Dal Bar Roma alla Grande Mela

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Dal 2013, Fracesco Nuccitelli, ex titolare del Bar Roma di Novellara, gestisce il Ristorante Sociale a Brooklyn.
Dopo un’esperienza da bancario e un’altra come titolare di un bar hai deciso di partire alla volta di New York dove adesso gestisci il ristorante Sociale nel quartiere più elegante, Brooklyn. Cosa ti ha spinto a decidere di dare una svolta così radicale alla tua vita?
“Il lavoro in banca dopo la laurea e gli sforzi profusi per far diventare il Bar Roma il più grande punto di ritrovo della zona, sono esperienze che porterò con me per tutta la vita. La molla che mi ha spinto a partire è stata la mancanza di alternative. Una volta venduta l’attività, le mie opzioni nel settore si riducevano esclusivamente al lavoro dipendente in qualche bar di paese o,  forse, a Bologna o Milano. Dopo tanti anni passati a imparare come gestire un business ho creduto fosse giusto cercare di migliorare ancora, e non semplicemente scegliere la strada più comoda e sicura, e così ho optato per il salto nel vuoto. Confesso che ho iniziato a dire “lo rifarei” solo da un paio d’anni”.
E’ stato difficile ambientarsi nella più grande metropoli degli Stati Uniti?
“E’ stato tremendamente duro arrivare a New York con pochi spiccioli in tasca e nessuna idea rispetto a cosa aspettarsi. Inizialmente vivevo in un quartiere in North Harlem non esattamente raccomandato nelle guide e lontano dal lavoro. La metropolitana dei primi anni è uno dei ricordi più duri che ho, a cui si aggiungono il bullismo nel quartiere, l’umiliazione e il mobbing selvaggio all’americana a cui spesso venivo sottoposto al lavoro, per non parlare delle difficoltà con la lingua in una città che ti esclude col sorriso sulle labbra, ma tutto ciò mi ha reso più forte”.
Come sei riuscito a coronare il tuo sogno di aprire Sociale?
“Tutto è stato possibile grazie a Michel Keefe, la persona più integra e onesta in cui abbia mai avuto la fortuna di imbattermi. Ci siamo conosciuti nell’East Village dove facevo il manager di un ristorante e avendo apprezzato la dedizione e l’impegno con cui  curavo il locale, mi promise che avrebbe costruito per me un ristorante in cui potermi esprimere appieno, e dopo quattro anni abbiamo inaugurato il Sociale. Ho impiegato molto tempo per elaborare un concept vincente, trovare la location giusta e dei validi business partners ma alla fine ce l’ho fatta”.
Che tipo di locale è Sociale? Che cucina fate?
“Sociale è il classico ristorante italiano, molto pulito e ben gestito da un gruppo straordinario, e questo basta per attrarre clienti. 
E’ un ristorante estremamente flessibile, adatto a un appuntamento elegante o al lunch after work-out, un punto di ritrovo molto accomodante per tantissimi regulars che vivono nel quartiere.  Il menù è tipicamente italiano, perchè è ciò che vogliono gli americani, specialmente a Brooklyn: spaghetti al pomodoro, carbonara, cacio e pepe, cotolette, pappardelle al coniglio e olive di Gaeta, polpette al sugo, e tanti altri piatti succulenti e freschissimi,  merito di una brigata di cucina davvero impareggiabile”.
Il tuo ristorante è raccomandato dalla guida Michelin. Cosa serve per raggiungere un traguardo così prestigioso?
“C’è una parola di cui ho compreso e assimilato l’importanza qui in America ed è “consistency” che significa qualità ripetuta con costanza nel tempo: non si può raggiungere nessun successo duraturo se non con regole e procedure estremamente chiare”.
Quali progetti hai per l’avvenire? Vorresti aprire altri ristoranti?
“E’ una domanda che i clienti mi fanno molto spesso, ma Sociale è aperto da poco più di 20 mesi, ed è ancora troppo giovane per essere trascurato per un altro progetto.  Fra qualche anno, invece non lo escluderei: magari un concetto di take-away o un messicano. Vedremo, ed eventualmente solo se Mike ne farà parte. Nel frattempo, dopo quattro anni estenuanti a livello professionale, vorrei dedicarmi anche alla mia vita privata e magari metter su famiglia”. 
Pensi di tornare in Italia un giorno?
“Forse fra tanti anni sì, anche se l’Italia non è stata molto tenera con me, come non lo è con tanti ragazzi seri e onesti. Mi mancano terribilmente tante cose, in primis mia madre e mia sorella Cristina, oltre agli amici”.
Hai dei consigli per chi volesse seguire la tua strada?
“Di prepararsi a un lavoro molto duro. Alcuni ragazzi italiani che sono passati da me hanno gettato la spugna dopo poche settimane, perchè il mondo della ristorazione qui a New York è molto più impegnativo che in Italia.   Capisco che i nostri standard possano sembrare esagerati a qualche turista o giovane diplomato che spera di mantenersi il corso vacanza lavorando da noi, ma non posso né voglio farci nulla.  Il nostro mestiere se fatto in modo professionale non si sposa con attività alternative. Quando non si lavora si dorme”.
Chiara Sorrentino
 

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