Al di là del Muro non ci sta

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Non l’ha presa affatto bene l’Associazione dei famigliari di pazienti affetti da disturbi psichiatrici Al di là del Muro. Dopo anni di discussione, fumate nere e una lunga serie di incontri, ora l’Azienda sanitaria di Modena disattende improvvisamente il protocollo sottoscritto insieme a Comune e associazione relativo alla realizzazione in città di una Residenza psichiatrica a trattamento intensivo (Rti) e del Servizio di Diagnosi e Cura (Spdc). L’accordo siglato e firmato dalle parti prevedeva, a fronte di una spesa pari a 1 milione di euro, a carico dell’Ausl, l’allargamento del piano terra della Palazzina attualmente sede del Centro di Salute Mentale al fine di accogliere entrambi i servizi: l’azienda aveva promesso che, “al termine dei lavori, previsti entro 2 anni, la struttura sarebbe stata in grado di ospitare 8-10 posti letto di Rti e 4-5 di Diagnosi e Cura”.  L’Ausl ora ritratta e nel piatto rilancia con una controfferta di soli 10 posti complessivi (3 di Spdc e 7 Rti): un repentino dietrofront che proprio non va giù ad Al di là del Muro. L’associazione però non ci sta e alza la voce inviando una lettera al direttore generale dell’azienda Massimo Annichiarico e al sindaco di Carpi, Alberto Bellelli. “Il progetto di avere due strutture separate con 3 posti letto di SPDC e 7 posti per la Residenza – si legge nella lettera firmata dal presidente dell’associazione dei famigliari Giorgio Cova – non è assolutamente in linea con gli accordi sottoscritti. A cosa è imputabile tale riduzione?  Sappiamo che prima di sottoscrivere l’accordo erano stati presi i dovuti contatti con la Regione per valutare la fattibilità delle due strutture negli stessi locali. Come mai ora vengono posti nuovi vincoli che non permettono di  avere i 12-15 posti promessi? In Regione esistono già esperienze simili alla nostra (vedi Imola) dove convivono le due strutture”. Il sospetto avanzato da Cova e peraltro assolutamente condivisibile “è che dopo la sperimentazione si punti a chiudere il Diagnosi e Cura (tanto 3 posti letto sono pochi) per accentrare il tutto in un’unica struttura a Modena”. Per l’associazione dei famigliari “il mantenimento del Diagnosi e Cura è un obiettivo irrinunciabile, perché dà risposte efficaci alle urgenze e alle crisi. Lo dimostrano i dati: ad esempio nella terza settimana di luglio 5 posti letto sono occupati da TSO e gli altri 4 da ricoveri volontari urgenti. Questa è la media. Nel 2015 i TSO sono stati 82 e gli stessi numeri vengono confermati anche per il 2016. Un Diagnosi e Cura con solo 3 posti letto sarebbe riduttivo e problematico da gestire sia per i costi che per il personale”. Un doppione che suona davvero poco credibile: “se le due strutture saranno separate in tutto, anche per il personale ci sarà lo stesso vincolo, con notevoli problemi per i turni e per la garanzia del servizio e dell’assistenza in tutte le ore della giornata. Ma soprattutto 3 posti letto non rispondono in modo adeguato alle esigenze del territorio. La sperimentazione dell’integrazione tra i due servizi, inizierà nei primi mesi del 2017 con 4 posti di SPDC e 4 di RTI in locali (ex Avis) e spazi complementari e integrati tra loro e così sarà anche per il personale. Perché con il trasferimento definitivo tale esperienza dovrebbe cambiare?”, domanda provocatoriamente Cova. L’associazione pertanto chiede alle istituzioni e all’Ausl di rivedere il progetto e rispettare quanto sottoscritto: “crediamo che con la volontà di tutti, si possano superare i vincoli per arrivare a una soluzione condivisa su una Residenza e un Diagnosi e Cura complementari, in grado di rispondere ai bisogni della nostra comunità”.

Jessica Bianchi