Insegnare a Bogotà

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Dopo la laurea in Scienze della Formazione Primaria e un’esperienza di studio di alcuni mesi a Granada con il progetto Erasmus, la 25enne carpigiana Margherita Sacchetti ha sentito nuovamente il richiamo dello spirito e della lingua latine e ad agosto ha deciso di partire alla volta della Colombia per dedicarsi al lavoro che ama di più, ovvero quello dell’insegnante.
Da dove deriva la tua passione per la lingua spagnola e per i Paesi latini?
“E’ nata alle superiori dove per la prima volta ho iniziato a studiare spagnolo: suoni e parole diverse, ma simili alle nostre mi hanno da subito incuriosito. Durante gli anni dell’università ho sempre cercato di coltivare questa passione leggendo libri e guardando film in lingua, ma è stato solo dopo l’Erasmus che mi sono innamorata di questa lingua e della cultura che rappresenta. Dapprima sono state le similitudini ad attrarmi e in seguito le piccole differenze a conquistarmi, permettendomi di sperimentare qualcosa di nuovo a cui mi sentivo affine”.
Come ti trovi nella nuova realtà?
“Bogotà è una capitale che affascina perché si respira una storia diversa da quella europea. Mi piacciono la sua sua natura aperta e multiculturale, il suo dinamismo e la solarità dei suoi abitanti. Invece, una delle principali caratteristiche che inizialmente mi ha colpito è la netta contrapposizione tra ricchezza e povertà: si nota ovunque. Per questo motivo il concetto di sicurezza è un po’ diverso da quello italiano: occorre appropriarsene, abituarsi e, come dicono a Bogotà, seguir la corriente”.
La tua classe è eterogenea (italo-spagnola)? Cosa insegni?
“Le classi a me affidate quest’anno sono due seconde composte da 21 e 22 bambini. La maggior parte di loro proviene da famiglie colombiane. Alcuni hanno origini italiane ma solo quattro hanno una famiglia italiana: la classe dunque è eterogenea. Io insegno italiano, storia e geografia e anche queste ultime due materie sono insegnate in italiano essendo un collegio bilingue (spagnolo-italiano). Su queste due classi lavoriamo in un team composto da tre docenti: la collega che insegna lingua spagnola, quella di matematica e scienze e io. La programmazione che seguiamo fa riferimento ai Programmi Nazionali Italiani e si può immaginare come il lavoro sia duro per dei bambini che non sono madrelingua italiana. L’aspetto su cui si insiste maggiormente è l’arricchimento del lessico oltre all’ortografia, ostica persino per i bambini italiani”.
Come si svolgono le tue giornate?
“L’orario scolastico è diverso da quello italiano: la scuola inizia alle 7.15 di mattina fino alle 9.05 momento in cui si fa merenda. Si riprende alle 9.25 fino alle 11.30, ora in cui gli alunni vanno a pranzo. Dopo una ricreazione il pomeriggio inizia alle 12.25 e la campana della fine delle lezioni suona alle 14.45. Agli insegnanti compete il ricevimento dei genitori, la sorveglianza durante le ricreazioni, un’ora alla settimana di colloquio con il direttore didattico per parlare della programmazione e un’ora di briefing con il team della classe. Una differenza interessante rispetto all’Italia sta nelle due  ore adibite alla programmazione delle attività con i colleghi della stessa area delle classi parallele: ciò consente di avere coerenza nella programmazione di tutte le classi e, inoltre, a me che sono neolaureata, di confrontarmi e imparare dai colleghi più esperti”.
Quali progetti hai per l’avvenire e dove vedi il tuo futuro?
“Di sicuro resterò qui almeno fino alla fine dell’anno scolastico, ovvero giugno 2017.  Penso che il lavoro dell’insegnante sia il più bello del mondo e il fatto di poterlo fare in una scuola bilingue è davvero stimolante. Inoltre, questo Paese mi sta sorprendendo: dai paesaggi mozzafiato alla cultura storica, dalla ricchezza culinaria alla grandezza d’animo dei suoi abitanti. Poterlo vivere non solo come turista ma come residente (o quasi) mi dà la possibilità di scoprirla lentamente così da poter assaporare le sue bellezze e tesori. In alcuni frangenti però sento la mancanza dell’Italian style sia in ambito scolastico (a causa della diversità di culture, del differente concetto di educazione e formazione dei docenti) che in ambito personale. Il mio cuore è italiano e dovrò tenerne conto per il futuro”.
Chiara Sorrentino

 

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