In Australia per insegnare l’italiano

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Francesco Bignardi Baracchi, carpigiano classe ‘88 laureato in Filosofia, a luglio è volato a Melbourne per svolgere un tirocinio come assistente di lingua italiana presso il Penola Catholic College, “una scuola con certi tratti all’inglese”, come la definisce lui, dove si insegnano anche giapponese e francese. Ecco cosa ci ha raccontato.
Di cosa ti occupi esattamente al college?
“Il mio lavoro consiste nella preparazione dei materiali didattici e nell’insegnamento alle classi, dove mi occupo di tutto: aiuto gli insegnanti nelle lezioni di italiano, faccio conversazione con i ragazzi per la pratica della lingua e, a volte, dirigo autonomamente delle lezioni frontali per la classe di grammatica e cultura italiana.
In questo college la parola chiave per lo studio di una lingua straniera è “attività”. La cultura italiana viene infatti esplorata ed esercitata attraverso le sue diverse espressioni: film, libri, articoli di giornale, ma anche giochi, sport e cucina.  Non è inusuale che alcuni studenti si radunino in una delle due cucine del campus per preparare prelibatezze tipicamente italiane”.
Cosa ti piace della tua vita a Melbourne?
“Ciò che mi piace maggiormente è la ricchezza di stimoli che la metropoli offre.  La vita qui è labirintica: si possono vivere esperienze di ogni genere, culinarie, artistiche e sportive.  Nonostante il contesto ricco e variegato, il centro della città è a misura d’uomo e sono riuscito a conquistare una routine tranquilla e ordinata: il lavoro durante la settimana e le escursioni nel weekend.  E poi ovviamente la natura.
L’Australia urbana è stata costruita facendosi strada tra spazi “selvaggi” lentamente riadattati, i quali tuttavia saltano ancora fuori inaspettatamente.
Capita di svegliarsi sotto l’inusuale canto dei molteplici volatili dall’aspetto esotico, oppure di vedere uno stormo di bianchissimi cacatua appollaiati sulla recinzione di un’abitazione o, ancora, opossum in precario equilibrio sui cavi del telefono, per non parlare dei canguri ovviamente”.
Cosa rappresenta l’Australia per un giovane?
“I giovani vivono l’Australia come una casa ancora in fase di costruzione. Per me l’Australia è una miscela di promesse, un punto di partenza. Chi però parte dall’immagine tradizionale del Paese dove ci si trasferisce per iniziare una nuova vita, certamente troverà che questo ritratto non è semplice come potrebbe apparire. Infatti, il Governo in conseguenza dell’enorme afflusso di lavoratori dall’estero ha posto dei paletti rigidi: per lavorare da “cittadino” con tutti i diritti, occorre essere sponsorizzato da un datore, il quale ottiene il via libera a procedere solo dopo che il candidato ha raggiunto determinate qualifiche economiche e sociali.  Tuttavia, superati questi ostacoli, i numeri lasciano ben sperare: basta andare su Internet per leggere le storie di molti giovani che hanno fatto fortuna in questa terra”.
Lavorare in Italia e in Australia. Quali differenze hai riscontrato?
“L’Australia è una “terra giovane”, come si suole dire: ospita l’equivalente di quasi un terzo della popolazione italiana, quindi c’è più movimento interno, più “spazio” per creare lavoro. Qui è facile trovare nuove opportunità e la cessazione di un contratto non è necessariamente vista come una incrinatura personale”.
Il tuo futuro lo vedi in Italia o all’estero?
“Potrebbe andare in una direzione o nell’altra. Non posso dire altrimenti considerata la situazione italiana.
Sicuramente cercherò di impegnarmi al massimo per riuscire a costruirmi un futuro nel nostro Paese, ma se non mi dovesse andare bene potrò sfruttare le esperienze maturate all’estero: oltre a questa in Australia, anche i tre mesi che ho trascorso in Portogallo per un altro tirocinio”.  
Che lavoro sogni?
“L’ambiente della ricerca è senza dubbio al primo posto, poi ovviamente il mondo dell’insegnamento, nel quale ho già iniziato a muovere i primi passi”.
Chiara Sorrentino