E se i soldi non bastassero?

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Una storia di numeri. Tre anni di numeri. Partendo dal miliardo e 770mila euro di contributi concessi per la ricostruzione di abitazioni e imprese, di cui 800 milioni già liquidati; passando dalle 9.439 pratiche attive lavorate tra Comuni e Regione; e arrivando alle 15.800 abitazioni ripristinate, dove sono tornati a vivere oltre 25mila cittadini. E’ questo il bilancio della ricostruzione dell’Emilia colpita dal sisma, che due anni fa portò il dramma in uno dei cuori produttivi d’Italia, colpendo la Bassa a cavallo tra le province di Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ferrara.
Un bilancio, quello presentato dal presidente della Regione e commissario alla ricostruzione, Stefano Bonaccini, che guarda a quello che è stato fatto – rendendo merito a “chi mi ha e ci ha preceduto” – e a quello che si deve ancora fare. Perché se le ultime novità sono state positive (prima fra tutte la proroga di un anno per la parte di intervento sulle imprese agricole arrivata dall’Ue) ancora c’è da fare dal punto di vista normativo (“stiamo attendendo – ha detto Bonaccini – che il Governo decida su una serie di richieste di emendamenti che possano diventare norme nazionali, a partire da alcune proroghe fiscali e sull’istituzione, e credo sarebbe la prima volta in Italia, delle cosiddette zone franche urbane che riguarderebbero gran parte dei comuni colpiti”) e da quello finanziario: mancano infatti tra gli 800 milioni e il miliardo per completare il capitolo della ricostruzione per opere pubbliche e beni culturali (per le quali al momento sono 536 i milioni messi a disposizione dalla struttura commissariale).
Sì, perché, come ha rendicontato l’assessore alla ricostruzione, Palma Costi, per imprese, abitazioni e locali commerciali le risorse ci sono tutte.
Ad oggi sono 1 miliardo e 89mila gli euro di contributi per la ricostruzione delle abitazioni, di cui oltre il 50% liquidati: contributi approvati per il 70% dei progetti presentati. Per le imprese sono 682 i milioni, un terzo dei quali liquidato. Uno sforzo, quello per la parte produttiva del territorio, che ha portato a un importante risultato: nessuna multinazionale presente soprattutto nel distretto del biomedicale di Mirandola se ne è andata. E anzi, le unità produttive delle multinazionali presenti nel cratere sono aumentate: erano 38 nel 2008, oggi sono 42.  Infine, per il capitolo Map (Modulo abitativo prefabbricato): sono 410 quelli rimasti sui 757 iniziali e ospitano in totale 1.288 persone, settecento in meno rispetto allo scorso anno.  Tanti numeri. Numeri che crescono e scendono. Numeri trasparenti, ha rivendicato il presidente della Regione: “la trasparenza è il tratto distintivo e la precondizione con cui
vogliamo lavorare. Massima trasparenza, chiunque può andare a verificare quello che si sta facendo, quanto è stato fatto e quanto resta da fare, come sono impiegati fino all’ultimo euro i fondi per la ricostruzione”.
Trasparenza come richiamo anche alla legalità. Trasparenza per dimostrare che la tanta burocrazia (uno dei punti più spesso criticati del sistema della ricostruzione) non è fine a se stessa perché ora la sfida è questa: “serve il massimo di controllo possibile. Che non sempre si accompagna a una richiesta giusta peraltro di massima sburocratizzazione.
Cerchiamo di tenere insieme le due cose. Però dobbiamo sapere che se vogliamo il massimo della legalità serve che i controlli non solo non abbassino l’asticella di un centimetro ma perfino la possano alzare”. 
 

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