Sì alla residenza psichiatrica ma salviamo il Diagnosi e Cura

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Il Servizio di Diagnosi e Cura dell’ospedale di Carpi rischia di saltare. Come già scritto la scorsa settimana, per ovvie ragioni di carattere economico, l’Azienda sanitaria, dopo aver bocciato la Polisportiva Dorando Pietri, avrebbe deciso di erigere ex novo la Casa della Salute laddove sarebbe dovuta sorgere la residenza psichiatrica in via Nuova Ponente, su un’area di proprietà comunale. La residenza, a sua volta, dovrebbe andare a occupare gli spazi (riqualificati) oggi utilizzati dal reparto del Dipartimento Salute Mentale, impegnato quotidianamente nella cura e nell’assistenza di persone con disagio psichico grave, il quale verrebbe dirottato a Modena. L’operazione consentirebbe all’Ausl di recuperare denari: per la Casa della Salute le risorse sono scese da 5 a 3 milioni ma, grazie al risparmio legato al trasferimento della Residenza psichiatrica, per la quale erano stati stanziati 2 milioni di euro, all’azienda tornerebbero i conti. Il Diagnosi e Cura cittadino, coi suoi 9 posti letto, è un presidio prezioso per i più fragili e le loro famiglie. Un luogo che, spesso, ospita anche pazienti provenienti da fuori provincia, poiché, gli spazi dedicati ai malati psichiatrici in fase acuta latitano e sono cronicamente insufficienti (destino condiviso anche dal Diagnosi e Cura di Baggiovara coi suoi 20 posti). L’efficacia del Diagnosi e Cura di Carpi (tessera fondamentale di un puzzle estremamente complesso che vede nell’integrazione tra istituzioni sanitarie e territorio il punto di forza nella presa in carico di questi nostri concittadini) è evidente: la nostra città può infatti vantare il più basso tasso di Trattamenti Sanitari Obbligatori della Regione e un calo importante nel numero dei suicidi. Risultati che sono il frutto di un duro lavoro condiviso da medici, operatori, volontari e famiglie. Persone che dal 2007, quando l’Ausl ha trasferito i dieci posti letto nella casa di cura privata e convenzionata Villa Rosa di Modena, rivendicano la necessità di avere una residenza psichiatrica in città. Il vuoto esistente tra l’ospedalizzazione in fase acuta e l’assistenza domiciliare oggi può finalmente trovare una risposta. Ma come si può smantellare e sacrificare il Diagnosi e Cura per dare spazio alla Residenza? La presa in carico del paziente dev’essere totale per potersi definire efficace ed efficiente. E allora noi proviamo a lanciare il nostro messaggio nella bottiglia. Caro sindaco, incontrando i vertici dell’azienda sanitaria, potrebbe farsi portavoce di un onorevolissimo compromesso? Quando le offriranno 15 posti letto di residenza, dopo aver prontamente accettato, potrebbe rilanciare con dieci di residenza e cinque di Diagnosi e cura? Lo sappiamo, stiamo chiedendo capre e cavoli ma per puntare al ribasso c’è sempre tempo…
Jessica Bianchi
 

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