Con gli occhi dei maestri

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Flavio Caroli, critico e storico dell’arte, nonché docente di Storia dell’arte moderna al Politecnico di Milano, sarà tra i prestigiosi ospiti della Festa del Racconto.
Nel suo ultimo libro, Con gli occhi dei maestri, ai ricordi personali il professore affianca le fondamentali esplorazioni del “pensiero in figura”: carrellate di opere che mostrano le diverse storie dell’arte direttamente dalla penna di Longhi, Graziani, Arcangeli, Briganti, Gombrich e Ragghianti. Sfogliando il libro ci si immerge in un ricco e prezioso apparato iconografico con le interpretazioni e i commenti dei grandi maestri che si sono susseguiti nel corso del tempo.
Professor Caroli, cos’è per lei la bellezza?
“L’uomo occidentale si è lungamente dedicato a questo tema: difficile per me dare una risposta univoca. In linea di massima possiamo dire che la bellezza occidentale si divide in classica, ovvero quella che rispondeva al canone nato nel IV e V secolo ad Atene, ed espressionistica, ovvero tutto ciò che viola quel canone. Per quanto mi riguarda, invece, la bellezza è sempre qualcosa che ha a che fare con la verità delle cose”.
In un periodo storico complesso come quello attuale, c’è ancora posto per l’arte?

“Dostoyevski diceva: l’arte salverà il mondo. In quanto espressione primaria dell’anima dell’uomo, sino a quando esisterà l’uomo, fatalmente, esisterà l’arte”.
Riprendendo il titolo del suo ultimo libro, quanto oggi abbiamo bisogno di maestri?
“Da tempo riflettevo su quanto oggi vi sia un gran bisogno di maestri, troppo spesso tenuti nascosti. Celati. Come se esistesse una sorta di congiura nel non volerli rendere pubblici. Il mio libro è nato proprio per questo: per dare loro visibilità e credibilità”.
Qual è stato a suo parere il maestro dei maestri?
“Diciamo che Longhi è mio nonno, Arcangeli mio padre e Gombrich mio zio”.
Nella sua ultima opera parla di “diverse storie dell’Arte”. Cosa intende?
“La storia non è un corteo che si osserva dall’alto, diceva Marc Bloch. E lo storico non è un signore che guarda il corteo dal suo balcone, al fine di descriverlo con esattezza e oggettività. Lo storico è un uomo come gli altri che cammina dentro al corteo, che si chiede che cosa sia accaduto nel corso di un viaggio lungo e accidentato. Un uomo che, per avere risposte, domanda ai propri vicini, i quali interrogheranno a loro volta altre persone… Solo il 15 percento delle risposte ottenute conterranno un principio di verità. Ecco perché parlo di diverse storie dell’arte: le più credibili sono quelle scritte dai maestri, persone capaci di discernere la veridicità delle fonti e dotati dell’intelligenza necessaria per comprendere il senso delle cose”.
In questo libro ci accompagna in un viaggio straordinario disseminato di incontri con alcuni tra i critici più importanti: vi è un aneddoto che l’ha segnata in modo particolare che vuole condividere con noi?
“Ricordo che fu Giuliano Briganti, nel 1970, a portarmi alla cerimonia in cui si celebravano i vent’anni di Paragone, nella sede romana dell’editore Sansoni… Lì, il maestro Longhi sedeva su una poltrona, pareva su un trono. Attorno a lui si accalcavano gli allievi per rendergli omaggio… un’immagine che non dimenticherò mai”.
Sarà ospite della Festa del Racconto. Ha uno scrittore o un libro del cuore?
“Assolutamente sì. Il maestro del mio cuore è Joseph Conrad”.
Jessica Bianchi