Per rilanciare i vaccini serve maggiore prevenzione non coercizione

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L’Emilia Romagna vuole chiudere le porte degli asili nido ai bambini che non sono in regola con le vaccinazioni a partire da settembre 2017. Il progetto di legge è stato presentato dal presidente della Regione Stefano Bonaccini, dall’assessore al Welfare Elisabetta Gualmini e da quello alla Sanità Sergio Venturi. In particolare all’articolo 6 si prevede che per i servizi educativi riguardanti la fascia 0-3 anni sia rispettato l’obbligo vaccinale per difterite, tetano, poliomielite ed epatite B. Sul tema si è reso disponibile a intervenire il pediatra Livio Franceschini.
Vaccinarsi o ammalarsi? Quali sono i rischi e quali i benefici in un caso e nell’altro?
“Le vaccinazioni costituiscono uno dei passi avanti  più importanti della medicina, al pari della scoperta degli antibiotici. Prima che esistessero assistevamo impotenti a gravi epidemie infettive come quella del vaiolo o della difterite, che provocavano milioni di morti ogni anno in tutto il mondo. I benefici dell’immunità acquisita con le vaccinazioni superano di gran lunga i rischi legati alla procedura, soprattutto grazie ai recenti progressi delle biotecnologie che hanno permesso di produrre vaccini molto più purificati”.
E’ giusto somministrare vaccini già dai tre mesi o il neonato è ancora troppo piccolo per essere esposto agli antigeni della malattia?
“Il sistema immunitario del neonato è in grado di iniziare una buona risposta immunitaria già nei primi giorni di vita. Questo è dimostrato dalla vaccinazione anti-epatite B che viene somministrata ai neonati da madre positiva all’epatite B, entro le 24 ore di vita.  Eventuali reazioni avverse, come già detto rarissime e controllate dal personale sanitario, non sono assolutamente più frequenti nel lattante rispetto al bambino più grande e pertanto non c’è motivo di ritardare delle vaccinazioni rispetto al normale calendario vaccinale, a meno che il bambino non presenti una patologia acuta in atto”.
Il vaccino può causare autismo: verità o falso mito?
“A tutt’oggi da numerosi studi scientifici seri e non criticabili non emerge alcun dato sul possibile nesso di causalità tra vaccinazioni e autismo. L’unico studio che riportava un legame tra il vaccino trivalente e l’autismo è risultato, a una revisione critica, gravemente scorretto e il medico britannico, autore di tale studio, è stato radiato dall’Ordine”.
Pensa sia giusto introdurre l’obbligo di vaccinazione come requisito di ammissione al nido e alla scuola d’infanzia?
“E’ una questione difficile perché implica numerose considerazioni sia di carattere medico che morale, sociale ed etico. Credo sia una proposta impulsiva dettata dal fatto che la sanità sta assistendo a un’immotivata disaffezione alle vaccinazioni di massa che sono (e devono rimanere) uno dei più importanti metodi per debellare la maggior parte delle malattie infettive e solo con un’adesione di massa è possibile centrare il risultato.  Probabilmente è anche giuridicamente sostenibile, interpretandola come volontà di tutela della salute pubblica e del progresso sanitario.  Allo stesso tempo però impedire ai non vaccinati di frequentare l’asilo è una misura talmente coercitiva da rischiare di creare un muro contro muro, alimentando i dubbi dei detrattori delle vaccinazioni. La sanità italiana ha bisogno di guadagnare rispetto e fiducia da parte dei cittadini, e a tale scopo credo che la soluzione migliore sia una buona campagna informativa, in particolare più impegno da parte dei medici e dei mass-media”.
Quali sono le categorie di bambini più esposte al pericolo di contagio e quali rischi corrono?
“I bambini maggiormente a rischio per le infezioni contagiose sono quelli che vanno all’asilo sin dal primo anno o che hanno un fratello maggiore che frequenta l’asilo o la scuola. Coloro che sono costretti a frequentare ambienti in cui la percentuale di vaccinati è inferiore al 90%, venendo a mancare l’immunità di gregge. Il rischio poi aumenta se hanno patologie croniche che necessitano di terapie immunosoppressive, se sono prematuri o se crescono poco”.
Negli ultimi tempi l’opinione pubblica sta rivalutando il ruolo che il latte materno e una corretta alimentazione possono ricoprire nel rafforzare il sistema umanitario del bambino, e molte mamme ritengono che ciò sia sufficiente a proteggere i loro figli. E’ davvero così?
“L’allattamento al seno è il miglior alimento per il lattante per i primi sei mesi di vita ed è consigliabile proseguirlo anche molto più a lungo anche se non più come unico alimento. E’ vero che contiene anticorpi di origine materna ma questi vengono digeriti durante il processo digestivo per cui non sono in grado di procurare una significativa immunizzazione passiva, tranne, probabilmente, per le patologie infettive gastrointestinali. L’alimentazione corretta è necessaria per un buon sviluppo del sistema immunitario ma non è in grado di sviluppare l’immunizzazione attiva la quale avviene solo con le vaccinazioni o dopo aver contratto le malattie infettive”.
Come convincerebbe i genitori che non intendono vaccinare il proprio figlio?
“Consiglierei loro di esaminare la questione come di fronte a una bilancia a due piatti: da una parte i rischi del fare le vaccinazioni, minimi e improbabili, dall’altra il rischio di non farle e di contrarre le malattie, decisamente più gravi e molto più frequenti”.
Infine, dopo i recenti casi di morte a causa della meningite ritiene sia necessario diffondere una cultura delle vaccinazioni anche tra gli adulti, o si tratta solo di tragedie isolate? Dobbiamo temere anche per noi “grandi”?
“Le malattie infettive non riguardano solo il bambino o il neonato ma anche gli adulti e, ancora maggiormente, gli anziani.
Con il passare degli anni e con le patologie croniche la risposta immunitaria tende a indebolirsi.
Pertanto, le vaccinazioni sono un’importante presidio di difesa anche per adulti, anziani e malati cronici, in particolare per patologie gravi come la meningite e l’influenza”.
Chiara Sorrentino

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