I difensori del malato

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Il numero di denunce per presunti errori medici in Italia è a dir poco impressionante. Nel nostro Paese ogni mille pazienti che lasciano l’ospedale per due verrà sporta una denuncia per qualche tipo di irregolarità, con un costo medio per i sinistri risarciti che supera i 52mila euro. Il tema è di quelli che scottano dal momento che i casi di malasanità si ricorrono nelle cronache quasi quotidianamente. A causa di errori medici si possono subire danni fisici, temporanei o permanenti, o addirittura morire: in sala operatoria come in corsia o persino in sala parto. Ma qual è la fotografia dell’Ospedale Ramazzini di Carpi? A tratteggiarla sono Ruggero Giullari e Alberto Spaggiari, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’associazione cittadina DDM – Difensore dei Diritti del Malato.

Qual è lo scopo del Difensore dei Diritti del Malato e in cosa consiste la vostra attività?

“Il diritto alla salute – spiega Giullari – è sancito dalla Costituzione italiana e, dobbiamo riconoscerlo, il Servizio Sanitario Nazionale Italiano cerca di attuare al meglio tale principio: nonostante carenze e problemi, infatti, è ancora uno tra i migliori al mondo. D’altro canto, tutto è perfettibile e l’obiettivo dev’essere quindi quello di mantenere standard qualitativi sempre più alti. Ovviamente l’errore umano o il disservizio possono verificarsi in qualsiasi momento tant’è che, alle volte, si subiscono ritardi nell’erogazione delle prestazioni, oppure terapie non conformi, diagnosi errate, maleducazione e mancanza di rispetto nei confronti del malato da parte dei medici o del personale sanitario. Di fronte a tali problematiche i cittadini possono rivolgersi a noi per conoscere i propri diritti – e doveri – ottenere chiarimenti, denunciare errori, scorrettezze o inadempienze e, in ultima istanza, ottenere le indicazioni necessarie per richiedere un risarcimento danni”.

La vostra sede è all’interno dell’ospedale questo non compromette la vostra indipendenza?

“Al contrario, il nostro – prosegue il presidente – è un organismo assolutamente libero e indipendente. La prossimità ai malati costituisce un punto di forza e il fatto di non dover sostenere delle spese legate a un affitto garantisce la gratuità delle nostre consulenze. Inoltre essere tra le mura del Ramazzini ci ha consentito, nel tempo, di costruire ottimi rapporti con la direzione sanitaria e distrettuale e coi vari primari: premessa basilare per poter mantenere un dialogo aperto e per presentare in modo fruttuoso le istanze dei cittadini”.

Quali sono i passi che deve compiere un cittadino che pensa d’essere stato vittima di un caso di malasanità?

“Basta bussare alla nostra porta. Noi siamo in ospedale tutti i giorni (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 11 e il sabato mattina su appuntamento) pronti ad ascoltare i bisogni di chiunque e a valutare insieme se, e come, procedere”.

Quali sono le segnalazioni più ricorrenti?

“Le più disparate: da liste d’attesa lunghissime e conseguenti prestazioni erogate in netto ritardo rispetto agli standard stabiliti dalla Regione a medici che trattano con arroganza e scarsa umanità i pazienti, a ticket o cartelle cliniche sbagliati. O, ancora, – proseguono Giullari e Spaggiari – fioccano segnalazioni relative ai medici di famiglia accusati di non recarsi al domicilio dei malati, di non prescrivere i farmaci necessari o le visite diagnostiche a cui i cittadini vorrebbero essere sottoposti. A ciò si aggiungono i cavilli di una burocrazia pesante…”. 

Ci sono reparti o specializzazioni mediche particolarmente sotto accusa?

“Non secondo il nostro osservatorio. La casistica che arriva nel nostro ufficio è variegata: succede davvero di tutto. Inoltre constatiamo anche che non tutti i malati lesi si rivolgono a noi, molti bypassano la nostra associazione e chiedono direttamente la consulenza di un legale”.

Come vi muovete davanti alle varie segnalazioni?

“La maggior parte delle persone che si rivolge a noi – sottolinea Spaggiari – necessita di sentirsi accolta, ascoltata. Il nostro compito è quindi innanzitutto quello di prestare attenzione e trovare la soluzione più consona alle necessità di chi abbiamo di fronte. Spesso, per accorciare i tempi, chiediamo, ad esempio, colloqui coi primari dei reparti affinché il malato, in nostra presenza, possa ottenere le risposte di cui ha bisogno e, solitamente, l’appuntamento si conclude positivamente con delle scuse o una stretta di mano”. “Altre volte – gli fa eco Giullari – di fronte a problematiche più complesse, o qualora non si raggiunga un’intesa tra le parti, ci facciamo portavoce delle istanze dei malati, scrivendo lettere alla direzione sanitaria (il nostro interlocutore privilegiato è l’Ufficio Relazioni Pubbliche) per ottenere delle risposte. Insomma il nostro obiettivo è quello di avvicinare le parti, facendo loro parlare una lingua comune. Purtroppo vi sono anche casi in cui i malati hanno riportato un danno quantificabile (dalla perdita di funzionalità sino alla morte): in quel caso i pazienti potranno avvalersi di un medico legale scelto eventualmente tra quelli che noi indichiamo, che procede con una perizia e, sulla base di quella, potranno poi rivolgersi a un legale, di cui possiamo fornire alcuni  nominativi,  per ottenere un risarcimento del danno subito”. 

“Vogliamo spezzare – commenta il vicepresidente – quei meccanismi di sudditanza che ancor oggi regolano i rapporti tra malati e camici bianchi. 

I pazienti non devono nutrire alcun timore nel chiedere che il diritto alla cura sia loro garantito al meglio ma, allo stesso tempo, facciamo di tutto affinché non si scivoli nella pericolosa trappola della medicina difensiva. Siamo liberi di ascoltare tutti e non abbiamo connivenze di nessuna sorta né con la struttura ospedaliera né con gli avvocati. Il nostro desiderio è quello di tutelare i malati e dare degli input positivi all’azienda”.

Ad esempio?

“Da tempo – spiega Giullari – abbiamo sollecitato la direzione a migliorare la segnaletica all’interno del nosocomio. E, ancora, per garantire il giusto comfort e la doverosa privacy abbiamo chiesto di spostare l’attuale sala d’attesa della Radiologia (che di fatto attualmente  è un corridoio) dove oggi sorge anche la Mammografia, uno spazio più riparato e certamente più consono. 

Essendo poi presenti all’interno del Comitato Consultivo Misto (che riunisce personale medico e amministrativo dell’Ausl e una componente della società civile) cerchiamo di far sentire la nostra voce affinché i progetti messi in campo abbiano una ricaduta socio-sanitaria rispondente ai bisogni reali della cittadinanza”.

Lo scorso anno quanti casi si sono tradotti in una richiesta di risarcimento?

“Nel corso del 2015 abbiamo ricevuto 3 segnalazioni di persone che hanno denunciato di essere state trattate in modo non rispettoso, 13 che hanno avuto problemi legati a ticket sbagliati, cartelle cliniche non ben compilate, certificati medici illeggibili e problemi nel rinnovo del contrassegno per i disabili. 18 sono stati invece i casi più gravi che hanno implicato la nostra mediazione ma che si sono risolti perlopiù grazie a colloqui coi medici mentre 15 sono quelli che hanno richiesto l’intervento del medico legale e probabilmente otterranno un risarcimento danni. Diciamo che nel 2015, circa il 30% dei casi che abbiamo seguito, ha avviato le procedure per la richiesta di un risarcimento”.

Jessica Bianchi