta sintesi dell’umami, quello che viene definito il quinto gusto”.
Insieme alla madre Paola e all’amica giapponese Akemi, Pier Paolo è andato alla scoperta di Tokyo: “una città dalle mille contraddizioni. Patria futuristica, nella New York d’Oriente la tecnologia domina e tutto corre velocissimo. E dopo grattacieli infiniti e luci a giorno anche di notte, ti imbatti in eleganti cinquantenni che dopo il lavoro fanno la fila per entrare in una sala giochi dove dedicarsi alla pesca di peluche o a suonare una pianola. Da non credere come la cultura manga permei un luogo tanto avveniristico”. Ed è proprio a Tokyo che il carpigiano non ancora trentenne ha assaggiato una delle prelibatezze della cucina nipponica: il famigerato pesce palla. “Ciò che amo maggiormente è il fatto che molti piatti vengano preparati davanti ai tuoi occhi in una sorta di scenografico show cooking. Tutti i commensali hanno così modo di ammirare la maestria dello chef e di assaporare le pietanze nella giusta sequenza. Del pesce palla la prima cosa che ho assaggiato è stata la pelle: ha una consistenza un po’ elastica ma è davvero ottima”. Un altro piatto da non perdere qualora ci si recasse in Giappone è il granchio gigante di Hokkaido: “un crostaceo di cui si gusta ogni parte. A Tokyo abbiamo avuto il privilegio di cenare nel ristorante di uno dei quattro chef che sa prepararlo ed è stata un’esperienza che non dimenticherò facilmente. La sequenza con cui si mangia è precisa: si parte dalle chele, passando per il cuore, e la testa. Un vero e proprio cerimoniale. Una delizia per il palato”. Dalla megalopoli i tre hanno poi raggiunto Kyoto, “più storica e a misura d’uomo, dove si respira la cultura giapponese”. Una città dove vi sono intere vie nelle quali i ristoranti si susseguono l’uno dopo l’altro, “ciascuno con la propria specialità: dai ramen ai noodles, al sushi. E’ lì che ho conosciuto la cucina Kaiseki, una forma di pasto tradizionale che include tante piccole portate tutte da scoprire e da degustare rigorosamente col sake”, racconta Pier Paolo Chiesi. Sul sushi, specialità amatissima anche nella nostra città, Pier Paolo sfata poi alcune leggende metropolitane e svela qualche piccolo segreto: “i giapponesi lo mangiano anche con le mani e non solo con le bacchette e, soprattutto, per non denaturarne la delicatezza, il sushi non va immerso nella soya dalla parte del riso bensì da quella del pesce”. Dopo Kyoto i tre viaggiatori si sono poi concessi una tappa nella onsen Izanro Iwasaki di Misasa: “uno dei luoghi termali più famosi del Giappone. Le terme, situate in alta montagna, hanno delle piscine esterne naturali con l’acqua a 40 gradi, una goduria per il corpo e lo spirito”.
Il 7 febbraio, alle 20,30, il sommelier organizza una serata di degustazione presso il Cafè Diferente di viale Peruzzi dove la cittadinanza è invitata ad assaporare piatti della tradizione e non solo accompagnati da differenti tipologie di sake.
Jessica Bianchi