Drogati di Internet

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L’Unione Europea si allinea ai diktat dello Zio Sam sull’età del consenso informatico.  I governi dell’Unione, insieme con l’Europarlamento, hanno infatti stabilito di innalzare da 13 a 16 anni il limite per il libero accesso al mondo dei social network, da Facebook a Snapchat, a Instagram e persino a Gmail. Una notizia che ha provocato qualche mal di pancia tra i giovanissimi ma, come al solito, fatta la legge, trovato il raggiro. Non è infatti ancora chiaro a chi spetti il meccanismo di controllo e verifica dell’età dei neo iscritti. Quisquilie. Il compromesso politico verrà pubblicato entro la fine di gennaio nella Gazzetta Ufficiale e gli Stati avranno due anni per recepirlo. Se ne riparla quindi nel 2018. Numeri a parte resta un fatto, adolescenti e pre adolescenti sono sempre più “drogati” di Internet. Ma quali rischi si annidano in queste piazze digitali? Lo abbiamo chiesto alla psicologa carpigiana Sandra Frigerio.
L’Unione europea vieta Facebook ai minori di 16 anni. Considera positivo l’innalzamento dell’età di accesso ai social network?
“Sicuramente a 13 anni si hanno meno strumenti conoscitivi e razionali per adoperare in maniera ponderata e corretta questo social, non tanto dal punto di vista tecnico (dato che i nativi digitali hanno ottime abilità in questo senso), quanto dal punto di vista dei rischi che vi risiedono. Le condizioni per utilizzare Facebook, ad esempio, si trovano in fondo alla pagina iniziale del social dove vengono esplicitate le dichiarazioni dei diritti e delle responsabilità dell’utilizzatore. Credo che buona parte degli adulti fruitori del social non abbia mai letto questa parte. E’ prassi accedere ai social senza pensare alle conseguenze che possono derivare dal pubblicare foto senza consenso, commentare senza filtri, attaccare, offendere…  Lo fanno gli adulti, figuriamoci i giovanissimi. Non credo, però, che irrigidire le regole costituisca la modalità giusta: molti bambini e ragazzi trovano il modo per mentire sulla loro età e poter usufruire dei social già dalla scuola elementare. Per questi giovani, in realtà, è più importante usare Whatsapp, anziché Facebook (considerato superato e usato dai più grandi) perché permette loro di trasmettere informazioni velocemente, ma anche perchè è uno strumento utile per creare chat coi compagni di classe e, quindi, un’opportunità per escluderne alcuni. Penso sia più utile che i ragazzi siano istruiti e accompagnati così come dovrebbe essere nella vita del mondo reale, aiutati a ricercare l’autonomia ma avvertiti sui pericoli della vita”.
Quali rischi si annidano su queste piattaforme virtuali per i più giovani?
“I rischi sono legati alla dipendenza psicologica da internet (con sintomi di astinenza dalla rete), l’uso improprio dei dati (privacy nel pubblicare fotografie), aggressioni sessuali, sexting (invio di propri video o foto a carattere sessuale), immagini violente o pornografiche, comportamenti incitanti l’odio. I giovani possono essere adescati da sconosciuti o pedofili o, in altri casi, ritrovarsi vittime di cyberbullismo (messaggi molesti, volgari, minacciosi o offensivi ripetuti sul cellulare o sul blog). Si sottovaluta moltissimo il danno che può comportare l’uso non controllato delle nuove tecnologie. A questo si aggiungono conseguenze legali: dai 14 anni possono essere denunciati e subire un processo; se scambiano immagini sessuali sono punibili per pornografia minorile. Di contro le nuove tecnologie, se usate correttamente, possono offrire opportunità positive come risorse educative, scambi di opinioni e nuove conoscenze”.
I genitori possono fare le veci del figlio e bypassare il divieto. Ma cosa comporta l’uso smodato di questi strumenti?
“La tecnologia e internet appartengono al nostro quotidiano e, spesso, si configurano come occasione nuova per comunicare e conoscere. Per i genitori, emigranti digitali, l’approccio è diverso: da un lato vedono la tecnologia e la rete con diffidenza, dall’altro lasciano utilizzare liberamente i social ai figli senza porsi il problema della pericolosità che vi si nasconde. Vietare l’uso del cellulare o della rete non è plausibile e risolutivo: mantenere una relazione di confidenza e ascolto, stabilire regole chiare nell’utilizzo, incoraggiare all’uso costruttivo e creativo possono essere strumenti utili per ridurre i rischi emergenti. E’ essenziale agevolare i più giovani ad avvicinarsi in modo consapevole, a prendere coscienza dei vantaggi e dei rischi che il mondo virtuale comporta. Parallelamente, dedicare più tempo per parlare, ascoltare e prestare attenzione ai propri figli sarebbe un ottimo modo per evitare il solo uso delle tecnologie.  
Mi viene in mente la tipica scena di una famiglia. Una volta era abitudine riunirsi a tavola a chiacchierare (e in molti casi lo è ancora); oggi, invece, è frequente estraniarsi dallo stare insieme per dedicarsi al proprio smarthphone. Ci si dimentica dell’importanza del relazionarsi e condividere. Il genitore dovrebbe dare il buon esempio e non usare sempre il cellulare mentre si relaziona col figlio”.
Le emozioni e i social Network: è tutto come nella realtà o si va incontro a un nuovo modello di relazione?
“Credo che le emozioni che provano i ragazzi nel momento in cui utilizzano i social siano le stesse provate nella realtà: raccontano felicità, tristezza, rabbia, paure… La differenza è che con questa scelta comunicativa le rendono meno intime. Se non hai un profilo Facebook sei giudicato un diverso e se non rendi pubblico il tuo stato d’animo ti senti dimenticato dagli altri. Un giorno ti senti protagonista perché tutti ti cliccano, due secondi dopo non sei più nessuno”.
Dalla compagnia del muretto a quella della piazza virtuale: come cambia il valore dell’amicizia e dello stare insieme al tempo di Internet per i nativi digitali?
“La maggior parte dei ragazzi usa le tecnologie e il web come opportunità di socializzazione, per condividere, partecipare e costruire relazioni. Per loro è il luogo di aggregazione e questo li attira all’utilizzo così frequente.  I nativi digitali hanno diverse capacità multitasking per compiere più operazioni contemporaneamente così come prevede il web, dove dimostrano abilità più agili rispetto agli adulti. Credo che il valore dell’amicizia virtuale sia più fragile e spesso fatto di maschere. Facebook, ad esempio, non crea amicizie ma facilita la conoscenza rapida di persone. Molti adolescenti trovano amici sulla rete, perché cercano di condividere con loro interessi. La compagnia del muretto è un gruppo costituito da membri con personalità diverse che condivide uno spazio fisico e scambia emozioni ed esperienze tramite non solo la parola, ma anche con la comunicazione non verbale (come i gesti, espressioni, sguardi, postura) e paraverbale (come il tono e il ritmo della voce). La piazza virtuale, invece, è un aggregato di persone, dove non tutti si conoscono realmente e si possono condividere momenti raccontati tramite la scrittura o le immagini, ma dove i legami risultano più fragili”.
Jessica Bianchi